Petrella, medico no vax condannato. «Comportamento sconsiderato, il paziente in ospedale si poteva salvare»

Teramo, così la giudice Di Valerio motiva la condanna a un anno, pena sostituita con una sanzione pecuniaria da 54mila euro. Il professionista no vax sconsigliò al paziente morto per un infarto di farsi ricoverare: «Lì ti intubano e ti ammazzano». (Nella foto, il medico Roberto Petrella)
TERAMO. Trenta pagine di motivazioni legate da un solo filo conduttore: la posizione di garanzia che un medico assume nei confronti del paziente sia che derivi da un rapporto terapeutico sia da una situazione di fatto. Per la giudice monocratica Claudia Di Valerio «Roberto Petrella ha tenuto un comportamento sconsiderato, violativo di basilari regole di prudenza oltre che di criteri anche deontologici propri dell’arte medica, assumendo una postura di sottovalutazione dei rischi connessi allo stato di salute di Gennaro Sanges, di cui pure era pienamente edotto». È con una disamina certosina del caso e di principi giuridici più volte ribaditi dalla Cassazione nell’ambito di responsabilità penali mediche che la giudice motiva la condanna (un anno sostituito con la sanzione pecuniaria di 54mila euro, sentenza non appellata in secondo grado) pronunciata a gennaio per il medico no vax Roberto Petrella, nel 2024 radiato dall’Ordine per un’altra vicenda, finito a processo con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un paziente nei giorni drammatici della pandemia. Paziente che, sostiene la giudice, in ospedale avrebbe potuto salvarsi.
IL MANCATO RICOVERO IN OSPEDALE. La vittima, il 68enne camionista casertano Gennaro Sanges che dal 2020 era in cura da Petrella per problemi alla prostata, nel dicembre nel 2021 morì nella sua casa campana per un infarto al miocardio. Per i pm Silvia Scamurra e Stefano Giovagnoni ( i titolari del fascicolo che avevano chiesto la condanna a due anni) il medico nei giorni antecedenti la morte nel corso di quelle telefonate con la compagna del paziente avrebbe prescritto all’uomo, che aveva febbre, medicinali e integratori sconsigliandogli il ricorso alle cure ospedaliere «dicendogli», avevano evidenziato nel corso della requisitoria, «di non andare in ospedale perché ti intubano e ti ammazzano». È un passaggio chiave della vicenda con la giudice che nelle motivazioni scrive: «La condotta dell’odierna imputato, consistita nel prescrivere una terapia senza eseguire la visita del paziente e, soprattutto, nel distoglierlo dalle cure presso strutture sanitarie dotate di personale e strumenti in grado di intervenire adeguatamente, ha spiegato sicura efficienza causale rispetto alla morte di Gennaro Sanges». Per la magistrata «il ricovero in una struttura ospedaliera avrebbe consentito di individuare e trattare l’infarto del miocardio mediante gli appropriati esami diagnostici anche qualora questo fosse stato già in atto al momento dell’interlocuzione tra la moglie del paziente e il medico. Se Roberto Petrella avesse rappresentato la necessità di un intervento d’urgenza di personale sanitario e il ricorso a strutture ospedaliere, la morte di Sanges non si sarebbe verificata o si sarebbe verificata in epoca differita e con modalità diverse, con alto grado di probabilità razionale».
I FATTORI DI RISCHIO DEL PAZIENTE. Secondo le motivazioni della sentenza le condizioni generali di salute della vittima, che Petrella conosceva, avrebbero dovuto portare a un diverso atteggiamento. «Petrella avendo ben note le condizioni generali di salute di Sanges e dunque i plurimi fattori di rischio anche per eventi cardiovascolari», si legge a pagina 23 della sentenza, «alla notizia che il medesimo presentava febbre con picchi elevati, appresa sin dal primo pomeriggio del 6 dicembre, ha innanzitutto prescritto una terapia farmacologica senza aver effettuato la visita del paziente. Ciò è avvenuto in spregio a un criterio di prudenza ben delineato dal dottor Tombolini (il medico legale Antonio Tombolini è stato incaricato dalla Procura teramana di fare l’autopsia (ndr) che impone, in presenza di un quadro clinico complesso come quello di cui il Sanges era portatore, di prendere diretta contezza dello stato del paziente, evitando di impartire prescrizioni al telefono. Si dirà che nel caso di specie Petrella è stato investito delle condizioni di salute del Sanges senza poter direttamente intervenire poichè si trovava centinaia di chilometri di distanza. Ebbene, in tal caso, comportamento appropriato sarebbe stato quello di rimettere il caso al medico di famiglia o al servizio di emergenza». IL RAPPORTO DI FIDUCIA CON IL MEDICO. «Petrella», scrive la giudice, « in generale, aveva conquistato l’incondizionata fiducia del paziente Sanges, vieppiù per la comune diffidenza rispetto ai trattamenti terapeutici attuati nel corso dell’epidemia da Sars-Cov-2, contro i quali Petrella aveva messo in guardia. Per quanto riguarda la vicenda in esame non è dubitabile che Roberto Petrella si sia posto come punto di riferimento per tutte le problematiche di salute del Sanges, esortandolo a contattarlo anche in caso di febbre al fine di evitare la sottoposizione ai protocolli sanitari per la pandemia in corso che la persona offesa massimamente aborriva». A chiudere le strutturate motivazioni una frase lapidaria: «Basti in questa sede sottolineare come l’imputato abbia anteposto le teorie da lui stesso propugnate all’esigenza di salvaguardare la vita del paziente, in ciò dimostrando una particolare incuria nel rispondere ai bisogni di Sanges».
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