Droga e ricostruzione attirano le cosche

La Dna: la camorra controlla gli stupefacenti, attenzione agli appalti post-sisma

PESCARA. «Lo spaccio di droga, soprattutto cocaina, prosegue florido specialmente lungo la costa». Lo scrive nella sua relazione annuale la Dna (Direzione nazionale antimafia) riferendosi alla presenza della criminalità organizzata in Abruzzo. «La droga arriva prevalentemente dalla Campania ed i fornitori sono immancabilmente legati alla camorra», dice la relazione diffusa ieri. Inoltre, per la ricostruzione post-sisma del 6 aprile 2009, secondo la Direzione nazionale antimafia, «nel giro degli appalti e subappalti per la ricostruzione la camorra appare più invasiva delle altre associazioni criminali di stampo mafioso».

MERCATO DELLA DROGA.
«Il ruolo degli albanesi e delle famiglie di etnia rom», si legge nella relazione della Dna, «appare essere quello dei cavalli e degli spacciatori al minuto sul territorio, mentre il vero mercato ed i grossi guadagni sono ormai appannaggio dei grossisti della camorra, che da vari anni, e non solo per piazzare la droga, hanno trovato nella vicina regione spazio per i loro loschi traffici».

«Non può dirsi che la camorra abbia soppiantato gli albanesi nel settore», prosegue il documento della Dna, «ma piuttosto che li abbia inglobati, facendone degli alleati con i quali cooperare sul territorio e lasciando loro degli spazi di autonomia limitati. In effetti non si sono registrate introduzioni di grosse partite di droga nei porti abruzzesi e lo stesso procedimento (...) ha permesso di accertare che lo stupefacente veniva trasportato in Italia attraverso il porto di Trieste. Gli albanesi arrivano in Abruzzo per spacciare la droga introdotta in Veneto e in Puglia, e la regione rappresenta uno dei punti finali del mercato e non il punto di partenza», spiega la relazione.

LE TRE ZONE.
La relazione disegna uno scenario della criminalità mafiosa e le aree di influenza: la zona costiera, con le Province di Pescara, Chieti e Teramo, la quale con lo sviluppo dell'edilizia, dell'industria e del commercio si presta ad operazioni di riciclaggio; la Marsica, con le città di Avezzano, Carsoli e Tagliacozzo, caratterizzata da una forte presenza di extracomunitari e quindi zona adatta a reati di immigrazione clandestina e di sfruttamento della manodopera irregolare (specialmente da parte di cittadini cinesi) e l'Alto Sangro e la Valle Peligna con la città di Sulmona, dove si registrano presenze di personaggi legati alla camorra interessati all'acquisto di immobili ed attivit commerciali soprattutto nel settore turistico ed alberghiero.

APPALTI POST-SISMA.
Per la ricostruzione post-sisma del 6 aprile 2009, la relazione della Direzione nazionale antimafia ritiene che nel giro degli appalti e subappalti per la ricostruzione la camorra svolga un ruolo più invasivo delle altre associazioni criminali di stampo mafioso.
«Da una prima ricognizione della situazione, attraverso l'esame della copiosa documentazione fatta pervenire dalla locale Prefettura alla Procura dell'Aquila ed alla Dna e da quanto hanno trasmesso gli uffici di alcune Procure Distrettuali, essa è apparsa subito di estrema gravità per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose nel tessuto della ricostruzione», dice la relazione riferendosi alle prime indagini. Da parte dei magistrati dell'antimafia si sottolinea anche «la difficoltà di lavorare dopo il terremoto, con l'inevitabile lacerazione logistica degli uffici piuttosto che di ordine personale, che hanno causato ritardi e problemi investigativi».

Ecco che la situazione si aggrava con il passaggio dal 2010 alla fase della ricostruzione dopo quella dell'emergenza, perché ora «gli appalti vengono gestiti dal Commissario del Governo, nella persona del Presidente della Regione Abruzzo, o dai privati direttamente, con obbligo di informarne il Comune di residenza per ottenere le sovvenzioni previste dalla legge», scrive il relatore, il magistrato Olga Capasso, della Direzione distrettuale antimafia dell'Aquila.
«A loro volta», prosegue la Capasso, «i Comuni debbono informare la Prefettura perché acquisisca dalle Prefetture competenti la certificazione antimafia, cosa che avviene con notevole ritardo e spesso a lavori già iniziati. Di tutto questo si è parlato nelle diverse riunioni del Comitato di Sicurezza, a cui ha partecipato il Procuratore Nazionale rappresentato a volte da suoi Sostituti».

«Il problema più grave», prosegue la relazione, «è quello di accertare se, con il sistema delle compartecipazioni, delle cariche sociali, dei raggruppamenti provvisori, dei subappalti e dei noli, e quindi in un vero e proprio sistema di scatole cinesi, imprese apparentemente pulite non finiscano per arricchire società e personaggi legati alla mafia che in un modo o nell'altro le controllano».

Dai vari intrecci societari e raggruppamenti costituitisi per aggiudicarsi i lavori in Abruzzo (progetto Case)», scrive ancora la Capasso, «si è potuto constatare che le diverse organizzazioni criminali non sembra si siano spartiti i singoli affari, ma compaiono, attraverso un gioco a incastro, cointeressate allo stesso lavoro».

IL LAVORO DI CONTRASTO.
«Il lavoro di contrasto, però, sta pagando», prosegue la relazione, «gli sforzi comuni hanno tuttavia sortito un qualche effetto, perché alcune imprese sono state dichiarate decadute. E' il caso di un'Ati (associazione temporanea di imprese ndr) per contiguitò a Cosa Nostra. E' stata eliminata anche una società il cui titolare risulta socio insieme a due esponenti del clan dei Casalesi in un'altra società», scrive la Capasso.
«Parimenti è stata revocata la certificazione antimafia dalla Prefettura di Roma a una società i cui amministratori, formalmente e di fatto, sono stati arrestati per associazione mafiosa insieme ad altri componenti del clan Emanuello del Nisseno».

LA FASE PIU' DIFFICILE.
«Oggi che la fase emergenziale è finita», conclude la Capasso «e gli appalti vengono gestiti dalla Regione - che finora ne ha aggiudicato solo uno, quello per la ricostruzione del palazzo di giustizia, i cui lavori non sono ancora iniziati - è auspicabile da parte dello Stato un controllo idoneo ad arginare il flusso di imprese colluse con organizzazioni criminali che si faranno avanti. Anche perché i lavori più lucrosi devono ancora iniziare e L'Aquila non sarà più sotto la luce dei riflettori com'è stato fino a oggi. Per questo ci sarà ancora da lavorare per anni, sempre che la cronica mancanza di denaro pubblico non impedisca la ricostruzione stessa, puntualizza».

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