Droga, blitz contro il narcotraffico sgominato clan tra Marche e Abruzzo

La Mobile di Ascoli Piceno ha eseguito 29 misure cautelari - 21 custodie in carcere e 8 arresti domiciliari - e sgominato una banda di narcotrafficanti attiva tra Marche e Abruzzo. In un appartamento in affitto un gruppo di dominicani aveva creato una raffineria

E' stata denominata Warhawk (Falco guerriero) l'operazione appena conclusa dalla Squadra Mobile di Ascoli Piceno sotto la direzione della Procura ascolana e coordinata dalla Direzione Centrale Antidroga, dal Servizio Centrale Operativo e dall'Interpol. Stroncato un traffico internazionale di cocaina. Il gip ha emesso 29 misure cautelari - 21 in carcere e 8 provvedimenti di arresti domiciliari - eseguite in otto province italiane fin dalle prime ore di questa mattina, con l'impiego di un centinaio di agenti e di unità cinofile. Latitanti sei persone, ricercate in Italia e all'estero.

Sono stati identificati cinque gruppi di narcotrafficanti, tra loro collegati, prevalentemente residenti nelle province di Ascoli e in quelle limitrofe di Teramo e Macerata, ma con ramificazioni anche nelle province di Trieste, Pavia, Terni, Pescara e Chieti. In particolare, in un anonimo appartamento preso in affitto a Castel di Lama (Ascoli Piceno), un gruppo di dominicani aveva creato una vera e propria raffineria dove si procedeva sia al taglio della droga, che alla trasformazione chimica della cocaina dallo stato liquido a quello solido.

Le indagini hanno preso il via proprio dal monitoraggio dell'appartamento, dove sono state installate cimici e micro telecamere che hanno permesso di registrare ogni frase ed osservare ogni movimento. I narcotrafficanti acquistavano all'estero e trasferivano in Italia, tramite corrieri appositamente reclutati, considerevoli quantitativi di cocaina sia allo stato liquido che solido. Una volta giunta in Italia, la droga veniva venduta al dettaglio, dopo essere stata lavorata e tagliata per moltiplicare le dosi. Parte degli ingenti proventi dell'attività di spaccio venivano poi reinvestiti nell'acquisto di ulteriori partite di stupefacente, in un vortice crescente di affari illeciti.