Abruzzo

D’Amico replica a Marsilio: «Quattro Asl sono troppe, e ora basta clientelismo»

21 Ottobre 2025

Regione Abruzzo. Intervista al leader dell’opposizione: «D’Annuntiis spieghi i suoi interessi a Giulianova»

PESCARA. «Abbiamo 4 Asl in competizione tra loro: se continuiamo così, non saremo mai efficienti». Nell’Abruzzo dalle casse pubbliche dissestate dal deficit della sanità, la replica del leader dell’opposizione Luciano D’Amico al presidente Marco Marsilio non può che cominciare da qui. Per il coordinatore del Patto per l’Abruzzo bisogna andare oltre «i numeri che racconta il governo» e guardare a un sistema sanitario regionale che «non esiste», perché «ne esistono 4 provinciali». E qualcosa di simile accade in consiglio regionale, che sembra «una conferenza interprovinciale». La soluzione? Una riforma radicale, che passa in primis per una «politica coraggiosa» che «metta da parte il clientelismo». L’offensiva, però, spazia su tutti grandi temi di attualità. A partire dalla viabilità.

D’Amico, vive a Pescara e ha ricominciato a insegnare all’università di Teramo: come ha trovato la A14?

«Congestionata, come sempre. Superate le 8 di mattina, la A14 diventa un inferno».

Marsilio ha detto che l’assessore D’Annuntiis è in prima linea per affrontare il problema.

«A me non sembra. I cantieri vanno avanti da anni, e ancora non abbiamo certezze. Marsilio sognava la terza corsia, ma oggi ne abbiamo una».

La Regione non ha responsabilità sullo stato di avanzamento dei cantieri.

«Vero, ma visto che la destra ha basato la propria campagna elettorale sul proprio rapporto di amicizia con il governo a Roma, forse sarebbe il caso di bussare alla sua porta».

Per chiedere l’eliminazione del pedaggio?

«È una soluzione possibile, ma la priorità mi sembra fare in modo che i lavori siano notturni».

Eseguire i lavori di notte significa un aumenti dei costi. Ed è Aspi a decidere.

«Ma lo Stato dà le concessioni. Se si opzionasse una sua modifica legandola all’esecuzione notturna dei lavori, faremmo un significativo passo in avanti. D’Annuntiis dovrebbe andare a bussare alla porta di Salvini e, se è vero che il governo nazionale ha così a cuore gli interessi degli abruzzesi, non dovrebbe avere problemi ad aprire un tavolo sul tema. Ma penso che il nostro assessore abbia per la testa altre cose in questo momento».

A che si riferisce?

«Bisognerebbe chiedere a D’Annuntiis se ritiene che ci sia un conflitto d’interesse tra la sua proposta, come assessore delegato, di adeguamento tecnico-funzionale per il porto di Giulianova e il progetto del supermercato nell’area portuale che ha come progettista suo fratello. E poi la vicenda della legge 145 che finanzia i Comuni con meno di 30mila abitanti: direi che anche su questo gli abruzzesi meritano una spiegazione».

Il bando per l’assegnazione dei fondi è stato cancellato e ripubblicato.

«Quell’avviso è stata la risposta del governo alla nostra denuncia della legge-mancia. La versione 2.0. Nella prima mezz’ora dopo la pubblicazione sono arrivate domande soltanto da Comuni di centrodestra, con l’ordine cronologico che era l’unico criterio di assegnazione. Solo una volta alzato il polverone, hanno fatto un passo indietro. D’Annuntiis dovrebbe dirci perché. Il fatto è che in questa regione manca una visione unitaria e strategica. E così la politica continua a rispondere alle esigenze delle singole province e non alle necessità dell’Abruzzo nel suo complesso. Sa qual è la controprova di questa situazione?».

Si spieghi.

