Padre indagato per la morte del figlio

La procura accusa: lo investe nel cantiere di Roseto e dà la colpa al fratello della vittima
TERAMO. Ci sono voluti due anni di indagini per capovolgere quella che sembrava una verità assoluta sulla morte di Diego Malvone, il giovane imprenditore edile di Morro d'Oro che nel novembre del 2008 venne schiacciato da una ruspa in un cantiere di Roseto. Su quella ruspa non c'era il fratello, così come detto inizialmente, ma il padre, costruttore edile 70enne in pensione.
Una verità nascosta, secondo la procura, attraverso false testimonianze di familiari e operai che hanno accusato il fratello della vittima. Dopo accertamenti su decine di tabulati telefonici e l'audizione di più di 50 persone, il pubblico ministero Laura Colica ha chiuso l'inchiesta chiedendo il rinvio a giudizio per 9 persone, tra cui il padre e il fratello della vittima.
L'udienza preliminare è stata fissata per il 20 ottobre: sarà il giudice a decidere se mandarli a processo. Le ipotesi di reato contestate dal pm sono pesanti: si va dall'omicidio colposo al favoreggiamento, dalla calunnia all'omissione di soccorso. Per il pm tutti hanno mentito sostenendo che su quella ruspa al momento dell'incidente ci fosse Carlo, il fratello della vittima, mentre invece, sempre secondo l'accusa della procura, tutti sapevano e avevano visto il padre.
Gli indagati per cui il pm ha chiesto il processo sono Gaetano Malvone, imprenditore edile in pensione, padre della vittima, accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso perchè secondo la procura dopo aver colpito il figlio con la ruspa sarebbe sceso dal mezzo e si sarebbe allontanato per poi telefonare all'altro figlio; Carlo Malvone, fratello della vittima, accusato di omicidio colposo in quanto legale rappresentato della ditta che stava facendo i lavori e di autocalunnia; i progettisti Gabriele Maggitti e Carlo Zappacosta, responsanbili della sicurezza e gli imprenditori Gabriellina e Adriano Colleluori, e Domenico Pizzuto, della ditta Elg, accusati di omicidio colposo; Pasquale Malvone, zio della vittima, accusato di favoreggiamento e calunnia, e Aurelio Malvone accusato di favoreggiamento.
Una verità nascosta, secondo la procura, attraverso false testimonianze di familiari e operai che hanno accusato il fratello della vittima. Dopo accertamenti su decine di tabulati telefonici e l'audizione di più di 50 persone, il pubblico ministero Laura Colica ha chiuso l'inchiesta chiedendo il rinvio a giudizio per 9 persone, tra cui il padre e il fratello della vittima.
L'udienza preliminare è stata fissata per il 20 ottobre: sarà il giudice a decidere se mandarli a processo. Le ipotesi di reato contestate dal pm sono pesanti: si va dall'omicidio colposo al favoreggiamento, dalla calunnia all'omissione di soccorso. Per il pm tutti hanno mentito sostenendo che su quella ruspa al momento dell'incidente ci fosse Carlo, il fratello della vittima, mentre invece, sempre secondo l'accusa della procura, tutti sapevano e avevano visto il padre.
Gli indagati per cui il pm ha chiesto il processo sono Gaetano Malvone, imprenditore edile in pensione, padre della vittima, accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso perchè secondo la procura dopo aver colpito il figlio con la ruspa sarebbe sceso dal mezzo e si sarebbe allontanato per poi telefonare all'altro figlio; Carlo Malvone, fratello della vittima, accusato di omicidio colposo in quanto legale rappresentato della ditta che stava facendo i lavori e di autocalunnia; i progettisti Gabriele Maggitti e Carlo Zappacosta, responsanbili della sicurezza e gli imprenditori Gabriellina e Adriano Colleluori, e Domenico Pizzuto, della ditta Elg, accusati di omicidio colposo; Pasquale Malvone, zio della vittima, accusato di favoreggiamento e calunnia, e Aurelio Malvone accusato di favoreggiamento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA