"La Tercas è stata corretta", niente rimborso delle azioni a Teramo

Risposta negativa alla richiesta di un teramano che ritiene di essere stato indotto in errore «Mi avevano garantito che era un investimento sicuro», ma la banca nega: si andrà in giudizio

TERAMO. La sua è una delle tante storie dei risparmiatori che hanno acquistato azioni del Banca Tercas convinti di fare un ottimo investimento – cioè remunerativo e, soprattutto, sicuro – e che invece, con l’azzeramento del titolo, si sono ritrovati in mano solo carta straccia. Il risparmiatore – il teramano B.Z. – si è rivolto a un avvocato per ottenere il risarcimento, lamentando di essere stato indotto in errore, cioè di essere stato invogliato a fare un investimento sbagliato, ma la banca ha riposto picche: non rimborserà un centesimo perché ritiene la propria condotta assolutamente corretta. L’acquisto delle azioni risale al 2006, quindi alla vecchia gestione della banca, quella cancellata dal commissariamento; la risposta è dell’attuale gestione, cioè della Tercas targata Banca Popolare di Bari, ma la controversia non tiene conto di questa soluzione di continuità e in ogni casi per risolverla si finirà davanti a un giudice.

Il risparmiatore teramano aveva acquistato azioni Tercas, denominate B. Tercas Ord-Gold 1/7/2006, messe sul mercato da un’offerta pubblica di vendita della Fondazione Tercas, per un ammontare di 57.996 euro. Un investimento ritenuto tranquillo perché – sostiene il legale del risparmiatore nella richiesta di rimborso alla banca – «per come garantito nell’occasione dal funzionario addetto ala collocamento, si trattava di strumenti finanziari sicuri e a basso rischio, adeguati alle conoscenze del cliente, oltre che altamente remunerativi in quanto strategici per la banca proponente che li collocava». Tanto che, aggiunge l’avvocato, la cliente «veniva garantito un incremento di valore e il riacquisto in qualsiasi momento ad opera della banca».

Cosa che, in seguito al commissariamento della Tercas e alla sospensione della negoziazione del titolo non fu più possibile a nessuno. Ma il problema vero è un altro: il risparmiatore fu avvertito che si trattava di un’operazione non esente da rischi – come accade per tutti i titoli azionari, a maggior ragione per quelli di aziende che,come la Tercas, non sono quotate e quindi non possono essere scambiati facilmente in un mercato regolamentato? Per la Tercas non ci sono dubbi: il cliente fu avvisato dovere, a cominciare dal fatto che gli venne regolarmente dato il prospetto che «forniva tutte le informazioni necessarie per permettere una consapevole scelta di investimento, ivi comprese informazioni sui rischi connessi all’investimento in titoli azionari». Il cliente venne anche debitamente informato – sostiene ancora la Tercas – della sussistenza del conflitto di interessi della banca, al tempio stesso emittente e incaricata del collocamento del titolo.

Ma soprattutto, scrive ancora la Tercas all’avvocato del risparmiatore, «al momento della sottoscrizione dell’ordine il suo assistito è stato avvertito per iscritto della non adeguatezza dell’operazione stessa rispetto al suo profilo di investitore e, nonostante ciò ha autorizzato con specifica ed ulteriore sottoscrizione la banca ad eseguire l’ordine, così come previsto dalla disciplina del settore. Pertanto, nulla quaestio in ordine alla correttezza dell’operato della banca».

E le garanzie fornite dal funzionario addetto alla vendita delle azioni che avrebbero indotto in errore B.Z. (e con lui altre migliaia di risparmiatori nella sua stessa condizione)? Per la Tercas non sono mai state date: «Precisiamo che, per quanto ci consta, nessun “addetto” abbia mai illustrato e confermato al suo assistito le caratteristiche del prodotto da ella asserite, tantomeno in termini di sicurezza e basso rischio dell’investimento. Così come è da escludere che alcun “addetto” della banca possa aver garantito l’alta remuneratività dell’operazione oggi contestata». Siamo quindi di fronte a due ricostruzioni completamente diverse, sulle quali si pronuncerà il giudice civile. Un caso singolo, ma emblematico, simile, per tantissimi versi, alla vicenda che ha investito i risparmiatori di Banca Etruria e Carichieti.

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