Pesca, l’80% delle cozze è morto «Settore in ginocchio, aiutateci»

27 Agosto 2024

Mucillagine e riscaldamento delle acque marine fanno saltare la produzione dei mitili per due anni Di Pietro (Op Acquacoltori): situazione desolante, subito interventi a sostegno della nostra categoria

VASTO. Storia, tradizione, decenni di lavoro al largo della costa. L'estate 2024 ha distrutto tutto: la mucillagine e il riscaldamento delle acque marine hanno messo in ginocchio i tre impianti di molluschicoltura al largo della costa vastese. «Anche questa mattina (ieri, ndc) abbiamo raggiunto il vivaio e abbiamo trovato una situazione desolante», racconta Maurizio Di Pietro, titolare dell'omonimo impianto nonché presidente dell'Organizzazione di produttori (Op) Acquacoltori della Costa dei Trabocchi. Nell'issare le coltivazioni hanno scoperto che l'80% delle cozze era morto. Qualche giorno fa l'imprenditore e gli operatori del settore di tutta la Costa dei trabocchi avevano avuto un primo incontro con il vicepresidente della giunta e assessore regionale Emanuele Imprudente. Nei prossimi giorni è in programma un secondo incontro.
La situazione è drammatica per il comprensorio Vastese. Alla crisi economica e alla frenata del settore auto, si aggiunge ora un flagello che ha colpito il settore ittico. Le ondate di calore marino e le mucillagini hanno alterato profondamente l’ecosistema, mettendo a rischio la sopravvivenza delle specie autoctone. Alcune specie sono già scomparse dall’Adriatico, mentre altre sono state sostituite da specie più resistenti al caldo. La ricomparsa della mucillagine ha creato altri problemi. «È necessario», dice Di Pietro, «individuare possibili interventi a sostegno degli operatori». Sono almeno 50 gli operatori che perderanno il lavoro a causa della moria di cozze. «Tutto ciò che avevamo», dice Di Pietro, «è stato raccolto morto. Questi vivai producevano circa 25 quintali di cozze l'anno. Non c'è più nulla, neppure la semina per il 2025. Un danno enorme», spiega Di Pietro. «Abbiamo perso 7.000 quintali di mitili già adulti e circa l'80% del novellame che corrisponde a 10.000 quintali. Una volta cresciuto, il novellame avrebbe prodotto 25mila quintali di mitili. La cosa più triste è che perdendo il seme la raccolta dei prodotti per il commercio non avverrà prima di due anni. Dovremo ripartire da zero sperando che le condizioni climatiche non vanifichino anche il prodotto futuro».
I miticoltori sono disperati. Il problema non riguarda solo Vasto e l'Abruzzo ma l'intero Adriatico. Le temperature elevate delle acque marine hanno provocato l’anossia, ossia l’assenza di ossigeno nei tessuti dei mitili. «Abbiamo chiesto il riconoscimento dello stato di calamità», fa sapere Maurizio Di Pietro. «La speranza è che grazie gli enti preposti e le istituzioni, ai vari livelli, ci vengano incontro e riconoscano il dramma che la categoria sta vivendo». Gli operatori sperano di avere indennizzi o la rateizzazione degli importi dovuti al fisco e agli enti previdenziali almeno per i prossimi due anni.
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