la storia

Montorio, «Nessuna giustizia per mia figlia ma quel medico non eserciti più»

L’appello della mamma di Maria Teresa nell’ottavo anniversario della morte della bimba stroncata a sei anni da una leucemia diagnosticata in ritardo. Intanto il reato si è prescritto

MONTORIO. Otto anni dopo la bambina che non c’è più è in mille pensieri, ricordi, parole. Immagini di una ragazza che avrebbe potuto essere e che non sarà mai. E’ una vertigine indicibile di dolore e rabbia la storia di Maria Teresa Nallira. «Mia figlia è finita bambina, le è stato impedito di avere una vita»: Antonella Coruzzi ha 39 anni, gli ultimi otto senza la sua Maria Teresa morta il 6 marzo del 2008 per una leucemia linfoblastica acuta diagnosticata in ritardo. Aveva sei anni. «Anche allora era un anno bisestile e questi per me sono i giorni del calvario perchè la rabbia non si placa»: la voce si arrende, le parole non servono. E’ difficile trovare quelle giuste per dire che, dopo otto anni e una condanna in primo grado della pediatra ospedaliera che in quei giorni si occupò di Maria Teresa, tutto è prescritto.

L’Appello ha cancellato quelle che sembravano certezze acquisite in primo grado: i giudici aquilani a novembre hanno deciso di disporre una nuova perizia che avrebbe dovuto essere rimessa a febbraio ma per cui i medici incaricati hanno chiesto una proroga. Se ne riparlerà a giugno. Ma è tutto così scombinato che persino i dettagli perdono senso. «Lo so che è tutto finito perchè il reato è prescritto», dice Antonella, «ma io continuerò a lottare fino a quando ci sarò. Maria Teresa è al cimitero e quella dottoressa continua ad esercitare. E anche se non posso avere giustizia perchè per me è diventata una parola vuota, vorrei che quel medico non esercitasse più».

Maria Teresa Nallira il 26 febbraio del 2008 accusò mal di pancia e sonnolenza. Venne portata all’ospedale di Teramo e da qui i medici la rimandarono a casa sospettando un virus intestinale. Le sue condizioni non migliorarono e due giorni dopo i genitori la riportarono in ospedale. La bimba venne nuovamente visitata in pediatria e dimessa con la stessa diagnosi. Ma le sue condizioni peggiorarono. Il giorno dopo i genitori la riportarono in ospedale e la bimba venne ricoverata. Solo nel tardo pomeriggio venne fatto il primo prelievo di sangue che evidenziò valori altissimi di globuli bianchi. Venne trasferita d’urgenza all’ospedale di Pescara dove morì il 6 marzo. «Non scorderò mai l’immagine di mia figlia nell’atrio del pronto soccorso»,ricorda Antonella, «mi diceva “mamma, sono stanca, molto stanca” e sentirlo dire da una bambina che non stava mai ferma faceva veramente soffrire. Si vedeva che non stava bene, io e mio marito ci dicevamo: ma se i medici dicono che non è niente di grave passerà. Invece Maria Teresa è morta a sei anni per una malattia che, se presa in tempo, avrebbe potuto essere curata. Questo io non posso perdonarlo a nessuno e, da mamma, vorrei che nessun genitore passasse quello che abbiamo passato noi perchè un padre e una madre non dovrebbero mai sopravvivere ad un figlio».

Per far scorrere ancora la vita Antonella e il marito Onorio, dopo Maria Teresa, hanno avuto Francesco, 7 anni, e Gabriele, 8 mesi. «Due grandi doni che abbiamo ricevuto», continua Antonella, «ed è anche per loro che io non smetterò mai di lottare nel nome di una figlia che non c’è più». Mamma Antonella in questa battaglia non ha solo il marito con sè. Al suo fianco ci sono i suoi genitori, i nonni di Maria Teresa. A cominciare da suo padre Piergiorgio, 69 anni. Ancora oggi, ogni sera, va al cimitero a salutare la nipotina. Nelle cronache dell’epoca lo si vede con un cartello tra le mani sulle scale dell’ospedale Mazzini: «Qui qualche giorno fa è morta mia nipote, aveva solo sei anni. Diteci che cosa è successo». Ha seguito ogni udienza del processo. «Ho sempre creduto ad uno Stato di diritto», dice, «e ho sempre pensato che alla fine la giustizia arrivasse per tutti. Da tempo ho smesso di credere che sia così. Perchè la giustizia non sempre esiste e quello che è successo a noi lo dimostra. Dopo otto anni siamo ripartiti da capo e tutto è prescritto. Chi ha sbagliato non pagherà mai».

Le parole si muovono tra le ferite, ma nella villetta fuori Montorio dove Antonella e Onorio abitano con i figli e i genitori la vita ha ripreso i suoi ritmi. Che sono quelli di Francesco e Gabriele, delle corse nel giardino, nei giochi in salotto, del via via di amici e parenti che non manca mai. «La famiglia e la fede mi hanno aiutato a ricominciare», dice Antonella, « perchè da qualche parte bisogna ripartire. Io oggi lotto per rendere giustizia a Maria Teresa e continuerò a farlo fin quando avrò vita. Lo so che tutto è prescritto e che non ha più senso sperare che quella nuova perizia rientri presto, che quel medico paghi per quello che ha fatto. Ma io non mi arrendo perchè la mia condanna, invece, è senza fine: è non avere più Maria Teresa, non vederla crescere, avere un futuro, diventare donna, mamma». La voce, ora, si ferma di nuovo e le parole non hanno più senso.

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