Festival e giochi, una vita tutta in tv

Bongiorno ucciso da un infarto a 85 anni in un hotel di Montecarlo

 ROMA. Mike Bongiorno, uno dei padri della tv, è morto a Montecarlo colpito da un infarto ieri mattina verso le 11 e 30. La morte è avvenuta all’Hotel Metropole, lussuoso cinque stelle monegasco, dove lo showman era arrivato nei giorni scorsi per una vacanza mordi e fuggi prima di gettarsi nella nuova avventura, il quiz Riskytutto, che avrebbe segnato il suo passaggio alla televisione di Rupert Murdoch. Ed è stata proprio Sky, nel corso di SkyTg24 delle 14, a dare la notizia della morte del popolare showman.

 Secondo una prima ricostruzione Bongiorno si era sentito male già lunedì sera mentre cenava con alcuni amici al Bees Bar. Un lieve malore che però non aveva destato allarme. Ieri mattina mentre preparava le valigie per il rientro in Italia l’attacco che lo ha fatto accasciare al suolo. La moglie ha cercato subito di soccorrerlo, ma ogni tentativo di rianimazione è stato inutile.
 85 anni - era nato a New York il 26 maggio 1924 - Mike Bongiorno lascia la moglie Daniela e i figli Michele, 37 anni, regista di documentari, Nicolò, 33, regista e sceneggiatore, e Leonardo, 20 anni.

 La salma di Bongiorno potrebbe rientrare in Italia già oggi, i familiari ne hanno infatti richiesto il rimpatrio «il più in fretta possibile». Il funerale dovrebbe tenersi a Milano venerdì. Alla notizia della morte di Bongiorno molta gente si è radunata sotto casa del presentatore, in via Giovanni da Procida, zona Sempione, a Milano.
(a.g.)

di Alessandro Cecioni
«Quelli del nostro campo, gli artisti, non si ritirano, ma muoiono sul palcoscenico. Io magari morirò dicendo assaggiate il prosciutto tal di tali». È andata quasi così, Mike Bongiorno se n’è andato alla vigilia di una nuova avventura, mentre si faceva il casting del suo nuovo gioco a quiz, Riskytutto. Se n’è andato a Montecarlo, nella suite di un lussuoso albergo, stroncato da un infarto, afflosciato sul pavimento senza un grido.
 Che vita la sua. Era nato a New York nel 1924, mamma piemontese, babbo italoamericano. Si chiamava Michael Nicholas Salvatore Bongiorno, la mamma lo aveva riportato in Italia ancora piccolo. Aveva studiato a Torino, liceo classico. Quando scoppia la guerra da che parte stare lo capisce subito. Dato che sa l’inglese come l’italiano, i partigiani lo usano per tenere i contatti con gli alleati. La Gestapo lo arresta, finisce davanti al plotone di esecuzione. Lo salvano i documenti americani che ha in tasca. Sette mesi a San Vittore, nella cella accanto alla sua c’è Indro Montanelli. Da San Vittore viene prima mandato a Bolzano, da lì poi viene spedito a Mauthausen. Verrà liberato poco prima della fine della guerra.
 Torna negli Usa, ma all’inizio degli anni Cinquanta è di nuovo in Italia. Sta nascendo la televisione e tocca a lui, nel 1953, presentare la prima trasmissione tv della storia della Rai: Arrivi e partenze. Ha già cambiato nome: Mike Bongiorno, la nuova versione gliel’ha suggerita Vittorio Veltroni, dirigente Rai, il papà di Walter.
 La più lunga carriera in campo televisivo, quella di Mike, certificata anche dal Guinness dei primati. Ma soprattutto esplosa con la tv, insieme all’economia italiana del boom. È il 1955 quando l’Italia si incolla davanti alle tv nei bar. La trasmissione è un quiz televisivo, si chiama “Lascia o raddoppia?” e ricalca una trasmissione americana “La domanda da 64mila dollari”. Successo straordinario. Dice Adriano Celentano parlando del Bongiorno testimonial: «Qualunque prodotto reclamizzasse, lui non lo propagandava, lo interpretava come un’informazione importante da dare ai cittadini». Negli anni condurrà ben undici edizioni del Festival di Sanremo, sempre apprezzato, una sicurezza.
 Con la Grappa Bocchino c’è quasi restato. «Sempre più in alto», era lo slogan. Lo portarono in elicottero in cima al Cervino, lo legarono alla croce e lui girò lo spot. Poi arrivò una bufera. «Mi trovai in mezzo alle nuvole - raccontava - con un vento pazzesco. Pensai di essere finito. Poi in mezzo alla nebbia ho visto un cavo, mi sono agganciato e l’elicottero mi ha portato via come un angelo». Gli anni passano, i quiz si moltiplicano. Arriva Rischiatutto, 1970. È l’apoteosi. Inardi, la signora Longari, Fabbricatore e tanti altri «campioni». Quando sulla scena compare Berlusconi, va con lui per inventare la tv commerciale. Una sfida, e tanti soldi: «Prendevo 900mila lire a puntata, mi offrì 600 milioni l’anno». Altri quiz, “Ruota della fortuna” in testa, telepromozioni, persino la poltrona di vicepresidente Mediaset. Poi la rottura, dicono voluta da Pier Silvio Berlusconi. «Non sapeva cosa avevo fatto per trent’anni con suo padre». Amarezza, ma anche voglia di vivere un’altra avventura a Sky. Ma il tempo, come quello per le risposte, era scaduto.