Abruzzo, in dieci anni spariti oltre 10mila artigiani: gli idraulici a rischio estinzione

Lavoro, la nostra regione è terza in Italia per chiusure. Sempre meno elettricisti, falegnami e meccanici: crollano le imprese legate alla manualità
PESCARA. Nel 2014, in Abruzzo, c’erano più di 40mila imprese artigiane: erano 40.115 gli idraulici, gli elettricisti, i falegnami, i meccanici, i calzolai. Dieci anni dopo, il settore mostra i segni di una crisi che sembra irreversibile: nel 2024, le ditte artigiane sono diventate meno di 30mila (29.380). In questo periodo, l’Abruzzo ha perso 10.735 piccole imprese: quasi una ditta su tre ha chiuso i battenti (meno 26,8%). I dati abruzzesi sono tra i peggiori d’Italia nonostante il boom del benessere con un aumento di parrucchieri, estetisti e tatuatori: peggio del crollo che si registra in Abruzzo, soltanto nelle Marche con quasi 20mila imprese scomparse (meno 28,1%) e in Umbria con 8.306 aziende chiuse (meno 26,9%). Un declino che non si arresta: in appena un anno, tra il 2023 e il 2024, in Abruzzo sono sparite 1.350 aziende (meno 4,4%). È Pescara la provincia con il tasso di chiusura più alto: meno 5% con 339 ditte scomparse in un anno.
TUTTA L’ITALIA, TUTTA L’ITALIA Il crollo delle imprese artigiane è una tendenza nazionale che non risparmia l’Abruzzo: negli ultimi 10 anni il numero degli artigiani presenti in Italia ha subito un crollo verticale di quasi 400mila unità. Se nel 2014 ne contavamo 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni (meno 22%). «Possiamo affermare con grande preoccupazione che, in due lustri, quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna», dice un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha elaborato i dati dell’Inps e, per quanto concerne il numero delle imprese artigiane attive, di Infocamere/Movimprese. «Anche nell’ultimo anno», dice lo studio, «la contrazione è stata importante: tra il 2024 e il 2023 il numero è sceso di 72mila unità (meno 5%). La riduzione ha interessato tutte le regioni d’Italia, nessuna esclusa». E l’Abruzzo è sul podio con le sue oltre 10mila imprese chiuse.
A RISCHIO ESTINZIONE Secondo la ricerca della Cgia, nei prossimi anni, andrà anche peggio: «A seguito del progressivo invecchiamento della popolazione artigiana e la corrispondente contrazione dei giovani che si avvicinano a questi mestieri, anche a seguito del calo demografico, è molto probabile che entro un decennio reperire sul mercato un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo sarà un’operazione difficilissima». Se già oggi, quando si rompe una tapparella, il rubinetto del bagno perde acqua o dobbiamo sostituire l’antenna della tv trovare un professionista del settore è difficile, figuriamoci tra qualche anno.
«GIOVANI LONTANI» «Negli ultimi decenni», spiega la Cgia, «tante professioni ad alta intensità manuale hanno subito una svalutazione culturale; questo processo ha allontanato molti ragazzi dal mondo dell’artigianato. Il tratto del profondo cambiamento avvenuto, ad esempio, è riscontrabile dal risultato che emerge dalla comparazione tra il numero di avvocati e di idraulici presenti nel nostro Paese. Se i primi sono poco più di 233mila unità, si stima che i secondi siano “solo” 165mila». Ma se l’artigianato perde appeal, dice la Cgia, «una parte della “responsabilità”, comunque, è ascrivibile anche ai consumatori che in questi ultimi tempi hanno cambiato radicalmente il modo di fare gli acquisti, sposando la cultura dell’usa e getta, preferendo il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio».
IN CONTROTENDENZA Non tutti i settori artigiani, però, hanno subito la crisi: «Quelli del benessere e dell’informatica presentano dati in controtendenza», precisa lo studio, «nel primo si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i videomaker e gli esperti in social media. Va altrettanto bene anche il comparto dell’alimentare, con risultati significativamente positivi per le gelaterie, le gastronomie e le pizzerie per asporto ubicate, in particolare, nelle città ad alta vocazione turistica».
CROLLO A PESCARA Nell’ultimo anno, a Pescara gli artigiani sono passati da 6.808 a 6.469: meno 339 imprese (meno 5%) che vale un 38° posto in Italia. Stessa situazione nelle altre province: all’Aquila da 6.978 a 6.675 (meno 303, meno 4,3%, 64°), a Chieti da 8.587 a 8.228 (meno 359, meno 4,2%, 69°) e Teramo da 8.357 a 8.008 (meno 349, meno 4,2%, 70°).
«REDDITO DI GESTIONE» «I piccoli negozi e le botteghe artigiane giocano un ruolo fondamentale nei centri storici, nelle piccole comunità e nei borghi, contribuendo all’identità culturale, all’economia locale e al mantenimento del patrimonio storico», dice la Cgia che lancia la proposta: «Sarebbe opportuno introdurre per legge un “reddito di gestione delle botteghe commerciali e artigiane” per chi (giovane o meno) gestisce o apre una attività, compatibile con la residenzialità, nei centri minori (fino a 10mila abitanti)».
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