Samira al giudice di Bradford: "Ho ucciso le mie figlie ma non ero in me"

Il processo in Inghilterra: la giovane mamma Samira Lupidi chiede di essere giudicata con responsabilità attenuate, ma il procuratore si oppone
TERAMO. Sola e smarrita nell’inferno in cui è precipitata, Samira Lupidi è tornata per la seconda davanti al giudice del tribunale di Bradford, non lontano da Londra. Jeans e camicia bianca, un inglese che fatica ad essere comprensibile in un pianto disperato e continuo, la 24enne originaria di Martinsicuro da novembre in un carcere inglese con l’accusa di aver accoltellato le figlie Evelyn, tre anni, e Jasmine, appena uno, questa volta ha confessato di averle uccise ma ha chiesto di essere giudicata per un omicidio commesso con una responsabilità attenuata.
Si tratta del “manslaughter”, una ipotesi non contemplata dal codice italiano ma prevista nell’ordinamento giuridico inglese: un omicidio ancorchè volontario può essere considerato di minor gravità in considerazione delle circostanze in cui viene commesso. In generale viene considerato “manslaughter volontario” un omicidio con un comportamento idoneo ad uccidere e di cui la morte è conseguenza prevista o voluta, ma quando il reato sia commesso in un particolare stato d’ira determinata dalla provocazione di altri. E in questo contesto la donna potrebbe aver voluto far riferimento al clima di tensione che stava vivendo con il papà delle piccole.
Samira Lupidi, infatti, prima del duplice omicidio, aveva denunciato le violenze domestiche del compagno inglese Carl Weaver, padre delle bimbe, e aveva trovato rifugio con loro in una casa-famiglia protetta dove le piccole sono state uccise. A quanto risulta dalle dichiarazioni raccolte dalla polizia inglese nell’immediatezza dei fatti, Samira temeva che le figlie le fossero sottratte dalla legge inglese. Ma la donna nel chiedere di essere giudicata per questa ipotesi di reato potrebbe aver voluto far riferimento anche alla consulenza psichiatrica a cui è stata sottoposta. Alla richiesta di Samira si è opposto il rappresentante della pubblica accusa Stephen Wood per cui la donna deve essere giudicata per omicidio volontario. Al termine della breve udienza, a cui erano presenti anche alcuni familiari del papà delle bimbe, il giudice Roger Thomas ha disposto che Samira torni in carcere confermando per il 9 maggio, così come già previsto da tempo, l’udienza per la sentenza. Nella precedente udienza, quella di febbraio, la mamma si era dichiarata non colpevole e Wood aveva comunicato che era stata consegnata una memoria difensiva in cui si ammetteva che la donna era responsabile dell’omicidio e si chiedeva la concessione delle attenuanti.
(ha collaborato Sandro Di Stanislao)
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