Parolisi, l'amante Ludovica attesa in procura

La soldatessa tra oggi e domani a Teramo per essere ascoltata anche dai pm teramani Davide Rosati e Greta Aloisi
TERAMO. «Melania minacciò di spaccarmi la faccia»: sono parole di Ludovica P., la soldatessa amante di Salvatore Parolisi, parole dette nel corso dell'audizione del 5 maggio davanti agli inquirenti ascolani. La donna tra oggi e domani arriverà a Teramo per essere ascoltata anche dai pm teramani Davide Rosati e Greta Aloisi che indagano sull'omicidio di Melania Rea dopo il passaggio dell'inchiesta da Ascoli per competenza territoriale.
La soldatessa racconta che la storia con Parolisi, il caporal maggiore suo addestratore nella caserma di Ascoli da luglio in carcere con l'accusa di aver ucciso la moglie, è iniziata nel 2009. «Ci vedevamo circa una volta al mese per due o tre giorni», racconta la ragazza, «quando eravamo a Roma ci si vedeva in appartamenti arredati presi in affitto. Della nostra storia la moglie non seppe nulla fino a gennaio o febbraio 2010 quando Salvatore la chiamò con la scheda dedicata a me. La mattina successiva provai a spiegarle che tra noi non c'era che amicizia. Ma lei mi chiese se eravamo stati a letto insieme. Cosa che io negai. Melania minacciò di spaccarmi la faccia. Risposi che certi chiarimenti avrebbe dovuto averli con Salvatore e non con me. Poi avvertii Salvatore con un sms».
Intanto Parolisi, in una lettera a Panorama, chiede di poter vedere la figlia e lancia un appello alla famiglia della moglie. «Penso a mia figlia, solo Dio sa come sto soffrendo ora». Nella lettera, giunta a Panorama tramite i suoi legali Nicodemo Gentile e Walter Biscotti, rivela la sua rabbia per essere finito in carcere e per l'immagine che hanno dato di lui. E annuncia che é determinato a difendere fino all'ultimo la sua innocenza. A cominciare dalla prossima udienza in Cassazione, fissata il 25 gennaio per discutere del ricorso contro la conferma della custodia cautelare in carcere da parte del tribunale del Riesame dell'Aquila. Intanto la procura teramana ha nominato due esperti per far controllare le borse della vittima, quelle consegnate agli inquirenti dai suoi familiari. (d.p.)
La soldatessa racconta che la storia con Parolisi, il caporal maggiore suo addestratore nella caserma di Ascoli da luglio in carcere con l'accusa di aver ucciso la moglie, è iniziata nel 2009. «Ci vedevamo circa una volta al mese per due o tre giorni», racconta la ragazza, «quando eravamo a Roma ci si vedeva in appartamenti arredati presi in affitto. Della nostra storia la moglie non seppe nulla fino a gennaio o febbraio 2010 quando Salvatore la chiamò con la scheda dedicata a me. La mattina successiva provai a spiegarle che tra noi non c'era che amicizia. Ma lei mi chiese se eravamo stati a letto insieme. Cosa che io negai. Melania minacciò di spaccarmi la faccia. Risposi che certi chiarimenti avrebbe dovuto averli con Salvatore e non con me. Poi avvertii Salvatore con un sms».
Intanto Parolisi, in una lettera a Panorama, chiede di poter vedere la figlia e lancia un appello alla famiglia della moglie. «Penso a mia figlia, solo Dio sa come sto soffrendo ora». Nella lettera, giunta a Panorama tramite i suoi legali Nicodemo Gentile e Walter Biscotti, rivela la sua rabbia per essere finito in carcere e per l'immagine che hanno dato di lui. E annuncia che é determinato a difendere fino all'ultimo la sua innocenza. A cominciare dalla prossima udienza in Cassazione, fissata il 25 gennaio per discutere del ricorso contro la conferma della custodia cautelare in carcere da parte del tribunale del Riesame dell'Aquila. Intanto la procura teramana ha nominato due esperti per far controllare le borse della vittima, quelle consegnate agli inquirenti dai suoi familiari. (d.p.)
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