La rivolta di Villa Pavone: «Restituiteci l’ex scuola»

Toni accesi nell’incontro tra cento cittadini del quartiere e gli amministratori D’Alberto tira dritto: «Non sarà un ghetto. E non possiamo perdere i fondi»
TERAMO. Un confronto che a tratti si è fatto scontro. Un dibattito acceso e partecipato, utile a chiarire dei punti ma che alla fine ha lasciato ognuno sulle proprie posizioni. Da una parte i cittadini, col loro “no” alla stazione di posta nell'ex scuola di Villa Pavone. Dall'altra l'amministrazione, che tira dritto con il progetto da un milione di euro volto a recuperare l'immobile dandogli una finalità sociale ad ampio spettro: assistenza ai cittadini, residenza fittizia per i senza fissa dimora, ludoteca, spazi per le associazioni, quattro posti letto per l'accoglienza notturna di emergenza.
Queste alcune delle caratteristiche del progetto al centro dell'incontro di venerdì sera fra i residenti di Villa Pavone e l'amministrazione rappresentata dal sindaco Gianguido D'Alberto e dagli assessori Ilaria De Sanctis e Domenico Sbraccia. Circa cento i cittadini presenti; 380 quelli che hanno firmato la petizione, depositata in Comune, per dire “no” alla stazione di posta. Gli amministratori non si sono sottratti a domande e critiche dei residenti che hanno contestato la mancanza di comunicazione e di condivisione del progetto, chiedendo che l'edificio (inagibile dal 2016) venga riqualificato e messo a disposizione del comitato di quartiere. A Villa Pavone, hanno ripetuto i cittadini, manca tutto. «Siamo delusi, sindaco», ha detto Massimiliano Simonella, ex presidente del comitato, «non abbiamo una sede per il comitato, non abbiamo un parco giochi, non ci sono secchi per i rifiuti, manca l'illuminazione, non c'è una pensilina per il bus, il verde è abbandonato. L'unico asfalto fatto è quello di Carapollo». In questo clima di delusione e in assenza di luoghi di socialità s’inserisce la stazione di posta. Qualcuno ha portato l'esempio, virtuoso, della ex scuola Febbo di San Nicolò chiedendo perché a Villa Pavone non sia replicabile. È stato chiesto: «Perché creare un dormitorio e servizi per la povertà in una zona già trascurata?». Il consigliere comunale Luca Corona ha proposto di recuperare l'edificio con fondi sisma e di restituirlo al comitato ritenendolo «inadeguato ad ospitare associazioni, persone in difficoltà, accoglienza notturna, ludoteca, ristorazione, deposito bagagli».
Sindaco e assessora hanno spiegato, facendo un mea culpa sul deficit di comunicazione, cosa prevede il progetto sgomberando il campo dalle ipotesi che ne farebbero un ghetto. «Non sarà un dormitorio, né una mensa per i poveri. Il milione di euro prevede 900mila euro per la riqualificazione, e meno di 200mila per il potenziamento di servizi sociali», ha detto D'Alberto, «sarà un presidio istituzionale, con attività e servizi utili a tutti. È un progetto che migliorerà la vita del quartiere, ne sono convinto altrimenti non lo farei. Il canale di finanziamento del Pnrr è l'unico possibile per l'ex scuola e se cedessimo a una percezione perderemmo un'occasione», ha concluso, dicendosi aperto al confronto ma fermo nell'andare avanti col progetto.
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