Giappone, fuga dall’inferno dei primi abruzzesi

Sono salvi i due giovani partiti per un viaggio da Miglianico e uno chef giuliese da anni in Giappone. Lo hanno comunicato attraverso Facebook ed email a parenti e amici
PESCARA. I primi a ripartire sono Fabio Adezio, ingegnere informatico, e Fabio Mancinelli, entrambi di Miglianico e in vacanza a Tokio. Si lasciano alle spalle l’inferno da dove giungono i racconti shock di tutti gli altri abruzzesi, qualcuno dei quali vuole persino restare perché si fida della forza d’animo dei giapponesi. Ma fuggire dalla catastrofe non è facile.
L’ODISSEA DEL RIENTRO. «Abbandonati a noi stessi senza alcun aiuto visto che», ha scritto Fabio su Facebook, «stiamo chiedendo ormai da ore un mezzo per raggiungere l’aeroporto al consolato, all’ambasciata e alla Farnesina. Solo chiacchiere e un po’ di scortesia tanto per farti sentire a casa». L’unico supporto è arrivato proprio dai giapponesi: «Uno di loro ci ha accompagnati per chilometri fino all’hotel e ha voluto a tutti i costi cederci la spesa per sfamarci».
«Mi ha inviato 3 mail questa mattina (ieri)», dice da Miglianico Gianfranco Mancinelli, il fratello di Fabio, «la prima alle 10 e mezza nella quale mi ha detto che gli avevano assicurato un volo Alitalia, ma un’ora dopo mi ha detto che tutto era bloccato per via dell’esplosione della centrale nucleare. Poi una nuova mail nella quale mi ha detto che il volo era pronto alle 4 del mattino per noi, alle 21 di questa sera per il Giappone». Il rientro è una questione di ore.
VOGLIO RESTARE. «Io resto», dice Enrico Pelillo per telefono ai genitori. Da dieci anni il teramano Pelillo lavora a Kobe, a sud di Tokio, che nel ’95 fu colpita da un altro terribile sisma. «Lavorando qui ho imparato che i giapponesi sono un popolo preparato a questo tipo di fatalità», ha aggiunto per consolare i genitori. «Lo andiamo a trovare ogni anno», racconta il papà Roberto, «ora per telefono cerca di minimizzare la catastrofe. Saremo noi, appena sarà possibile, ad andare in Giappone da lui».
E’ VIVO A SENDAI. Sei e-mail nei minuti dopo il sisma. Giovanni Ferrara, 26 anni, ricercatore di Vacri, ha rassicurato così i suoi parenti di essere uscito vivo dall’inferno di Sendai, la città sulla costa devastata dalle acque infuriate del Pacifico. Era all’università Tohoku quando la terra ha tremato. «Sappiamo poco di lui, delle sue condizioni, per questo cresce l’ansia che soltanto le madri possono capire», confida mamma Concetta con voce tremante. Poche e frammentarie le notizie che giungono ai familiari. «La Farnesina prima e l’ambasciata italiana a Tokyo poi ci hanno garantito che Giovanni sarà presto preso in carico dalle autorità, che stanno raccogliendo gli scampati in luoghi sicuri», spiega Giuseppina Ferrara, zia di Giovanni e assessore comunale, «Era a L’Aquila quel 6 aprile», aggiunge, «allora fu facile portarlo via da lì. Nell’ultimo messaggio ci racconta di essere rientrato in casa, ma a Sendai mancano acqua e cibo».
LA FAMIGLIA DI LORETO. Anche la famiglia Perversi, originaria di Loreto Aprutino, sta bene. Vive nel nord ovest del paese nella città di Niigata. E’ numerosa, composta dai genitori e da 10 figli. Da 20 anni vive in Giappone per la loro missione neocatecumenale. «Stiamo tutti bene», hanno fatto sapere i genitori Mario e Rossella agli amici e parenti di Loreto, «La scossa è stata violentissima la nostra casa ha retto».
