Bollicine abruzzesi: a che punto siamo?

14 Febbraio 2025

Gli spumanti sono realizzati con vitigni autoctoni come Pecorino, Passerina e Montepulciano d’Abruzzo per il rosé, con il metodo italiano/charmat

PESCARA. Colgo l’occasione del Wine Paris 2025 (la fiera del vino appena conclusa a Parigi) e dell’avvio della stagione delle prossime fiere internazionali più importanti del settore enologico (Prowein in Germania, Vinitaly a Verona e London Wine Fair) per cogliere alcuni aspetti locali e fare alcune riflessioni. Nelle fiere, com’è giusto che sia, tutti i produttori abruzzesi si schierano orgogliosamente per promuovere i loro vini. D’altronde, nel terzo trimestre 2024 l’export del vino abruzzese ha registrato una crescita record, con un aumento di 27 milioni di euro. Un risultato che conferma il ruolo trainante del settore vitivinicolo per l’economia regionale e la sua capacità di competere sui mercati internazionali.

Ma quali saranno le sfide per il 2025? In primis per produttori e vignaioli l’incertezza dei dazi degli Usa, che rappresenta un vero e proprio spauracchio e, ancora, i cambiamenti nei trend di crescita del settore vitivinicolo mondiale da studiare attentamente al fine di produrre vini e spumanti in linea con le esigenze dei consumatori.

Dati di mercato alla mano (fonti: Wine Meridian/Osservatorio del vino Uiv-Ismea) mostrano come i consumatori stessi siano molto cambiati rispetto al passato: sia per le abitudini di consumo, calano quelli quotidiani e aumentano quelli occasionali, sia nei confronti della sostenibilità e della salute, vedi i vini no alcol. Emerge una crescita delle bollicine e dei vini bianchi che appassiona anche i più giovani, soprattutto, nei momenti occasionali e di consumo collettivo. Anche a fine 2024 è stata confermata la tendenza positiva degli spumanti italiani con il record di 1 miliardo di bottiglie prodotte nell’anno, all’interno del quale gli spumanti Doc e Docg dominano il mercato, rappresentando l’80% dell’imbottigliato, in vetta il Prosecco Doc. I consumi esteri crescono (+9%) grazie al Prosecco e alla tendenza Spritz, mentre in Italia viene censito un aumento più contenuto (+2%).

Ma in Abruzzo a che punto siamo? A meno di due anni dall’apertura di Vinco, la prima cooperativa spumantistica d’Abruzzo, realizzata grazie ad un “progetto di filiera” cofinanziato dalla Regione, partito nel 2017, che coinvolge dieci realtà cooperative, un investimento di 11 milioni di euro e l’avvio produttivo ad ottobre 2023, si possono già contare all’attivo circa 2 milioni di bottiglie di spumante prodotte, di cui 250mila “Trabocco” spumante d’Abruzzo Doc, il marchio collettivo del Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo che identifica gli spumanti prodotti con uve locali e imbottigliati in Abruzzo da filiera corta.

Le bollicine sono realizzate spumantizzando vitigni autoctoni come Pecorino, Passerina e Montepulciano d’Abruzzo per il rosé, con il metodo Italiano/Charmat (per intenderci quello con cui si producono gli spumanti Prosecco) e vendute in Italia. Un risultato incoraggiante anche se c’è ancora molta strada da fare e le potenzialità di sviluppo sono per lo più inespresse e non misurabili, soprattutto, perché nelle mani di tutti i produttori locali che vorranno cimentarsi nella spumantizzazione.

Ricordo l’apprezzamento sulle bollicine abruzzesi espresso anche da esperti e critici del settore stesso attraverso i numerosi riconoscimenti ricevuti, come ad esempio i punteggi ricevuti da “Falstaff Sparkling Special”, l’edizione dedicata alle eccellenze della produzione spumantistica mondiale edita dalla rivista di settore internazionale Falstaff, 5StarWines - The Book, guida internazionale sui vini italiani proposta da Vinitaly e le guide italiane come BereBene, del Gambero Rosso, “I Migliori Vini Italiani”, di Luca Maroni e Vitae, dell’Associazione nazionale Sommelier Italiani. Come già successo in altre zone d’Italia, la spumantizzazione dei vitigni autoctoni può rappresentare un volano, una nuova prospettiva per il futuro della viticoltura regionale ma allo stesso tempo è una vera e propria sfida per tutto il sistema vitivinicolo abruzzese, storicamente legato alle produzioni di vini Doc fermi come Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo. L’opportunità di produrre spumanti Doc, valorizzando le uve locali, favorisce (dovrebbe favorire) sia la differenziazione delle produzioni e la riconoscibilità delle stesse, sia creazione di un legame profondo con il territorio.

È evidente che l’Abruzzo ha in questo campo già molti punti di forza: innanzitutto le uve autoctone, naturalmente predisposte per la produzione di bollicine, la “Doc Abruzzo”, nata per tutelare e valorizzare i principali vitigni regionali, ha tra le varie tipologie quella dello spumante con il riconoscimento del territorio a garanzia della qualità, tipicità e origine dei vini e definendo anche l’imbottigliamento in regione. Gli esperti sono d’accordo nel ritenere la Doc importante perché racconta un territorio, dice quali vitigni utilizzare per produrre uno spumante e come farlo. E in aggiunta, il marchio collettivo Trabocco secondo il progetto per cui è nato, identifica ulteriormente la categoria degli spumanti prodotti, sempre da uve autoctone, con metodo charmat e imbottigliati in regione.

Insomma, le uve ci sono, la tutela anche, la qualità è già riconosciuta, la realtà produttiva è pronta. A tirare le somme si può ben sperare per un futuro radioso delle bollicine abruzzesi. Ma solo quando si affacceranno nei mercati internazionali dove, sicuramente, faranno la differenza due aspetti fondamentali: la promozione e il gioco di squadra di tutti i produttori abruzzesi.

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