Sulla costa teramana oltre 3mila case invendute

Nell’ultimo anno in provincia si sono fermate più di 100 imprese e 38 sono fallite La Cgil: «Bloccata anche la costruzione di appartamenti, il settore è in ginocchio»

TERAMO. Edilizia, colonna portante dell’economia, soprattutto quella abruzzese. Colonna che sta crollando. Le cifre sono quelle che fanno accapponare la pelle. Le imprese attive iscritte alla Cassa edile nell’esercizio 2012 erano 717, più di cento in meno dell’anno prima (825). Crolla anche il numero di addetti, da 2.915 del 2011 a 2.551 del 2012. E sempre nel 2012 38 imprese edili sono fallite in una provincia, quella di Teramo, seconda in Italia per numero di fallimenti sul totale delle imprese.

Gli imprenditori cercano di salvarsi come possono. Se fino a qualche tempo fa era alto il ricorso ai falsi contratti part-time, adesso il nuovo contratto ha messo un freno, fissando la percentuale massima del 3% per questo contratto. Ma c’è stato dunque l’avvento delle partite Iva. «Muratori non più dipendenti, ma lavoratori autonomi», spiega Silvio Amicucci, segretario generale della Fillea Cgil, «e chi ha la partita Iva, essendo datore di lavoro di se stesso, non paga la Cassa edile (nata originariamente per pagare la 13esima e 14esima, ndr)».

D’altronde gli appalti pubblici sono bloccati, a causa del taglio dei finanziamenti pubblici ma anche per una burocrazia sempre più farraginosa. «E poi il patto di stabilità: i Comuni arrivano a marzo e dopo non possono più spendere, quindi le opere fatte dopo si pagano l'anno successivo. L'altro dramma è costituito dagli istituti di credito che non finanziano più. Il settore è dunque completamente fermo», aggiunge il sindacalista. .

Fino a qualche tempo fa reggeva almeno l’edilizia privata. Adesso è paralizzata anche quella. La Cgil stima che sulla costa teramana, da Martinsicuro a Silvi, ci siano 3.200 nuovi appartamenti invenduti. Che pesano sui bilanci delle imprese edili. «La crisi globale è scaturita dalla bolla immobiliare scoppiata negli Usa ma che ha travolto anche l'Italia», osserva Amicucci, «in passato si è costruito ben oltre le necessità e il mercato si è paralizzato. In passato i prezzi erano lievitati notevolmente, adesso stanno scendendo, ma non più di tanto. I seimila euro al metro quadro chiesti per stabili al centro di Teramo sono un pallido ricordo, tantopiù che il cittadino non riesce ad accedere al mutuo. C’è una gran disponibilità di case, ma paradossalmente abbiamo anche un forte disagio abitativo. Troppe famiglie sono senza casa: fu un errore abolire dalle buste paga il contributo Gescal per la costruzione nuove case popolari da destinare alle famiglie meno abbienti».

Bloccata l’edilizia, si bloccano anche i 32 settori collegati, dai laterizi, al cemento, al ferro. «Due settori su cui si basa il sistema produttivo teramano, il legno e i manufatti in cemento sono al collasso e gli ammortizzatori sociali stanno finendo. Sono partiti i processi di licenziamento, che stanno comportando un crollo del Pil locale notevolissimo», aggiunge il sindacalista che ricorda alcune aziende un tempo fiorenti ora chiuse, dalla Full Mobili e Novelli Legno di Martinsicuro, alla Piramide di Sant'Atto. «Ma ce ne sono tante altre in agonia: stanno chiudendo fabbriche avevano più di 200 milioni di euro di fatturato».

Il sindacalista suggerisce interventi che si potrebbero fare subito, per ridare respiro al settore. « Si deve andare verso la green economy anche nel settore delle costruzioni, dal fotovoltaico alle finestre termiche alle costruzioni atermiche. E poi puntare sulla riqualificazione dei quartieri, non si deve aspettare Bruxelles, lo decidono i Comuni. Così per le fognature, le cui cattive condizioni si riverberano sul turismo, bloccando un altro motore della nostra economia: lo vediamo ogni estate».

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