Teramo

Ragazza rifiuta il matrimonio combinato, in tribunale parla l’amica: «Aveva paura dei genitori»

16 Ottobre 2025

Coppia del Bangladesh, residente in provincia di Teramo, a processo per induzione al matrimonio della figlia. La testimone: «Quando le chiedevo di uscire mi diceva che i genitori non volevano e che la picchiavano»

TERAMO. Nel Paese che smetterà mai di ricordare Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa nel Reggiano dai familiari per essersi opposta a un matrimonio combinato, a Teramo seconda udienza per il caso di una coppia del Bangladesh residente in Viabrata finita a processo per il reato di tentata induzione al matrimonio mediante l’inganno (l’articolo 558 del codice penale).

Ad accusarli la figlia, all’epoca dei fatti 17enne, che nella precedente udienza ha raccontato di aver avuto paura dei genitori che avrebbero voluto farla sposare con un uomo scelto da loro nella terra di origine «perché da noi funziona così».

Ieri in aula, davanti alla giudice monocratica Martina Pollera, sono stati sentiti i primi testi citati della Pubblica accusa rappresentata dalla pm Enrica Medori. Tra questi un’amica della ragazza, quella con cui l’epoca si era confidata e che le consigliò di chiedere aiuto a una loro insegnante da cui poi partì la segnalazione. «Lei era cambiata», ha raccontato la ragazza in aula rispondendo alle domande della pm, «non parlava più, quando le chiedevo di uscire mi diceva che i genitori non volevano e che la picchiavano. Un giorno mi disse che la mamma aveva scoperto che sui social aveva incontrato un connazionale che era diventato il suo fidanzato, ma i genitori non volevano. Mi disse che aveva paura perché la loro cultura vuole che siano i genitori a scegliere il marito che ve essere anche di una casta superiore perché così possono esserci dei benefici. Ero spaventata per lei e le consigliai di chiamare il numero delle violenze contro le donne». Chiamarono quel numero e lei si spacciò per la sua amica: «Mi fecero un sacco di domande, mi spaventai e le consiglia di confidarsi con una nostra insegnante. Così fece». (d.p.)