HA SALVATO GLI ALUNNI. «Ho visto la paura nei volti dei giapponesi», commenta Roberto Busilacchi, aquilano di 23 anni. Nonostante la catastrofe, Roberto è rientrato a casa a Shinjuku (un quartiere di Tokyo). Al momento della scossa era nell’aula dove insegna italiano e ha avuto il compito di portare in salvo i bambini dal settimo piano dell’edificio che ospita la scuola. «Sono stati attimi delicati», riferisce, «a differenza di quello che è successo all’Aquila, dove c’è stata una “botta” secca concentrata in una manciata di secondi, qui il movimento è durato alcuni minuti e non sapevamo cosa fare: per la prima volta ho visto la paura nei volti dei giapponesi». Ma nonostante questo, «gran parte della gente è uscita formando file ordinate. È una cosa incredibile, si pensi che ci sono file composte tipo anche davanti ai distributori di bibite gratuite installati per tamponare l’emergenza». Utilizzando i social network e approfittando della curiosità dei media locali, ha poi rivolto un appello all’Italia affinché sia solidale con il popolo giapponese.
Figlio di una giapponese e dell’imprenditore Paolo, Roberto è nato e cresciuto nel capoluogo abruzzese, frequendando il liceo scientifico prima di trasferirsi, nel 2006, in Giappone, per studiare Relazioni internazionali alla università Waseda. «Sto cercando di farlo tornare», commenta il padre, «ma al momento preferisce restare lì perché nel viavai a seguito della scossa, la sua fidanzata è stata investita e si è ferita lievemente». Il giovane è in contatto anche con altri italiani in Giappone. Tra loro c’è Alessia Di Marco, figlia di un’impiegata nelle poste. «Lei vive in una zona non distante dalla capitale», prosegue Busilacchio, «ed è al sicuro». Tornerà a casa oggi, invece, il giovane ricercatore aquilano, Fabio Pupilli, a Tokyo per un meeting nell’ambito del progetto dei Laboratori del Gran Sasso «Opera».
L’ASFALTO SI APRIVA. «L’asfalto si spaccava e si sollevava, la gente strillava e cercava di scappare: mio figlio mi ha raccontato i terribili attimi del terremoto in Giappone». A parlare e Tiziana Barlafante, madre di Davide Di Sciascio, 29 anni, modello di Giulianova che si trova a Tokyo per lavoro. Al momento della scossa Davide si trovava in un capannone intento a svolgere una session fotografica. E’ rimasto lì tutta la notte con nove giapponesi, in balia delle scosse di assestamento. La famiglia Di Sciascio non vede l’ora di riabbracciarlo. Ma lui ha un contratto con un’agenzia di moda fino a maggio: prima di quella data difficilmente riuscirà a tornare in Italia. «Sono riuscita a vedere mio figlio attraverso Skype. Sta bene», ha raccontato la madre. «Per fortuna appena ha potuto mi ha mandato un messaggio con Facebook e mi sono tranquillizzata un pò».
IL CUOCO ARINO. «Ho fatto a piedi 20 chilometri»: è la cronaca degli attimi successivi alla tragedia fatta dal cuoco giuliese Arino De Berardinis. Ha contattato il fratello Walter, che vive a Giulianova, dal ristorante “Trattoria Arino”, che gestisce ad Hayama (a 150 km. dall’epicentro). Da lì è tornato a piedi a Fujisawa, per raggiungere la moglie e i suoi due bambini. «Ma oggi vado a lavorare nel mio ristorante che per fortuna non ha subito danni», ha scritto Arino al fratello.
IL MANAGER VASTESE. «Sto bene», dice alla moglie attraverso Skype, Donato Di Crecchio, vastese laureato all’Università di Venezia in Scienze orientali e trasferitosi in Giappone da 6 anni. Dipendente della Luxottica dal 2005, nel 2009 Di Crecchio si è sposato a Tokio con rito Shintoista nel tempio di Konda con la dottoressa Satomi Shirasawa. «Ora so che lei si è salvata rifugiandosi in un centro di raccolta. Gli italiani che conosco (colleghi della Luxottica) stanno tutti bene», assicura Di Crecchio. Poi il dramma nel dramma: il suocero, vigile del fuoco, è stato chiamato nelle zone del nord est, flagellate dal sisma. «Ha avuto giusto qualche momento per dirci che partiva. Poi il silenzio».

