Appalti e terremoto, Barattelli: "Ci cercarono loro. Ora ci sciogliamo"

Il capo del consorzio con dentro gli indagati di Firenze si dice "avvilito" dopo la lettura delle intercettazioni telefoniche che riguardano i suoi partner. E annuncia che il consorzio sarà sciolto: "già nel dicembre scorso - dice - il direttore tecnico-consigliere si era dimesso. Btp ha deciso di procedere da sola"

L’AQUILA. «Ci hanno cercato loro. Ma adesso, forse, il consorzio lo sciogliamo». Ettore Barattelli, vicepresidente dell’Ance dell’Aquila e capo del consorzio Federico II, formato dalla toscana Btp (i cui vertici sono coinvolti nell’inchiesta su appalti e corruzione) e da tre imprese aquilane, si dice «avvilito» dopo la lettura delle intercettazioni telefoniche che riguardano i suoi partner indagati. Barattelli annuncia anche che il consorzio sarà sciolto in quanto «già a dicembre scorso il direttore tecnico-consigliere si era dimesso. Btp ha deciso di procedere da sola».

Presidente, come si sta a capo di un consorzio di aquilani che è stato il cavallo di Troia, nella ricostruzione dell’Aquila, per imprenditori indagati?
«Sono un po’ avvilito. Anzi, molto amareggiato. Io Piscicelli, quello che rideva, non lo conosco. Non l’ho mai incontrato. Con noi non lavora e non mi risulta, al momento, che lavori neanche all’Aquila. Anche noi abbiamo avuto dei lutti nel sisma. Abbiamo perso amici e persone care. Non siamo tra quelli che ridevano».

Ma gli imprenditori della Btp li conosce, i Fusi, i Di Nardo. Quando e come vi siete incontrati e messi insieme per affari?
«Ci hanno cercato loro. Siamo stati contattati dopo il terremoto. Prima di allora non ci eravamo mai visti. Sa, nell’ambiente la ditta è conosciuta, è uno dei colossi italiani delle costruzioni. La richiesta è stata questa: mettetevi in contatto con noi perché vogliamo lavorare là. Ma quest’associazione non ha prodotto nulla».

Come nulla? E i 7,3 milioni per la scuola Carducci? E i soldi, pubblici e privati, per i puntellamenti?
«Sì, anche su questo va fatta una precisazione. L’appalto è stato aggiudicato da un’associazione temporanea d’impresa. Non figura il consorzio come capofila. Di quella scuola abbiamo avuto il 20 per cento. È l’unico lavoro fatto. Gli altri niente».

Come niente? Avete perso le gare?
«Sì, le abbiamo perse. Si puntava al progetto Case, ma non si è partecipato. Ai Map, invece, si è partecipato e perso».

Sapevate che questi partner erano indagati nell’inchiesta fiorentina sulla corruzione?
«Assolutamente no. E come avremmo potuto saperlo? Noi ci siamo fidati delle loro credenziali, che erano ottime. Le carte in regola ci hanno convinto e abbiamo accettato una sinergia che, poi, si è tradotta in un nulla di fatto, tanto che il consorzio, forse, verrà sciolto».

Sciolto, dopo neanche un anno dalla nascita? Per quali motivi?
«Ma già a dicembre il direttore tecnico Liborio Fracassi (il geometra di Avezzano referente dell’indagato Fusi) si era dimesso. Le loro strategie erano diverse dalle nostre. Il gruppo toscano è rimasto un po’ deluso a causa dell’inoperatività rispetto alle attese».

Chi ha deciso di scioglierlo?
«Loro ci hanno detto di voler andare avanti da soli».

Lei fa parte del consiglio d’amministrazione della Carispaq. Lo stesso istituto ha erogato soldi, 1,3 milioni, al consorzio da lei presieduto, per messa in sicurezza e recupero di opere d’arte. Pensa di dimettersi dal cda della banca?
«Non vedo perché dovrei farlo. Non c’è alcun conflitto d’interessi».