L'economia è ferma, troppe imprese piegate dai debiti

Di Paolo: "Nel Teramano si salva soltanto chi ha investito in innovazione"
TERAMO. Un sistema produttivo che non vuol saperne di ripartire. Il rapporto di Bankitalia conferma che il Teramano, a parte qualche sparuto segnale confortante, è ancora in sofferenza.
L'analisi tracciata dal presidente e dal direttore di Confindustria, Salvatore Di Paolo e Nicola Di Giovannantonio, parte dalla cassa integrazione. A fine 2010 c'è una diminuzione considerevole dell'ordinaria (-61,27%), ma un incremento della straordinaria (+224%) che spesso prelude alla chiusura dell'azienda. "A dire il vero", spiega Di Paolo, "qualche settore sta ripartendo, come la meccanica, ma rimangono al palo il legno e i manufatti in cemento armato. Il tessile non esiste quasi più. Dall'analisi dei dati di Bankitalia penso sia indicativa la quota dei crediti in temporanea difficoltà, i cosiddetti "incagli", passati dal 5,8% del 2009 al 6,7% del 2010". Aumentano cioè le aziende che non riescono a "rientrare" quando chiesto dalle banche.
Bankitalia sottolinea che in Abruzzo solo il 40% delle aziende ha dichiarato di aver chiuso il bilancio in utile, rispetto al 45% del 2009. Il 36% ha dichiarato di aver subito una perdita. "D'altronde", aggiunge Di Giovannantonio, "le imprese hanno avuto una drastica riduzione del fatturato, con cali dal 30 al 50%, ma la struttura dei costi è rimasta tale. Fino a quando hanno potuto, si sono impegnate con risorse proprie, poi si è passati all'indebitamento con le banche. E ora il peso dell'indebitamento nelle piccole e medie imprese rappresenta oltre il 46% del fatturato. Seguiamo industrie in cui è oltre il 100% del fatturato, ed è l'anticamera del fallimento".
Non a caso i prestiti in provincia sono passati da 5.396 milioni nel 2009 a 5.943 milioni del 2010. In percentuale i prestiti per le famiglie sono passati da un aumento del 3,9 nel 2009 (rispetto al 2008) a un +6,9 appena 6 mesi dopo, in coincidenza con l'exploit della cassa integrazione, per poi far segnare una flessione a dicembre 2010. Diversa la dinamica delle imprese: -3,7% del 2009, -2,6% a giugno 2010 e +3,1 a fine 2010. I segni negativi si spiegano col fatto che le imprese non chiedevano prestiti perchè in sostanza non producevano. Preoccupante il rapporto fra sofferenze e impieghi: aumenta (+2,4% nel 2010), segno che i debitori riescono sempre meno a restituire il denaro.
In definitiva "in provincia le imprese che hanno investito in innovazione di prodotto e tecnologica stanno lentamente riprendendo l'attività", osserva Di Paolo, "chi non l'ha fatto rischia di chiudere. A rischio anche le aziende che hanno un eccessivo indebitamento, con peso notevole degli interessi passivi sui costi di gestione". "Altro dato negativo››, aggiunge il direttore, ‹‹è che non si notano investimenti nuovi, non arrivano nuove aziende. D'altronde gli incentivi sono quasi inesistenti e le imprese si dirigono altrove. In più Teramo sconta ritardi conclamati, basta vedere quanto sta accadendo con i danni dell'alluvione: i soldi non ci sono e le decisioni ritardano".
L'analisi tracciata dal presidente e dal direttore di Confindustria, Salvatore Di Paolo e Nicola Di Giovannantonio, parte dalla cassa integrazione. A fine 2010 c'è una diminuzione considerevole dell'ordinaria (-61,27%), ma un incremento della straordinaria (+224%) che spesso prelude alla chiusura dell'azienda. "A dire il vero", spiega Di Paolo, "qualche settore sta ripartendo, come la meccanica, ma rimangono al palo il legno e i manufatti in cemento armato. Il tessile non esiste quasi più. Dall'analisi dei dati di Bankitalia penso sia indicativa la quota dei crediti in temporanea difficoltà, i cosiddetti "incagli", passati dal 5,8% del 2009 al 6,7% del 2010". Aumentano cioè le aziende che non riescono a "rientrare" quando chiesto dalle banche.
Bankitalia sottolinea che in Abruzzo solo il 40% delle aziende ha dichiarato di aver chiuso il bilancio in utile, rispetto al 45% del 2009. Il 36% ha dichiarato di aver subito una perdita. "D'altronde", aggiunge Di Giovannantonio, "le imprese hanno avuto una drastica riduzione del fatturato, con cali dal 30 al 50%, ma la struttura dei costi è rimasta tale. Fino a quando hanno potuto, si sono impegnate con risorse proprie, poi si è passati all'indebitamento con le banche. E ora il peso dell'indebitamento nelle piccole e medie imprese rappresenta oltre il 46% del fatturato. Seguiamo industrie in cui è oltre il 100% del fatturato, ed è l'anticamera del fallimento".
Non a caso i prestiti in provincia sono passati da 5.396 milioni nel 2009 a 5.943 milioni del 2010. In percentuale i prestiti per le famiglie sono passati da un aumento del 3,9 nel 2009 (rispetto al 2008) a un +6,9 appena 6 mesi dopo, in coincidenza con l'exploit della cassa integrazione, per poi far segnare una flessione a dicembre 2010. Diversa la dinamica delle imprese: -3,7% del 2009, -2,6% a giugno 2010 e +3,1 a fine 2010. I segni negativi si spiegano col fatto che le imprese non chiedevano prestiti perchè in sostanza non producevano. Preoccupante il rapporto fra sofferenze e impieghi: aumenta (+2,4% nel 2010), segno che i debitori riescono sempre meno a restituire il denaro.
In definitiva "in provincia le imprese che hanno investito in innovazione di prodotto e tecnologica stanno lentamente riprendendo l'attività", osserva Di Paolo, "chi non l'ha fatto rischia di chiudere. A rischio anche le aziende che hanno un eccessivo indebitamento, con peso notevole degli interessi passivi sui costi di gestione". "Altro dato negativo››, aggiunge il direttore, ‹‹è che non si notano investimenti nuovi, non arrivano nuove aziende. D'altronde gli incentivi sono quasi inesistenti e le imprese si dirigono altrove. In più Teramo sconta ritardi conclamati, basta vedere quanto sta accadendo con i danni dell'alluvione: i soldi non ci sono e le decisioni ritardano".
© RIPRODUZIONE RISERVATA