TERAMO

Scavano per il gas e scoprono mosaici di epoca romana nel centro città

Emersi nuovo reperti di interesse archeologico della domus durante i lavori di rifacimento del manto stradale

TERAMO. Mentre gli operai rimuovevano una conduttura del gas, durante i lavori di rifacimento del manto stradale di via Sant'Antonio, nel cuore della città di Teramo, sono venuti alla luce due nuovi mosaici e diverse strutture di interesse archeologico.

Si tratta di pavimenti di tre stanze collegate tra loro di una domus di epoca romana e di strutture murarie con intonaco dipinto di cui non si aveva notizia dai dati bibliografici e di archivio.

La città dei mosaici non smette di stupire e queste nuove scoperte arricchiscono la sua antica storia. Sullo scavo stanno lavorando gli archeologi incaricati dal Comune e dalla Soprintendenza ABAP per L'Aquila e Teramo. 

Risalirebbe al I secolo dopo Cristo il mosaico formato da tessere bianche e nere la cui decorazione centrale è costituita da una composizione a scacchiera e con una cornice con una doppia fascia e treccia a due capi.

Accanto a questo reperto ne sta venendo in superficie un altro: una soglia di ingresso con una decorazione con motivo vegetale, mentre una ulteriore pavimentazione in tessellato, impreziosita da piccoli elementi in pietra colorati, è stata scoperta durante l'allargamento dell’area di scavo.

A questi ritrovamenti si aggiunge una ricca presenza di intonaci dipinti di rosso, giallo, verde e nero, in parte presenti in frammenti negli strati di riempimento, in parte ancora in opera, che decorano ciò che rimane delle pareti degli ambienti.

Nella zona in questione in passato sono emersi reperti attribuibili all’antica città romana e la Soprintendenza ABAP per L’Aquila e Teramo aveva prescritto che, durante tutte le fasi di scavo, in cantiere ci fosse anche l’archeologo per poter individuare subito, sotto la strada, eventuali oggetti di interesse storico-artistico.

L’archeologa incaricata dal Comune di Teramo Luigina Meloni e il personale della ditta Cioci, che sta eseguendo i lavori, in questi giorni stanno pazientemente portando alla luce i reperti, sotto la supervisione della Soprintendenza.

Per la soprintendente Cristina Collettini “in una città ricca di storia e di presenze archeologiche come Teramo il rinvenimento di via Sant’Antonio costituisce un tassello importante per la conoscenza del passato e per la ricostruzione della topografia della città antica. Il nostro ruolo è quello di garantire la conservazione e tutela delle strutture rinvenute senza però compromettere la conclusione dei lavori. Siamo certi che la possibilità di aprire il cantiere alla cittadinanza sia un ottimo modo per avvicinare la popolazione alla conoscenza e per ripagarla di qualche disagio dovuto al prolungamento dei lavori provocato dai rinvenimenti archeologici”.

Il sindaco Gianguido D’Alberto afferma che “la rigenerazione urbana della città che stiamo portando avanti, attraverso tutta una serie di cantieri che nei prossimi anni andranno a ridisegnare il volto di Teramo capoluogo e in particolare del centro storico, si interseca e si incontra con la bellezza, la storia, il patrimonio culturale e identitario della Teramo antica. Patrimonio che va salvaguardato e valorizzato, perché proprio attraverso la riscoperta e la conoscenza della storia della città possiamo guardare al futuro consapevoli delle ricchezze di questo territorio. La riqualificazione di via Sant’Antonio rappresenta dunque, anche grazie a questo importante rinvenimento, un'ulteriore occasione per la cittadinanza di scoprire la Teramo antica. Ovviamente stiamo lavorando insieme alla Soprintendenza per consentire la celere prosecuzione dei lavori e ridurre al minimo i disagi per i residenti e per tutti i cittadini”.

Il funzionario archeologo Gilda Assenti conclude che “Teramo non smette di stupire e l’archeologia si conferma materia viva ed emozionante. Per questo riteniamo che il cantiere aperto, che speriamo di riuscire ad attuare nelle prossime settimane, sia il modo migliore per mettere in connessione la cittadinanza e gli addetti ai lavori e instaurare un dialogo costruttivo nell’ambito di un vero processo di archeologia pubblica”.