La Cassazione: sì ai buoni pasto per tutti i dipendenti della Asl 

La Suprema corte sposa la tesi del sindacato infermieri Nursind, bocciata in primo e secondo grado Ora si apre un tavolo con l’azienda sanitaria, che rischia una stangata di milioni anche sul pregresso

TERAMO. Tutti i dipendenti della Asl di Teramo che svolgono un'attività lavorativa superiore alle sei ore giornaliere hanno diritto ai buoni pasto. Lo dice la Corte di cassazione con una sentenza che ribalta i due precedenti gradi di giudizio e che, nel riconoscere un diritto, sana anche una sorta di discriminazione: i buoni pasto, infatti, ad oggi sono previsti solo per i dipendenti dell'area tecnico-amministrativa dell'azienda sanitaria teramana impegnati nei rientri pomeridiani. Adesso, però, le cose sono destinate a cambiare e per la Asl si apre una fase delicatissima che potrebbe pesare enormemente sul bilancio, con una stangata economica milionaria per i buoni non concessi in passato.
LA SENTENZA. La pronuncia della Suprema corte è figlia di una lunga battaglia condotta dal Nursind di Teramo, il sindacato delle professioni infermieristiche, che ha avviato l'azione legale nel 2015, affiancando una propria iscritta, nella convinzione che la mensa (o in alternativa i buoni pasto) fosse un diritto per gli infermieri e per tutti i dipendenti della Asl. I giudici del lavoro di Teramo e poi quelli d'appello dell'Aquila hanno bocciato le richieste del Nursind che, però, non si è arreso rivolgendosi alla Cassazione. Qui il ricorso è stato accolto: la sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio alla Corte dell'Aquila per la nuova formulazione sulla base della pronuncia suprema. Una vittoria che, da un punto di vista legale, porta la firma delle avvocate Mira De Zolt e Simona Mazzilli che hanno assistito l'infermiera ricorrente e il Nursind per l'intero iter processuale.
IL NURSIND. Il sindacato ieri nel corso di una conferenza stampa ha espresso forte soddisfazione per il risultato ottenuto: «Possiamo dire finalmente che avevamo ragione noi, che la nostra interpretazione del contratto è sempre stata corretta: i buoni pasto sono un diritto per tutti i dipendenti Asl», ha detto il segretario provinciale del Nursind Giuseppe De Zolt che, affiancato dal collega Alessio Febo, ha ripercorso le tappe giudiziarie della battaglia legale che avrà ricadute positive per i lavoratori ma pesanti per la Asl, che aveva istituito il servizio mensa sin dal 1998 per una parte dei dipendenti. L'azienda ora dovrà recepire la pronuncia dei giudici e potrebbe vedersi costretta a pagare milioni e milioni di euro di buoni pasto non versati in passato a chi ne aveva diritto. Difficile fare una stima, ma ciò che è certo è che a stretto giro si aprirà un tavolo di confronto fra Asl e Nursind proprio per trovare un accordo su come sanare le mancanze del passato e pianificare l'estensione dei buoni pasto per il futuro. «Per noi oggi è un vero orgoglio comunicare questa vittoria dopo otto lunghi anni. Siamo soddisfatti anche perché dopo due sconfitte, in primo e secondo grado, non era facile continuare a crederci: noi però siamo andati avanti con convinzione, col sostegno dei nostri legali e dei nostri iscritti ai quali va un sentito ringraziamento. Adesso si avvierà un dialogo con la Asl per far sì che si proceda col riconoscimento del diritto alla mensa», ha aggiunto il segretario De Zolt. La vittoria incassata sui buoni pasto segue di qualche anno quella, altrettanto importante e complessa, condotta sempre dal Nursind sul riconoscimento del diritto a “vestizione e svestizione” degli infermieri in orario di servizio.
LA ASL. Alla richiesta del Centro di dire la propria, la direzione strategica della Asl ha risposto in modo stringato: «Prendiamo atto della sentenza, verificheremo la situazione e poi decideremo di conseguenza».
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