«La sanità. Noi non abbiamo un sistema sanitario regionale, ma quattro provinciali in perenne conflitto tra di loro. Sono in competizione per tutto, dalle risorse alle strutture. Se vogliamo che sia efficiente, il sistema sanitario regionale ha bisogno di una riforma organizzativa. Personalmente, penso che avere 4 Asl oggi non abbia più senso».

La frammentazione del sistema è anche dovuta alla conformazione territoriale dell’Abruzzo. È la ragione per la quale la sanità è così costosa.

«La presa in giro dei quattro ospedali con funzione di hub a Chieti, Pescara, L’Aquila e Teramo deve finire. Questa divisione per province non permette di fare una programmazione strategica. Che significa, per esempio, non poter stabilire dove fare l’ospedale di secondo livello».

Non bisogna prima di tutto garantire un servizio uniforme su tutto il territorio?

«Il sistema attuale dà un po’ di tutto a tutti con il risultato che non funziona quasi nulla. Dobbiamo distinguere fra la rete di emergenza-urgenza, che deve essere in grado rispondere alle necessità immediate degli abruzzesi, e gli interventi programmabili, dove conta la specializzazione delle strutture. L’emorragia della mobilità passiva oggi corrisponde all’intero deficit sanitario».

L’opposto di ciò che sostiene Marsilio, secondo cui il numero di prestazioni fornite è raddoppiato negli ultimi anni.

«Forse si riferisce alle visite ambulatoriali, e sarei curioso di vedere questi dati. Ma quelle che contano per valutare il livello di assistenza sanitario sono le prestazioni ospedaliere. Nel 2018 erano 158.631, nel 2023 137.031, con una diminuzione del 13,6%. Solo con una riforma della sanità che renda il sistema davvero regionale possiamo invertire il trend. Poi bisogna a passare a una seconda riforma radicale, che è culturale».

E cioè?

«La prevenzione. Secondo uno studio pubblicato da Lancet un mese fa, in Abruzzo ogni anno si scoprono circa 8mila casi di tumore, con 3.600 morti. Il 45% di questi si potrebbe evitare con una corretta educazione alla prevenzione. In termini concreti, significa che 1.600 morti l’anno potrebbero essere evitate. Pensi al dolore delle famiglie e ai costi di cura per una patologia tumorale portata fino all’esito estremo, la morte».

Si può far ricadere la responsabilità della prevenzione sulle spalle della Regione?

«È una delle tre dimensioni con cui il ministero misura i livelli essenziali di assistenza. L’Abruzzo su questo è gravemente insufficiente, con un punteggio di 54 su 100. E il dato è riferito soprattutto agli esami di screening per i tumori più comuni. Noi dobbiamo ampliare la prevenzione, come sta già facendo l’Emilia Romagna. Andare nelle scuole e spiegare quali sono le conseguenze di uno stile di vita scorretto».

È soprattutto compito delle famiglie educare i propri figli a uno stile di vita sano.

«Certo, ma la sanità è la principale competenza regionale. In Abruzzo vale quasi 3 miliardi l’anno: non si può non immaginare un intervento non onnicomprensivo, che accompagni il cittadino dalla culla».

Nuovi investimenti significano più spese. Marsilio sta lottando per cambiare i criteri di assegnazione delle risorse del fondo sanitario nazionale. È d’accordo?

«Mi auguro ci riesca, ma smettiamola di assecondare i trucchetti del centrodestra, che raccontano i dati in valore assoluto. A livello pro capite, noi riceviamo, sebbene di poco, più soldi che la Lombardia. Il problema, ripeto, è organizzativo».

Che pensa della riforma del sistema elettorale proposta da Marsilio?

«Penso che la sua soluzione sia troppo semplicistica, ma anche che il consiglio regionale oggi sembri una conferenza interprovinciale, dove ogni consigliere rappresenta il suo territorio. Non ce l’ho con nessuno, in consiglio ci sono ottime persone, ma finché il collegio elettorale corrisponde alla provincia questa dinamica rimarrà intatta».

Il collegio unico che vuole Marsilio eliminerebbe questo problema.

