Sigilli a 29 case del sesso nel Teramano, indagati i proprietari

La procura ipotizza il favoreggiamento: sapevano quello che succedeva. In 23 sotto accusa tra Martinsicuro e Alba, ci sono anche gli intermediari

MARTINSICURO. I bagagli sul pianerottolo mentre un poliziotto chiude la porta di casa: è all’alba che le immagini raccontano la cronaca della maxi operazione con cui la procura teramana sequestra 29 appartamenti tra Villa Rosa, Martinsicuro e Alba Adriatica. «Case del sesso» dice l’accusa che mette insieme il codice penale e la legge Merlin per contestare ai proprietari degli alloggi non solo il favoreggiamento della prostituzione ma anche «l’aver dato in locazione appartamenti allo scopo dell’esercizio della prostituzione». Perchè, ed è questo il filo che lega sei mesi di indagini tra intercettazioni e pedinamenti, i proprietari sapevano quello che accadeva nelle loro case affittate e, rincara la procura, erano ormai parte integrante di quell’organizzazione che gestiva il mercato del sesso. Erano, sostiene l’accusa, i referenti degli intermediari a cui le ragazze, già prima di arrivare in Italia, si rivolgevano per trovare casa, per farsi ritrarre in pose destinate a finire sui giornali specializzati in annunci di prestazioni sessuali e su vari siti internet. I sequestri, chiesti dagli inquirenti e respinti dal gip Giovanni de Rensis, sono stati disposti dopo che il tribunale del Riesame (presidente Roberto Veneziano) ha accolto l’appello fatto dalla procura.

Ed è chiaro il procuratore Antonio Guerriero quando dice: «Un’operazione di questa vastità ha permesso di bloccare un traffico che stava diventato un rischio sociale ormai fuori controllo».

Sullo sfondo dell’indagine, firmata dal sostituto procuratore Stefano Giovagnoni e delegata alla squadra mobile diretta da Gennaro Capasso, si stagliano le proteste dei residenti, dei comitati di quartieri che, soprattutto nella zona di Villa Rosa, ormai da mesi stanno combattendo una battaglia sui rischi della sicurezza con esposti, denunce e filmati girati con telefoni cellulari e messi in rete. E’ evidente che l’operazione scattata all’alba di ieri vuole essere una prima risposta all’allarme della popolazione, ma anche un segnale nei confronti dei proprietari delle abitazioni.

Tra i 23 indagati, infatti, 10 sono i proprietari. Gli altri sono intermediari, ma c’è anche chi provvedeva a fare le foto e inserirle sui giornali o sui siti specializzati in questo genere di annunci, chi distribuiva i giornali in questione nelle aree di servizio e chi riforniva le ragazze di preservativi. Complessivamente sono state identificate 131 prostitute di varia nazionalità, tra cui nigeriane, ucraine, cinesi, brasiliane, spagnole e italiane. Per dieci di queste è scattato il provvedimento di espulsione perchè non in regola con il permesso di soggiorno. Secondo le accuse i clienti contattavano le ragazze non solo attraverso i numeri di telefono che erano pubblicizzati sulle riviste specializzate e su internet, ma anche attraverso il contributo di alcuni indagati che davano informazioni non solo sul tipo di prestazione fornita dalle ragazze ma anche sul come raggiungere la casa. Case in cui, sempre secondo l’accusa, si prostituivano in più persone. Le indagini, dopo il blitz di ieri mattina continuano, perchè, come ha detto il questore Giovanni Febo «l’intuizione investigativa ha consentito di portare allo scoperto un sistema ben organizzato e ramificato che potrebbe nascondere altro». L’obiettivo è quello di verificare il coinvolgimento di altre figure. Per circoscrivere ancora di più un fenomeno che, concludono investigatori e inquirenti «nel tempo aveva assunto dimensioni considerevoli e aveva creato notevole allarme sociale in realtà urbane in cui, accanto all’industria del turismo balneare, si era sviluppata anche quella del sesso a pagamento in grado di produrre lucrosi guadagni non solo per chi esercitava, ma soprattutto per coloro che la favorivano mettendo a disposizione gli appartamenti adibiti a case di prostituzione».

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