Cavour, il conte dell'Unità

27 Gennaio 2011

Un moderato con grande entusiasmo per il progresso

Iniziamo oggi la pubblicazione di servizi, articoli, interviste, sui 150 anni dell'Unità d'Italia e sul Risorgimento. Partiamo con un ritratto dedicato a Cavour, primo presidente del Consiglio dello Stato unitari. Ne parla, nell'intervista che segue, Francesco Sanvitale, musicologo e storico, che ha in uscita per la Edt di Torino il volume «L'altra faccia del mito. Il Risorgimento, Garibaldi e la musica».

«Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, nobile dei marchesi di Cavour, conte di Callarengo e di Isolabella, iniziò i suoi studi nella Regia Accademia Militare di Torino, divenendo ufficiale del Genio nel 1827. Parallelamente alla carriera militare si dedicò agli studi più disparati approfondendo quelli di filosofia, politica, economia, agricoltura e scienze politiche. Elemento di grande rilievo in questi anni di formazione fu l'abitudine di viaggiare, specialmente nei paesi più sviluppati d'Europa, come Francia e Gran Bretagna. Fu nominato a 22 anni sindaco di Grinzane, ricoprendo tale incarico per 16 anni. L'anno precedente aveva lasciato l'esercito in aperta avversione per la feroce repressione dei moti risorgimentali del '31».

In questi anni di formazione che tipo di credo politico si andò determinando nel giovane e intraprendente aristocratico piemontese? E si può affermare che questa vasta preparazione su numerosi fronti contribuì alle sue fortune politiche?
«E' fuor di dubbio che tale poliedrica personalità e le vaste conoscenze vissute in prima persona ebbero un ruolo non secondario nella sua preparazione di cittadino e di protagonista della vita politica europea per oltre un decennio. Nel 1847 si avviò con la creazione del periodico Risorgimento. La sua natura di moderato lo portò ad apprezzare lo Statuto Albertino, che invece i circoli più liberali ritenevano inadeguato ad una nazione modernamente democratica. Ma il suo "moderatismo" era fortemente pervaso da un grande entusiasmo per il progresso; forte fu pure l'anticlericalismo che più di una volta lo mise in crisi politicamente avendo contro le alte gerarchie della Chiesa, ma anche personaggi come don Bosco».

Avrà avuto anche qualche difetto?
«Certo, tra questi gli viene attribuito quello di essere l'inventore del "trasformismo parlamentare e politico", che lo vide più volte organizzare maggioranze eterogenee e consolidare patti tra avverse parti politiche per il raggiungimento dei propri obiettivi politici e non di rado di quelli personali. Nel 1849 entrò nel Parlamento Subalpino e via via il suo prestigio politico andò crescendo di pari passo con la sua abilità nel mondo economico e finanziario, specie quando ebbe un ruolo fondamentale nella fusione della Banca di Genova e della nascente Banca di Torino nella Banca Nazionale degli Stati Sardi, che costituì il nucleo della futura Banca d'Italia».

Qual è a questo punto il percorso politico di Cavour?
«Guadagnata alla sua parte politica moderata la leadership governativa, Cavour si spese con tutte le sue forze al raggiungimento di alcuni scopi fondamentali. Tra essi quello di separare il Piemonte dal fronte cattolico-reazionario che imperava nel resto d'Italia. Importantissimo il suo impegno per svecchiare l'agricoltura (come aveva con enormi vantaggi sperimentato nei suoi possedimenti), l'industria, di adeguare le vie di comunicazione».

Sindaco a 22 anni fu precoce anche come ministro.
«Effettivamente bruciò tutte le tappe: nel 1850 fu ministro dell'Agricoltura, subito dopo aggiunse a questo dicastero quello delle Finanze fino al 1852. Senza dubbio la qualità e quantità dei risultati delle sua azioni di governo e la consapevolezza di essere sicuramente la mente più lucida e brillante del panorama politico del Regno, lo spinsero ad assumere il massimo incarico di presidente del Consiglio. Per raggiungere l'obiettivo, con la sua abilità trasformistica, iniziò a stabilire dei contatti con il centro-sinistra di Urbano Rattazzi, che viene ricordato come il "connubio": una sorta di "compromesso storico" ante litteram, anche se dobbiamo sottolineare che i concetti di destra, sinistra e centro di quel Parlamento e poi anche di quello unitario erano ben diversi da quelli dei nostri tempi. Il "connubio" permise a Rattazzi, con i voti di Cavour, di ottenere la presidenza della Camera, e dopo una breve parentesi di un gabinetto retto da Luigi Cibrario, il 4 novembre ebbe l'incarico di primo ministro con una forte maggioranza parlamentare. L'inizio del suo premierato fu caratterizzato dal dover fare i conti con una crescente affermazione del repubblicanesimo di Mazzini, che nel 1853 aveva favorito una sommossa contro gli austriaci a Milano. Cavour per timore che la rivolta si allargasse al Piemonte incarcerò numerosi mazziniani tra cui Francesco Crispi. Ma ormai non aveva ostacoli: nel 1855 assunse l'incarico di ministro degli Esteri, di qui la guerra di Crimea, l'alleanza con la Francia di Napoleone III, la seconda guerra d'Indipendenza, fino al 1859. Quindi una grande crisi con il re Vittorio lo portò alle dimissioni, per riprendere la guida del governo nel 1860 e tenerla, dopo essere diventato primo ministro dell'Italia unita, fino alla morte».

