Si accusò del delitto Masi Lo ammazzano a pietrate

Tragica fine ad Arezzo per Massimo Bosco assassinato da due barboni Venne condannato per calunnia quando disse di aver ucciso i coniugi di Nereto

NERETO. Ucciso a pietrate. Così è morto Massimo Bosco, 41 anni, disoccupato ed ex collaboratore di giustizia. Il suo nome era legato al delitto dei coniugi Masi: accusò se stesso e altre due persone dell'omicidio di Nereto ma venne condannato per calunnia. Due notti fa, Bosco, originario della Sicilia, è stato assassinato da due barboni ad Arezzo. Si contendevano una tenda, ma lui è stato fatto fuori dal delirio della povertà.

Il giallo dei Masi è del 2005 ma è ancora irrisolto. Gli assassini sono sconosciuti e forse lo resteranno per sempre. Ma l'uomo che un giorno del 2006 si presentò dai carabinieri per autoaccusarsi dell'omicidio dell'avvocato Libero Masi e della moglie, Emanuela Cheli, commesso con un macete, ha fatto una fine altrettanto orribile. Sei anni fa, Bosco venne arrestato dai carabinieri di Teramo. All'epoca abitava, da almeno dieci anni, a Nereto. Ma dal centro vibratiano, dopo la condanna per calunnia, si era trasferito. Era il 2009, l’ex collaboratore di giustizia trovò rifugio prima a Bibbiena e poi a Castiglion Fibocchi, il paese del gran maestro della P2, Licio Gelli.

Non aveva casa né un lavoro. Viveva come un barbone in una tenda. E lì è stato preso a calci e pugni e finito a pietrate. Gli assassini sono stati subito scoperti. Sono un romeno di 35 anni e una pugliese di 45, Maria Marziliano, amica della vittima e accusata, nel recente passato, di tre incendi dolosi in città.

Il movente del delitto è la disperazione: l'uomo che si accusò del delitto dei Masi è stato assassinato per un posto nella tenda dove i due volevano trascorrere la notte.

Tutto è accaduto alle una e mezzo. I due si sono avvicinati chiedendo di essere ospitati nella tenda. Ma il no di Bosco li ha trasformati in belve. Torniamo a Teramo.

E’ il 2007 quando Massimo Bosco, dopo tre mesi di carcere, viene condannato a due anni e 10 mesi per calunnia. Raccontava che lui, come palo, ed altre due persone, avevano ammazzato i Masi. Era stato capace di descrivere anche molti particolari del delitto avvenuto il primo giugno del 2005 nella casa dell'avvocato di Nereto. Ma la procura non gli ha creduto: per gli investigatori era solo un millantatore animato da una incontrollabile voglia di protagonismo.

Proprio nel giorno della sua condanna, peraltro, accadde anche un altro episodio tragico: uno dei due personaggi, che Bosco aveva indicato come suoi complici dell’omicidio dell’avvocato neretese e della moglie, muore per overdose a Pescara. E’ una delle tanti inquietanti coincidenze di una storia iniziata con delitto borghese e finita sotto una tenda di disperati.(l.c.)

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