Il Tar non salva il punto nascita di Atri

La sentenza respinge il ricorso del Comune e conferma la chiusura. Paolucci: provata la correttezza degli atti della Regione
ATRI. Una vittoria su tutta la linea, quella della Regione e della Asl. Il Tar ha pubblicato ieri la sentenza sul ricorso contro la soppressione del punto nascita di Atri. I giudici del tribunale amministrativo l’hanno respinto, accogliendo sostanzialmente le tesi di Regione e Asl, rappresentate da Sandro Pelillo.
La sentenza è molto articolata ed entra nel dettaglio delle varie doglianze del Comune di Atri, sostenuto “ad adiuvandum” da quelli di Silvi e di Pineto e da Abruzzo civico di Atri, rappresentati dagli avvocati Carlo e Luca Scarpantoni. Intanto la questione dei 500 parti, superati nel 2014 di 9 unità ma non presi in considerazione perchè il Comitato percorso nascita regionale (Cpnr) ha considerato il triennio 2010-2013. «Resta irrilevante», scrivono i giudici, «il dato relativo al 2014, in quanto il decreto commissariale, essendo il frutto di un’attività di studio, esame e monitoraggio svolto dal Cpnr, ha preso in considerazione un lasso temporale sufficientemente lungo e aggiornato per valutare il superamento della soglia numerica indicata dall’accordo Stato-Regioni del 2010». E comunque anche considerando un triennio con i 509 parti del 2014, la media sarebbe sempre inferiore, si fa notare nella sentenza.
Sulla lamentata assenza della terapia intensiva neonatale nella Asl di Teramo e di un adeguato sistema di trasporto Sten e Stam, cioè per neomamme e partorienti, i giudici ritengono i rilievi privi di fondamento. Sono «profili non direttamente collegati alla soppressione del punto nascita di Atri, perché entrambi connessi alla classificazione cosidetta di secondo livello dell’ospedale di appartenenza; classificazione che manca sia all’ospedale di Teramo che a quello di Atri. Pertanto, il trasporto del neonato in emergenza, indipendentemente dai punti nascita attivi, è in carico alla responsabilità delle terapie intensive neonatali con personale e mezzi dedicati, ove del caso mediante apposite convenzioni fra le Asl interessate per i casi a rischio». Discorso a parte sulla lettera che il governatore D’Alfonso ha indirizzato al ministro Lorenzin il giorno prima dell’udienza conclusiva, chiedendole di rivedere la chiusura del punto nascita, anche alla luce del decreto che non ritiene più indispensabili i 500 parti. «L’odierna sentenza resta neutra ed estranea rispetto al nuovo e recente scenario procedimentale», puntualizzano i giudici al di là delle decisioni che saranno adottate.
Più che soddisfatto l’assessore regionale alla sanità Silvio Paolucci: «La sentenza, ultima di una lunga serie, a mio avviso ha dimostrato la correttezza degli atti di programmazione della Regione Abruzzo. Torno a dire – e anche le informazioni ultime lo dimostrano – che noi abbiamo investito sui punti nascita (il riferimento è alla mole di lavori per potenziare le ostetricie destinate ad accogliere l’utenza di quelle chiuse, ndr) e che sono in atto ulteriori investimenti sulla sicurezza, come sulla rete Sten e Stam. E non è vero che con una riorganizzazione le strutture ospedaliere non avranno una loro destinazione e finalità». Sulla possibile impugnazione della sentenza al Consiglio di Stato Paolucci osserva che «è un loro diritto, ma con una sentenza che entra così nel merito sarà difficile che ci sia un orientamento diverso».
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