Quali possono considerarsi alcuni dei momenti salienti, in positivo o in negativo della sua azione politica?
«Per prima cosa ricorderei il drammatico, feroce scontro con Vittorio Emanuele II all'indomani dell'armistizio di Villafranca, firmato l'11 luglio 1859 con gli austriaci e del quale il re, in accordo con Napoleone III, lo aveva tenuto all'oscuro. In quell'occasione pare che dicesse al sovrano: "In questo momento io sono il re!". E il 13 luglio si dimise. O quando, impassibile, subì a sua volta un violentissimo attacco da Garibaldi in Parlamento che gli rimproverava di aver ceduto Nizza, la sua città, mentre lui portava in dono al Regno di Sardegna quello delle Due Sicilie: Cavour, forse già ammalato, ebbe un grave malore. Negli anni del suo premierato non fu immune da un male diffuso in molte nazioni europee: quello di commettere scorrettezze nel manipolare l'elezione e la condotta dei deputati con forti ingerenze governative. Vale anche la pena di ricordare il rapporto con Giuseppe Verdi, che considerò Cavour il suo punto di riferimento costante nella pur breve esperienza parlamentare condivisa: il musicista, alla scomparsa di chi tanto fortemente lo aveva voluto in Parlamento, piombò in una costernazione per la quale si allontanò progressivamente dalla vita politica dimettendosi prima che terminasse la legislatura. E poi l'estenuante doppiogiochismo contro l'Impresa dei Mille, salvo poi a condurre ogni azione per minimizzare il ruolo dei garibaldini e muovere ogni pedina per guadagnare a Vittorio Emanuele un ruolo vittorioso. Ma Cavour ebbe un ruolo da protagonista nell'Europa del tempo, ben più rilevante dell'incarico di primo ministro del Regno di Sardegna: un prestigio personale che lo fece essere alla pari, e in alcuni casi superiore, ai più potenti uomini politici contemporanei».

Ma com'era Cavour, come uomo? Quali furono le sue amicizie, i rapporti umani, quelli sentimentali?
«Il conte fu un epicureo da antologia: amò la buona tavola, il gioco e le donne, e tutto con grande intensità. Il suo studio a palazzo Carignano a Torino era al primo piano proprio su piazza Carignano dove sorgeva (ed è ancora attivo) il miglior ristorante piemontese di tutti i tempi: il Cambio. Si racconta che Cavour lo scrutasse dalla finestra e quando lo vedeva vuoto e tranquillo si precipitasse per occupare il suo tavolo. Era poi assiduo frequentatore di due caffè tuttora esistenti, Il caffè Bicerin in piazza della Consolata, e quello Fiorio in via Po. Nemmeno i suoi pasti casalinghi erano trascurati e modesti».

Amava anche le carte?
«Il gioco, cui dedicò tempo e risorse nei primi anni della giovinezza, fu una pericolosa mania, fonte di debiti cospicui, dai quali lo salvò sempre suo padre Michele marchese di Cavour, che fu anche il più affettuoso con lui in famiglia fino alla partenza per l'accademia militare, dove il carattere ribelle e le dure punizioni segnarono con una costante vena di malinconia il suo carattere di ragazzo esuberante e gioviale».

Si pensa a Cavour come a un burbero politico e invece era un gaudente.
«Sulle donne il capitolo è lungo e forse per qualcuno un po' una rivelazione. Come ha scritto Annabella Cabiati nel suo Cavour uscito nel 2010 in occasione del bicentenario della nascita dello statista: "Fece l'Italia, visse con ragione, amò con passione". E la terza affermazione è quanto mai vera per il numero di donne che subirono, ricambiate, il fascino della sua carismatica personalità. Da giovane peraltro era un bel ragazzo, come testimonia un ritratto dei primi anni d'accademia. La prima storia importante e con un tragico epilogo è con la marchesa Anna Schiaffino Giustiniani. Cavour di prima nomina a Genova ne frequenta la casa dove la nobildonna ha aperto un salotto per uscire dal triste menage con un uomo che non ama. All'inizio è pura amicizia, poi i moti del '31 e la partenza di Cavour che vi è coinvolto, accendono la miccia. La Giustiniani non fa mistero del suo amore e appena torna Cavour a Genova divampa la passione, tanto che il marchese Stefano Giustiniani fa in modo che i due non si vedano più. Cavour è comunque già stanco della relazione perché innamorato di un'altra. Dopo anni di sofferenze, ormai uscita di senno per questo amore finito, la povera Anna si suicida gettandosi dalle finestre di un piccolo appartamento dove il marito l'ha ormai relegata. Fu poi la volta di Clementina Guasco di Castelletto, che pare fosse la rivale della Schiaffino; quindi molte altre ancora, la maggior parte, come le due ricordate, già sposate: come Emilia Gazelli Pollone, amore molto contrastato dal marito di lei e Cavour le lascia a sbrogliarsela con le gelosie coniugali, consolandosi con la parigina Melanie Waldor, celebre poetessa, che racconterà la loro vicenda nel suo romanzo Alphonse e Juliette»

Ma non si fermò qui.
«No, perché in seguito ci fu Hortensie de Meritiens, avvezza a più d'una relazione in contemporanea, che Cavour ama traendone anche informazioni borsistiche dagli altri amanti finanzieri. Il conte si sentiva inadatto al matrimonio forse anche per un carattere volubile che stride con il ritratto austero lasciatoci dalla storia ufficiale. Quando sembra convincersi, approccia la marchesa Costanza Vittoria Scati di Casaleggio che però cortesemente rifiuta. L'ultima donna di Cavour fino alla morte, fu una ballerina del teatro Regio di Torino: Bianca Ronzani. Ma forse intacchiamo la privacy di un presidente del Consiglio dei ministri, e di questi tempi sarà politicamente corretto?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA