Muore dopo 5 ore al pronto soccorso Il pm: non c’è reato

Richiesta di archiviazione per i 5 indagati: le perizie mediche escludono un nesso di causalità tra il decesso e l’attesa

TERAMO. Si può morire su una barella dopo cinque ore di attesa al pronto soccorso? Se nelle aule di tribunale servono fatti per provare le accuse, allora la risposta è sì: sì può morire su una barella dopo cinque ore di attesa al pronto soccorso. Perchè se non esiste un nesso di causalità tra il fatto e la conseguenza, o almeno se è impossibile provarlo in un processo, la pubblica accusa deve fare un passo indietro. Così hanno stabilito i giudici della Cassazione per le presunte responsabilità mediche nella ormai famosa sentenza Franzese che è il punto di partenza della richiesta di archiviazione fatta dal sostituto procuratore Luca Sciarretta nei confronti dei cinque indagati (quattro medici e un infermiere) per la morte di Domenico Evangelista, il pensionato che a febbraio è deceduto al pronto soccorso dell’ospedale Mazzini. Il medico legale Cristian D’Ovidio e il cardiochirurgo Alessandro Capucci , consulenti incaricati dal pm, nelle loro relazioni hanno evidenziato la presenza di gravi patologie cardiache nell’uomo. Ma soprattutto hanno escluso un nesso di causalità tra la morte e le cinque ore di attesa. Secondo i due consulenti gli esami istologici fatti sui tessuti di cuore prelevati durante l’esame autoptico hanno accertato che , anche se soccorso appena giunto in ospedale, l’uomo non sarebbe sopravvissuto. Da qui la richiesta di archiviazione, anche se il pm non esita a definire «negligenti, imprudenti ed imperite» le condotte degli indagati. Recita la massima della sentenza delle sezioni unite della Cassazione: «Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria del nesso causale, poichè il giudice deve verificare la validità del caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbi a altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’elemento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica». E ancora: «L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio». I familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Fabrizio Silvani, valuteranno l’ipotesi di presentare opposizione al gip che dovrà decidere se accogliere o no la richiesta di archiviazione della procura.

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