De Cecco in top 100: è la 27ª azienda in Italia dove si lavora meglio

8 Ottobre 2025

Il pastificio di Fara San Martino eccelle per alcuni parametri. Il segreto nel welfare e nella conduzione rimasta familiare

PESCARA. Retribuzione, benefit aziendali, ma anche equilibrio vita-lavoro e rapporto con i superiori: chi si affaccia al mondo del lavoro oggi guarda a nuovi aspetti di un impiego rispetto al passato. E le imprese? Sono in grado di intercettare queste nuove esigenze? A rispondere è il “Best Employers 2026”, la classifica elaborata da Statista che misura la soddisfazione dei dipendenti nelle principali aziende del Paese.

L’esito dell’indagine si può riassumere così: lavorare e bene, in Italia – Abruzzo compreso – si può. Basta guardare al podio dove, finito il dominio delle big tech, sono tornate tre eccellenze nostrane: Lavazza, Sorgenia e Granarolo. Nelle prime dieci posizioni figurano altre quattro realtà italiane o a guida tricolore: l’Istituto Nazionale dei Tumori, EssilorLuxottica, Bialetti e Fratelli Carli. E in questa classifica c’è anche un po’ d’Abruzzo grazie alla De Cecco, che si posiziona al 27esimo posto a livello nazionale. Un risultato che premia la cultura d’impresa abruzzese, capace di unire radici familiari, attenzione alle persone e sguardo sul presente.

Giunta alla sua sesta edizione, la ricerca ha raccolto oltre 300mila risposte anonime da parte di lavoratori di aziende con più di 250 dipendenti. L’obiettivo: capire dove si lavora meglio, analizzando non solo la retribuzione e i benefit, ma anche carichi di lavoro, equilibrio vita-lavoro, strumenti, rapporti con i superiori e opportunità di carriera. Quest’anno, poi, Statista ha dedicato un focus al lavoro femminile, con domande su pari opportunità e possibilità di negoziare la busta paga. Secondo i ricercatori, l’aggiornamento dei criteri di valutazione «non penalizza, ma arricchisce il punteggio, offrendo una fotografia più completa e realistica delle condizioni lavorative nel Paese».

Ed effettivamente il quadro sembra diverso rispetto agli anni precedenti: colossi come Google, Apple o Cisco, dominatori delle scorse i edizioni, sembrano meno capaci di soddisfare i propri dipendenti, a vantaggio, invece, delle società italiane, che sembrano maggiormente in grado di comprendere le esigenze dei lavoratori del presente. Da segnalare anche che i settori più rappresentati nel ranking delle 450 imprese (con oltre 250 dipendenti) sono quelli delle vendite al dettaglio e ingrosso (vale l’8% del totale) insieme a quelle dell’alimentare e bevande (7, 5%).

C’è una filosofia dietro il sorriso di chi lavora alla De Cecco. Un marchio di fabbrica che si racconta attraverso i numeri. L’azienda è nata quasi 200 anni fa a Fara San Martino, un borgo di 1.250 abitanti della Majella orientale che oggi è una delle capitali mondiali della pasta. Da allora De Cecco ne ha fatta di strada: è una dei maggiori esportatori mondiali di pasta (è anche riuscita a schivare i super dazi del 107% imposti da Trump), e conta oltre 1. 300 dipendenti, ma la produzione è rimasta saldamente ancorata all’Abruzzo. Un legame di continuità che non è solo con il territorio, ma anche con i dipendenti, come conferma il tasso di stabilità occupazionale pari al 98%. Insomma, entrare alla De Cecco significa entrare in famiglia. D’altra parte, è lo stesso modello di governance a essere a conduzione familiare.

Tutto ciò genera un contesto di fiducia tra sottoposti e superiori. Lo racconta un altro dato fornito dall’impresa: nel 2024 il 38% delle nuove posizioni di responsabilità è stato assegnato a personale interno, «a conferma di un modello meritocratico basato sulla crescita e sull’esperienza progressiva». Questi sono gli aspetti di un’azienda che, passo dopo passo, si è fatta strada nel mondo senza perdere la propria identità. Ma le nuove generazioni cercano occupazioni che non cancellino la vita privata ma che, al contrario, possano offrire gli strumenti per bilanciarla al meglio con il lavoro. Non è un caso che De Cecco investa mezzo milione di euro l’anno in programmi di welfare come convenzioni sanitarie, mensa aziendale, contributi scolastici per i figli dei dipendenti, supporto psicologico e flessibilità lavorativa per facilitare la conciliazione vita-lavoro. Ecco lo stile De Cecco: chi entra in azienda trova una seconda famiglia, senza dover rinunciare alla prima.

Com’è oggi il clima aziendale? Secondo Joelle Gallesi, managing director di Hunters Group ci sono tre parole da tenere in mente: «Disingaggio, progetto e formazione». E spiega: «Le aziende per “ingaggiare” soprattutto i giovani devono garantire una evoluzione continua, anche a livelli medio alti, su competenze e abilità analitiche. Non re-skilling ma di un autentico up-skilling che consenta un salto di qualità. Non basta più offrire uffici moderni magari con dotazioni simpatiche tipo calcio balilla. Ci vogliono progetti condivisi, step di crescita». Secondo Gallesi, chi si occupa di risorse umane lavora oggi a stretto contatto con i vertici aziendali: «Perdere talenti mette a rischio il business. È difficile trovare chi resta vent’anni nello stesso ruolo. Dobbiamo fare i conti con una generazione più attenta alla vita privata».

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