Cgil: il Patto non basta per lo sviluppo

Di Cesare: imprese in crisi, rischiamo di avere fondi senza più aziende

PESCARA. «Il rischio è di ritrovarci senza più le imprese che dovrebbero utilizzare gli strumenti finanziari che stiamo cercando con il Patto per l'Abruzzo». Gianni Di Cesare, segretario regionale della Cgil, sintetizza così il nuovo pericolo per l'Abruzzo, a poco più di un mese dalla ratifica del Patto per lo sviluppo, avvenuta in settembre a Roma al tavolo del governo. Ma questo non è l'unico rischio come spiega in questa intervista.

A che punto è l'attuazione del Patto per lo sviluppo dell'Abruzzo?
«Intanto va sottolineato che i fondi Fas li abbiamo ottenuti: prima Regione in Italia. Nel Patto, però, c'erano anche altre cose che stiamo predisponendo con altri soggetti».

Quali?
«Mi riferisco, per esempio, alla discussione, in corso attualemente in Parlamento, delle due proposte di legge per lo sviluppo nel cratere del terremoto e nelle aree interne: una di iniziativa popolare e l'altra del Pdl. Come sindacato abbiamo chiesto al governo e alla giunta regionale di considerare lo sviluppo come una parte fondamentale e parallela alla ricostruzione. Non possiamo mancare questo appuntamento con il Parlamento che ci può aiutare a utilizzare le risorse già disponibili per l'Abruzzo. Non sappiamo se Chiodi, in queste ore, si stia attivando per trasmettere questa idea del Patto alle commissioni dove è in corso la discussione di quelle proposte di legge. Ma c'è un altro punto che è altrettanto urgente affrontare».

Quale?
«La zona franca per L'Aquila. Certo, è uno strumento complesso, ma noi abbiamo bisogno di tempi certi di attuazione. Invece, i tempi si stanno dilatando. E' necessario un chiarimento urgente con l'Unione europea. Diversamente, le risorse, circa 45 milioni di euro, devono essere utilizzate in altro modo per lo sviluppo».

In che che modo pensate di incalzare la giunta e il governo?
«Bisogna tenere aperta la discussione con il governo e con il Parlamento che sta discutendo quelle proposte di legge; e intervenire sulle commissioni parlamentari per chiedere loro di ragionare sullo sviluppo della nostra regione. Bisogna avere subito un'interlocuzione con i parlamentari abruzzesi e con il presidente della commissione che sta discutendo i testi. Poi c'è la partita con l'Europa? Qui c'è una cosa da bloccare».

Quale?
«Negli ultimi giorni, l'Italia ha aderito alla cosiddetta Lettera degli otto - sottoscritta anche da Austria, Germania, Finlandia, Francia, Olanda, Svezia e Gran Bretagna - che sostanzialmente vuole impegnare l'Ue a ridurre il bilancio europeo dagli attuali 1.025 miliardi a 972 miliardi. Aderendo a questo documento, l'Italia sceglie di penalizzare il Mezzogiorno. Infatti, una parte del Fondo di coesione europea va alle regoni del nostro Sud; e la riduzione di questo fondo penalizzerebbe ulteriormente l'Abruzzo. E' scontatao ormai che senza Fas e fondi europei non avremmo nulla di cui poter nemmeno discutere. Il consiglio regionale, la giunta Chiodi devono fare pressione sul governo italiano per indurlo a recedere da questa scelta. Su questo abbiamo chiesto un incontro urgente al ministro per le politiche regionali, Fitto».

Quali punti del Patto sono oggi più a rischio a causa della mutata situazione economica nazionale e internazinale?
«Il vero problema riguarda le infrastrutture. Dobbiamo diventare protagonisti di un confronto ravvicinato con i soggetti competenti. Per esempio con Ferrovie dello stato e Trenitalia, per i trasporti. Ma anche con Enel e con Poste Italiane. Il 3 agosto scorso, il Cipe ha approvato due progetti infrastrutturali strategici, che possono modificare le nostre aspettative in questo campo. Uno riguarda il primo lotto della costruzione della ferrovia che collega Orte nel Lazio a Falconara nelle Marche e, quindi, alla direttrice adriatica. Io dico: quando si discute con il presidente delle Marche, Spacca, bisognerebbe parlare anche di quante e quali "trasversali" potremmo fare noi. Oppure la relazione fra Marche e Abruzzo si ferma al nuovo ponte sul Tronto?».

L'altra questione qual è?
«E' pronta anche l'ultima variante del progetto del 2003 di direttrice stradale che collega Civitavecchia, Orte, Terni e Rieti. Da Rieti si potrebbe piegare verso l'Abruzzo. Sono scelte strategiche che bisogna affrontare senza perdere tempo: subito, oggi. Lo stesso discerso si potrebbe fare per i porti e l'interporto. E' una discussione che va portataa rapidamente in pubblico e va fatta in sistema con le altre regioni».

Il Patto è ancora uno strumento sufficiente per soddisfare tutte queste esigenze?
«E' obbligatorio seguire la strada del Patto per portare a casa dei risultati. Ma non ci si può fermare alla prima parte. Le cose - lo vediamo - cambiano ogni giorno. Per questo dobbiamo essere capaci di incidere sempre di più sull'azione della Regione. Prendiamo quattro medie aziende oggi in difficoltà: Sixty, Honda, Micron e Golden Lady. Il tempo qui è un fattore decisivo. Chiediamo alla giunta Chiodi di essere convocati per capire che cosa intrende fare su queste situazioni. Insomma, mentre noi cerchiamo strumenti finanziari per lo sviluppo, il rischio è di ritrovarci senza più le imprese che quegli strumenti dovrebbero utilizzare».

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