«Ma ne creerebbe altri. L’eccessivo costo delle campagne elettorali significherebbe una selezione di fatto tra chi ha le risorse per fare politica e chi no. Potrebbe anche influire in maniera negativa sulla rappresentanza nelle aree interne».

Passiamo al capitolo cultura: Marsilio ha rivendicato la bontà della Notte dei Serpenti. Lei ha cambiato idea o è fermo sulle su e posizioni?

«Penso che dovremmo interrogarci sul significato della parola cultura. Nella definizione della Treccani si parla di consapevolezza di sé e di visione del mondo. Ora, vogliamo dire che cantare “Vola vola” con ritmi più contemporanei ci renda più consapevoli di noi stessi?».

L’evento è stato trasmesso sulla Rai e ha avuto un numero di spettatori maggiore del totale degli abruzzesi.

«Quella andata in onda era una festa, non un evento culturale. Perché se pensiamo che i contadini, dopo una giornata di mietitura finita con la schiena a pezzi, si mettevano a cantare questa canzoncina – tra l’altro, del 1922 – siamo lontani dalla realtà».

Non pensa che possa essere un valore aggiunto un evento trasmesso su scala nazionale che racconta l’Abruzzo?

«La Notte dei Serpenti non racconta l’Abruzzo. Come ho detto, è una festa – e va benissimo – ma allora che sia organizzata dai privati e non dalla Regione».

È quello che sta succedendo: dopo una prima edizione sostenuta dalla Regione, i finanziamenti sono stati ridotti perché sono arrivati quelli dei privati.

«Benissimo che arrivino i privati. Il punto è non far passare per cultura ciò che cultura non è. Quell’Abruzzo di canzoncine in campagna non è mai esistito se non nella fantasia di chi oggi pensa, bucolicamente, che i contadini 100 anni fa cantavano dopo una giornata di lavoro sotto il sole. Basta andare oggi in campagna per capirlo».

Allora come definirebbe la cultura abruzzese?

«È la cultura dell’accoglienza, lo spirito che faceva dire a Flaiano che nelle nostre campagne ogni viandante è un cristiano».

E quali sono le manifestazioni che rappresentano questa parte dell’identità abruzzese?

«Siamo una regione periferica, non siamo mai stati in grado di elaborare dei movimenti culturali innovativi di rilievo e non possiamo inventarli di sana pianta. La nostra cultura è scritta nella generosità, nell’accoglienza e nella laboriosità degli abruzzesi».

E il dialetto semplificato di Melozzi?

«È un’operazione artificiale, senza valore. A cosa serve un abruzzese unificato? Abbiamo già l’italiano. È sterile quest’idea come è culturalmente sterile la Notte dei Serpenti, perché non lascia nulla a chi partecipa».

Se dovesse, oggi, individuare i problemi fondamentali per l’Abruzzo, quali sarebbero?

«In un periodo non felice per la Repubblica, Berlinguer parlava di una questione morale e di un’emergenza democratica. Parlare in questi termini dell’Abruzzo non è inappropriato».

Sono parole forti.

«C’è un flusso ininterrotto di milioni e milioni di euro che foraggia le clientele elettorali senza procedure di trasparenza pubblica. Possiamo dire che le elezioni non siano falsate?».

E la questione morale?

«Davvero vogliamo tornare ad abituare gli abruzzesi ad andare con il cappello in mano a chiedere all’assessore o al consigliere di turno il “finanziamentino” per fare qualcosa? Gli abruzzesi meritano di più di questo governo che si limita a gestire il quotidiano senza obiettivi precisi, solo per rimanere a galla».

Qual è la sua definizione di buona politica?

«La politica nel senso più nobile del termine significa coraggio, capacità di visione e decisione. Se no l’alternativa è “l’uomo qualunque” di Giannini, il buon ragioniere che gestisce la cosa pubblica. Ma quella non è politica ed è il motivo per cui siamo tutti contenti che l’uomo qualunque non ci sia più. Almeno nella sua formula originaria».

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