Ospedale di Teramo, sale operatorie in tilt per i pochi infermieri

Da questa settimana ridotte le sedute per tutti i reparti chirurgici. Il primario: decisione necessaria. Sindacati medici in allarme: così aumentano le liste di attesa. L’unica soluzione è fare l’ospedale unico

TERAMO. Tagliate le sedute operatorie all’ospedale di Teramo. Dall’inizio della settimana i reparti di chirurgia hanno dovuto rinunciare a parte dell’attività. Una riduzione causata dal mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato di un’infermiera, che si somma ad assenze per malattia e per maternità.

Il problema, attualmente, è soprattutto nella carenza di personale non medico. In pianta organica, infatti, dei 27 anestesisti previsti ce ne sono 22, che riescono tutto sommato a coprire i turni. Così non è per il personale infermieristico: ci dovrebbero essere 49 unità ma ne mancano più di dieci all’appello.

Da qui la decisione del primario di anestesia e rianimazione Roberto Berrettoni e della responsabile delle sale operatorie Luciana Pilotti di ridurre le sedute. «Ma appena sarà possibile, cioè appena rientrerà il personale mancante, la seduta sarà restituita», annuncia Berrettoni, «è quel che accade quando si deve contare su personale precario. A questo si aggiungono le assenze per permessi sindacali, legge 104, maternità non sostituite e malattie. La verità è che fino a quando la politica vorrà conservare quattro feudi, rischia di crollate tutto il feudatario».

Una frase emblematica, che trova molti altri riscontri in ospedale. «Siamo in una situazione pessima», commenta Filippo Gianfelice, segretario regionale dell’Anaao, «l’ospedale è stato abbandonato dalla Regione e si sta tentando di ridurlo al lumicino. La struttura è in difficoltà, chiudere un ospedale sarebbe stata la soluzione alla carenza di personale. E ora siamo in una lenta agonia. In questo ambito rientrano le difficoltà del gruppo operatorio, e ci saranno sempre problemi del genere se si continuano a tenere aperti gli ospedali periferici».

«Attualmente il problema più grande alla Asl è nella sala operatoria», aggiunge Vincenzo Cipolletti, segretario provinciale dello Smi, «è diventata un imbuto e gran parte della mobilità passiva della Asl dipende dal fatto che le sedute vengono ridotte, si allungano le liste di attesa e i pazienti migrano verso altri ospedali. Il problema è l'insufficiente organico di operatori infermieristici, ma nessuno prende in considerazione questo problema. La situazione in sala operatoria è di tale tensione che è uno dei reparti in cui c'è il maggior numero di certificati per malattia. L'ospedale per funzionare deve risolvere il problema delle liste di attesa, non solo per le visite ma anche per gli interventi chirurgici: i pazienti neoplastici, ad esempio, devono essere operati in tempo reale. E quando dici loro che devono aspettare uno o due mesi vanno via».

Sia Di Gianfelice che Cipolletti concordano sulla necessità di un nuovo ospedale unico (a cui si sommerebbe in realtà quello della Val Vibrata). «L'ospedale unico farebbe recuperare il personale. Ma deve essere di alta tecnologia, con macchinari all'avanguardia», precisa Cipolletti, «e contemporaneamente bisogna attivare la prevenzione sul territorio». «La soluzione è prendere la palla la balzo del terremoto di Amatrice, che ha evidenziato come gli ospedali non siano sicuri», aggiunge Gianfelice, «bisogna costruire un ospedale nuovo da 500 posti letto, in cui ci siano le stesse specialistiche del Mazzini, dalla cardiochirurgia alla neurochirurgia. E una volta per tutte usciamo fuori dal campanilismo: sia all’Aquila che a Teramo vanno bene strutture di primo livello avanzato che si compensano fra loro».

«Quello delle sale operatorie è la punta dell'iceberg», osserva Sandro Core, segretario della Cimo, «il personale infermieristico è pochissimo. Il personale a tempo determinato nei fatti sta mantenendo in piedi l'ospedale e ora che non si possono più fare i contratti a tempo determinato per vincoli nella spesa i nodi stanno venendo al pettine. A questo si somma il fatto che Teramo si è impoverita di nomi di spicco, per una serie di scelte effettuate nel tempo. In definitiva mantenere in piedi quattro ospedali con il personale che abbiamo è assurdo nonchè ridicolo in quanto il paziente trova un ospedale vuoto».

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