Comuni divisi sui confini del Parco della costa teatina

Vertice al ministero con quattro amministrazioni contrarie, tre favorevoli e una indecisa per la perimetrazione dell’area di tutela

CHIETI. Mai così divisi e indecisi. Si presenteranno così gli otto Comuni della costa dei trabocchi martedì dinanzi ai funzionari del ministero dell'Ambiente per uno degli ultimi incontri sul Parco nazionale della costa teatina prima del commissariamento. L'arrivo del commissario governativo, previsto per il 30 settembre grazie all'accelerata del decreto Milleproroghe, sembra allo stesso tempo una condanna o un'inevitabile ultima spiaggia.

Quattro a tre e un'indeciso. Si traducono in questi pochi numeri le speranze, le attese e il monte di polemiche cresciuti in 10 anni attorno all'istituzione del Parco nazionale della costa teatina. Quattro contrari: San Vito, Rocca San Giovanni, Torino di Sangro e Casalbordino; tre favorevoli: Fossacesia, Vasto e San Salvo e un indeciso: il Comune di Ortona. Un puzzle di idee, di sì, no e non so su un Parco nazionale. E il 30 settembre scade il termine ultimo per presentare la perimetrazione condivisa dai Comuni. Già martedì, però, in quella che vuene definita una riunione interlocutoria col ministero, nessuno sa cosa fare e cosa dire sui confini del Parco.

Occasione mancata? Fallimento della politica? Enrico Di Giuseppantonio (Udc), presidente della Provincia, non la pensa così. A Roma, assieme a 8 dei suoi sindaci, chiederà tempo per cercare di rimettere la palla al centro. «Non è una decisione semplice a cui si arriva a cuor leggero» spiega «forse bisognava essere compatti prima del 2001, quando è stato istituito il Parco per legge governativa. Ora bisogna cercare un'intesa, la stessa che non si è trovata finora perché, a essere divisi, sono i Comuni e perché ogni campanile deve rendere conto al territorio».

Ma il tempo stringe. Poi c'è il problema della politica. Essere pro o contro il Parco è diventata quasi una guerra di religione. Sul fronte del no sono arrivati inaspettatamente due Comuni del centrosinistra (Torino di Sangro e Casalbordino), nonostante la legge sia stata sempre presentata come un baluardo della sinistra. «Siamo stati leali con i cittadini» dice Domenicantonio Pace (Pd), fascia tricolore di Torino di Sangro, «porteremo al ministero la presa d'atto che la popolazione non vuole il Parco». Ma i 738 contrari su 777 votanti non sono tutti i 3mila abitanti del paese, rimarcano i pro Parco. «Abbiamo diramato in ogni modo la notizia della votazione in paese» ribatte Pace «chi non è venuto vuol dire che non era interessato». Per Gabriele Marchese (Pd), ex sindaco di San Salvo, Comune ora commissariato, il Parco è invece un'opportunità: «Lo abbiamo già detto due anni fa, invito i contrari a riflettere e a uscire dalla pigrizia generale. Bisogna saper osare per guardare al futuro». Per Luciano Lapenna (Pd), sindaco di Vasto, la situazione di indecisione che l'Abruzzo mostrerà al ministero martedì è «stata causata da una certa parte del centrodestra che pure non ha saputo o voluto votare una proposta di abrogazione della legge, che risulterebbe molto impopolare».

«Sarebbe il primo caso in Europa di una regione che non vuole un Parco dopo una legge istitutiva» ammette Andrea Natale (Prc-Fds), assessore all'Ambiente di Fossacesia. «Puntiamo all'abrogazione» dichiara Rocco Catenaro (Pdl), sindaco di San Vito, «questo parco è un cappio calato sul territorio. Abbiamo le nostre riserve e rispettiamo già l'ambiente».

«In tempi di proposte di cancellazione di enti» rimarca Gianni Di Rito (Udc), sindaco di Rocca San Giovanni, «aggiungere un altro carrozzone non ha senso. A spaventare non è il Parco, ma l'ente. A Roma dimostreremo che sappiamo dire no a una proposta calata dall'alto».

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