«Cane legato a una catena corta», maxi multa con la Legge Brambilla

In vigore dal 1° luglio, a Chieti una delle primissime sanzioni in Italia: mille euro al proprietario. La parlamentare sul blitz della polizia locale: «Gli animali hanno diritti, il tempo dell’impunità è finito»
CHIETI. Scatta in Abruzzo una delle primissime maxi multe introdotte dalla Legge Brambilla per punire chi uccide o maltratta gli animali. Il caso riguarda un cittadino di Chieti che si è visto infliggere una sanzione da mille euro «per aver tenuto un cane legato a una corta catena, insufficiente a consentirne il movimento, una situazione che gli provocava sofferenza ed era incompatibile con le sue esigenze etologiche».
Nei confronti dell’uomo è stato applicato l’articolo 10 della Legge Brambilla: dispone il divieto di tenere animali di affezione legati con catena o simili, salvo per ragioni sanitarie o di sicurezza. La sanzione va da 500 a 5.000 euro.
A segnalare l’operazione della polizia locale della città è stata la stessa Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana difesa animali e ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente.
«La multa comminata dai vigili urbani di Chieti al proprietario di un cane tenuto a catena è solo l’ultimo dei moltissimi casi di applicazione della Legge Brambilla, in tutta Italia» afferma la parlamentare «si tratta di una grande rivoluzione non solo del quadro sanzionatorio ma anche a livello culturale: gli animali diventano portatori di diritti, tutelati in via diretta, si pone termine a questa usanza barbara, troppo a lungo tollerata. Il tempo dell’impunità è finito». E sulla vicenda di Chieti prosegue: «Gli agenti della polizia locale sono intervenuti su segnalazione di alcuni cittadini e si sono accorti che l’uomo teneva il povero cane, in una zona rurale del capoluogo teatino, legato a una catena molto corta. Da tutta Italia» continua la presidente di Leidaa «ci arrivano segnalazioni dell’applicazione della norma: una delle ultime, in ordine cronologico, arriva dalla provincia di Venezia dove le guardie zoofile della nostra Leidaa hanno elevato una sanzione amministrativa. Anche in quel caso il povero animale era custodito con un mezzo equivalente alla catena e, per tale ragione, soffriva terribilmente. Tenere il cane alla catena è una pratica anacronistica che con la legge Brambilla è sanzionata in quanto tale, con un’ammenda che può arrivare a 5mila euro, indipendentemente dal fatto che provochi lesioni all’animale. In quel caso, infatti, si potranno configurare anche i reati di maltrattamento o di detenzione in condizioni incompatibili. Particolarmente rilevante, nel contestare il nuovo illecito amministrativo, il ruolo dei corpi e degli enti più strettamente legati al territorio: le guardie zoofile, i corpi di polizia municipale, le Asl e i Comuni, ai quali spetta anche il compito di incassare le somme pagate a titolo di sanzione».
La nuova legge in vigore il 1° luglio scorso contiene “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali”. Quindici articoli in tutto che inaspriscono le pene; ampliano l’applicabilità delle fattispecie penali esistenti e ne introducono di nuove insieme a delle aggravanti. Entrano nel novero della punibilità anche alcuni delitti commessi per colpa. Passibili di sanzioni anche gli enti coinvolti nei reati. Chi uccide un animale rischia fino a quattro anni di carcere e 60mila euro di multa sempre abbinata. Chi li maltratta fino a 2 anni di carcere e 30mila euro di multa sempre abbinata con aggravanti generiche che aumentano anche di un terzo la pena, se il fatto è commesso innanzi a minori o diffuso in rete.
L’articolo 6 interviene anche sul sequestro e la confisca di animali oggetto di reato. Viene introdotto l’articolo che consente l’affido definitivo degli animali sequestrati; si prevede una cauzione obbligatoria per chi riceve l’animale e anche l’applicazione di misure di prevenzione antimafia per i recidivi abituali.
L’articolo 4 introduce il divieto di combattimento tra animali.