Cocullo, vita da serpari: i cercatori dietro il rito di San Domenico / Video

Chi sono gli uomini e le donne che catturano i rettili per la processione

di Claudio Lattanzio

COCULLO

Un rito unico, affascinante e antichissimo in cui si fondono timori ancestrali e speranze cristiane. Ma anche la storia di un paese che, attraverso questa celebrazione, è diventato famoso nel mondo. Torna domani con i suoi serpenti e con la sua religiosità la Festa di San Domenico di Cocullo. Una rievocazione in cui sacro e profano si legano in modo mirabile per dar vita a qualcosa di magico e di irripetibile. Una festa prima di tutto religiosa che nasconde nel suo cuore le paure e i timori di una popolazione che, da sempre, ha dovuto fare i conti con la povertà e con le disgrazie.

Ed è proprio a San Domenico, vissuto a cavallo dell'anno Mille, i devoti abruzzesi attribuiscono il potere di guarire dal mal di denti, dal morso dei serpenti, dai lupi, così come quello di proteggere da eventi devastanti come i terremoti. Pericoli contro i quali la popolazione locale ha sempre dovuto confrontarsi e che, poi, attraverso il culto cristiano ha voluto scongiurare, affidandoli alla grazia di San Domenico. E i serpenti che durante la processione avvolgono la statua del Santo stanno lì a significare, esaltandola, la vittoria del bene contro il male. E in questo magico scenario il ruolo più emblematico è quello dei serpari che, da sempre, costituiscono il fulcro della celebrazione del santo Benedettino.

È grazie ai serpari infatti, e alla loro abilità nella cattura dei rettili, che la statua può sfilare per le vie del paese adornata di decine di cervoni, saettoni e biacchi, le tre tipologie di serpenti per le quali gli abitanti di Cocullo hanno l’autorizzazione alla cattura. È infatti grazie a una speciale disposizione legislativa che i residenti della zona possono andare a caccia di serpenti nel periodo antecedente la festa di San Domenico. E precisamente dal 19 marzo, festa di San Giuseppe, alla settimana dopo la festa, per consentire il rilascio in natura dei serpenti catturati. Attualmente sono 38 le persone iscritte nell’albo dei serpari che viene custodito dal Corpo forestale. Anche se quelli che realmente vanno a caccia di capitoni, lattarine e serpi nere, così vengono chiamati in gergo cervoni, saettoni e biacchi, sono meno di una ventina. Storie affascinanti di persone che intrecciano la vita di tutti i giorni con una tradizione che i cocullesi si tramandano da secoli, e che resiste grazie alla loro grande religiosità e al legame che hanno con San Domenico. Tra loro ci sono guardie giurate, portalettere, assessori e fornai che per un mese diventano acerrimi rivali nella cattura dei serpenti. Una sfida all’ultimo serpente alla quale partecipano da sempre anche le donne. Le più conosciute e famose sono Giuseppina, Clelia e Antonietta, tre sorelle che sono tra le più abili catturatrici di rettili. Un’abilità che hanno ereditato da mamma Maria, donna devotissima a San Domenico, ai suoi riti e alle sue tradizioni. «Avevamo poco meno di 10 anni quando mamma, finiti i lavori in campagna, ci portava a caccia di serpi», racconta Clelia che insieme alle sorelle gestisce due panifici ad Anversa e a Sulmona, «ma dovevamo scontrarci con mio padre, originario di Castel di Ieri e quindi non legato alle nostre tradizioni, il quale non voleva che portassimo in casa i serpenti catturati. Così eravamo costrette a nasconderli nella nostra stanza, l’unico posto di casa dove mio padre non entrava mai». Ci sono giorni propizi in cui i serpari riescono a catturare più serpenti: «Dipende molto dalle condizioni climatiche, ma anche da eventi particolari», spiega Armando Proietti, riconosciuto da tutti come il più abile cercatore di serpenti. «E pensare che all’inizio avevo paura. Li temevo. Poi con il tempo ho imparato a conoscerli e ad amarli. Il primo l’ho chiamato Alessia come mia moglie, perché come lei, mi ha fatto penare per catturarlo. Ricordo che il 5 aprile del 2009, giorno prima del terremoto dell’Aquila, tutti i serpenti erano fuori dalle loro tane, quasi avessero il presentimento di quello che poi sarebbe accaduto. Ne catturai una decina». Quest’anno, invece, le serpi finite nel sacco sono meno numerose rispetto agli anni scorsi. «Colpa del cattivo tempo di aprile», evidenzia Antonio Zinnatelli, altro serparo storico di Cocullo, «i capitoni sono rimasti nelle tane per il freddo e stanno uscendo solo in questi ultimi giorni di sole». Ma non tutti i serpari sono originari di Cocullo. E’ il caso di Roberto Ricci, che dopo aver consegnato la posta a Sulmona, va a caccia di serpenti, insieme al figlio Gianluca che ha soli 6 anni. «È stato un mio amico di Casale di Cocullo a trasmettermi questa passione, e da quel momento sono diventato uno di loro». Domenica scorsa ha catturato una lattarina sulle montagne di Castrovalva. «Mercoledì la porterò in processione», dice con grande soddisfazione il piccolo Gianluca, «e fino a quel giorno la terrò in casa con me, affinchè mi protegga dalle cattiverie e dal male».

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