Teramo, discarica crollata: oggi la sentenza per Chiodi

25 Giugno 2013

Il governatore rischia un anno e 4 mesi insieme a politici e dirigenti regionali. Imputati anche Ruffini, D’Agostino e Sperandio, ma il pm li vuole assolti

TERAMO. Si conclude oggi il processo a undici amministratori e funzionari pubblici, su tutti il presidente della Regione Gianni Chiodi. E’ il giorno della sentenza, e quindi della verità, sul crollo della discarica La Torre. Quantomeno, oggi sapremo la verità giudiziaria. Perché un’altra verità già c’è, ed è l’oggettivo disastro avvenuto il 16 febbraio del 2006 in una oscura contrada a un tiro di schioppo da Teramo. E’ evidente che l’implosione – costata milioni di euro pubblici – di quella che era da anni la discarica del Comune non è stata un evento naturale. E’ evidente, ed è emerso chiaramente nel lungo processo che vedrà oggi la parola fine, che quell’impianto ha avuto una gestione quantomeno discutibile fin dall’inizio e che, un po’ per scelta un po’ per necessità, si è continuato a inzepparlo di rifiuti anche quando la sua capienza si era esaurita. Ma tra queste considerazioni e una condanna penale, ovvero una sentenza che sancisca che alla base di quel pur grave episodio c’è stato un reato, passa una distanza tutt’altro che infinitesimale.

Di certo c’è che stamattina il giudice Domenico Canosa dichiarerà chiuso il dibattimento – non ci sarà, salvo sorprese, la controreplica del pm alle arringhe difensive – e si ritirerà in camera di consiglio per scrivere la sentenza. La sorte di sei degli undici imputati è già segnata: saranno assolti – così chiede lo stesso pubblico ministero – perché i reati di cui erano accusati sono prescritti. Sarà assoluzione, dunque, per l’ex sindaco Angelo Sperandio, gli ex presidenti della Provincia Claudio Ruffini e Ernino D’Agostino, l’ex dirigente della Provincia Ferdinando Di Sanza e le dirigenti dell’Arta Maria Pia Gramenzi e Maria Daniela Marcozzi Rozzi. Per cinque imputati, invece, il pm Stefano Giovagnoni ha chiesto un anno e quattro mesi per crollo colposo (l’unico reato che non si è prescritto). A fronteggiare questa richiesta sono, oltre a Gianni Chiodi nella sua qualità di ex sindaco di Teramo: l’ex vice sindaco Berardo Rabbuffo, attuale consigliere regionale; il dirigente del Comune di Teramo Nicola D’Antonio, all’epoca responsabile della discarica; l’attuale dirigente regionale del settore rifiuti Franco Gerardini, già sindaco di Giulianova e deputato; l’ex dirigente regionale dello stesso settore Massimo Di Giacinto, già sindaco di Valle Castellana.

Lo scorso 14 maggio, nella sua requisitoria, il pm Giovagnoni parlò di un «disastro annunciato» al quale concorsero amministratori e tecnici. Lo fecero – secondo lui – ignorando, per convenienza politica o proprio interesse, i segnali inquietanti che arrivavano dalla discarica La Torre. Uno su tutti l’evento franoso dell’aprile 2005, definito il «segnale premonitore» di quello che stava per accadere. Dall’altra parte, i difensori dei dirigenti regionali hanno evidenziato come i loro assistiti agissero sulla base di pareri tecnici altrui, nessuno dei quali li aveva messi in allarme; quelli di Rabbuffo hanno sostenuto che un amministratore di nomina politica può vigilare dal punto di vista formale e non sostanziale; quelli di Chiodi e D’Antonio hanno cercato di smontare la sussistenza giuridica del reato, sostenendo che a La Torre non c’è stato alcun disastro penalmente rilevante perché «non ci fu danno o pericolo per la pubblica incolumità di un numero indeterminato di persone», come recita la Cassazione definendo il concetto di disastro. L’ultima parola, oggi, al giudice Canosa.

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