Teramo

Risarcito per il processo durato 27 anni

Fallimento aperto nel 1986 e chiuso nel 2013: condannato il ministero di Giustizia, l’imprenditore avrà novemila euro

TERAMO. Per le statistiche è una storia ordinaria, anche al netto del diritto fallimentare che complica parecchio. Ma 27 anni per chiudere una procedura fallimentare sono davvero tanti. Troppi anche per la giustizia di un Paese i cui tempi lunghi sono sempre più nel mirino della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Anche perchè se è vero che 27 anni di attesa non hanno un prezzo, è altrettanto vero che essere risarciti con 9 mila euro per la durata irragionevole di un processo sa davvero di beffa. Ma così è per l’imprenditore teramano, assistito dagli avvocati Guido Felice De Luca e Antonio Del Papa, che dovrà essere rimborsato dal ministero della Giustizia condannato a pagare dalla corte d’appello di Campobasso (i giudici competenti territorialmente sull’operato dei colleghi teramani).

La sentenza è arrivata il 7 gennaio dopo un ricorso presentato contro il tribunale teramano con una richiesta di equo indennizzo, così come previsto dalla legge Pinto. Una normativa del 2001 che stabilisce che chi è stato coinvolto in un procedimento giudiziario per un periodo di tempo considerato irragionevole, cioè troppo lungo, può richiedere una equa riparazione. La legge Pinto, infatti, ha introdotto nel nostro ordinamento uno strumento legislativo che preveda un’equa riparazione a «chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».

Questo in relazione al mancato rispetto del cosiddetto “termine ragionevole” previsto dall’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 che recita: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge». Perchè le leggi servono a definire un confine non solo penalmente, ma anche moralmente, invalicabile. Ma occorrono anche comportamenti pubblici, modalità educative che esprimano concretamente il rispetto dovuto a ciascuno. E dopo 27 anni in attesa di un pronunciamento nessuno canta vittoria. A cominciare dall’imprenditore inghiottito dal gorgo di una procedura fallimentare aperta a suo carico dal tribunale teramano il 14 luglio del 1986 e chiusa con un decreto depositato il 12 aprile del 2013. A 13 anni dall’entrata in vigore della legge Pinto lo Stato ha accumulato un debito di oltre 340 milioni di euro verso le vittime della giusitizia lumaca. Che non finiscono mai nonostante i numerosi e sempre più pressanti richiami della Corte europea.

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