L’ODISSEA DEL RIENTRO. «Abbandonati a noi stessi senza alcun aiuto visto che», ha scritto Fabio su Facebook, «stiamo chiedendo ormai da ore un mezzo per raggiungere l’aeroporto al consolato, all’ambasciata e alla Farnesina. Solo chiacchiere e un po’ di scortesia tanto per farti sentire a casa». L’unico supporto è arrivato proprio dai giapponesi: «Uno di loro ci ha accompagnati per chilometri fino all’hotel e ha voluto a tutti i costi cederci la spesa per sfamarci».
«Mi ha inviato 3 mail questa mattina (ieri)», dice da Miglianico Gianfranco Mancinelli, il fratello di Fabio, «la prima alle 10 e mezza nella quale mi ha detto che gli avevano assicurato un volo Alitalia, ma un’ora dopo mi ha detto che tutto era bloccato per via dell’esplosione della centrale nucleare. Poi una nuova mail nella quale mi ha detto che il volo era pronto alle 4 del mattino per noi, alle 21 di questa sera per il Giappone». Il rientro è una questione di ore.
VOGLIO RESTARE. «Io resto», dice Enrico Pelillo per telefono ai genitori. Da dieci anni il teramano Pelillo lavora a Kobe, a sud di Tokio, che nel ’95 fu colpita da un altro terribile sisma. «Lavorando qui ho imparato che i giapponesi sono un popolo preparato a questo tipo di fatalità», ha aggiunto per consolare i genitori. «Lo andiamo a trovare ogni anno», racconta il papà Roberto, «ora per telefono cerca di minimizzare la catastrofe. Saremo noi, appena sarà possibile, ad andare in Giappone da lui».
E’ VIVO A SENDAI. Sei e-mail nei minuti dopo il sisma. Giovanni Ferrara, 26 anni, ricercatore di Vacri, ha rassicurato così i suoi parenti di essere uscito vivo dall’inferno di Sendai, la città sulla costa devastata dalle acque infuriate del Pacifico. Era all’università Tohoku quando la terra ha tremato. «Sappiamo poco di lui, delle sue condizioni, per questo cresce l’ansia che soltanto le madri possono capire», confida mamma Concetta con voce tremante. Poche e frammentarie le notizie che giungono ai familiari. «La Farnesina prima e l’ambasciata italiana a Tokyo poi ci hanno garantito che Giovanni sarà presto preso in carico dalle autorità, che stanno raccogliendo gli scampati in luoghi sicuri», spiega Giuseppina Ferrara, zia di Giovanni e assessore comunale, «Era a L’Aquila quel 6 aprile», aggiunge, «allora fu facile portarlo via da lì. Nell’ultimo messaggio ci racconta di essere rientrato in casa, ma a Sendai mancano acqua e cibo».
LA FAMIGLIA DI LORETO. Anche la famiglia Perversi, originaria di Loreto Aprutino, sta bene. Vive nel nord ovest del paese nella città di Niigata. E’ numerosa, composta dai genitori e da 10 figli. Da 20 anni vive in Giappone per la loro missione neocatecumenale. «Stiamo tutti bene», hanno fatto sapere i genitori Mario e Rossella agli amici e parenti di Loreto, «La scossa è stata violentissima la nostra casa ha retto».
HA SALVATO GLI ALUNNI. «Ho visto la paura nei volti dei giapponesi», commenta Roberto Busilacchi, aquilano di 23 anni. Nonostante la catastrofe, Roberto è rientrato a casa a Shinjuku (un quartiere di Tokyo). Al momento della scossa era nell’aula dove insegna italiano e ha avuto il compito di portare in salvo i bambini dal settimo piano dell’edificio che ospita la scuola. «Sono stati attimi delicati», riferisce, «a differenza di quello che è successo all’Aquila, dove c’è stata una “botta” secca concentrata in una manciata di secondi, qui il movimento è durato alcuni minuti e non sapevamo cosa fare: per la prima volta ho visto la paura nei volti dei giapponesi». Ma nonostante questo, «gran parte della gente è uscita formando file ordinate. È una cosa incredibile, si pensi che ci sono file composte tipo anche davanti ai distributori di bibite gratuite installati per tamponare l’emergenza». Utilizzando i social network e approfittando della curiosità dei media locali, ha poi rivolto un appello all’Italia affinché sia solidale con il popolo giapponese.
Figlio di una giapponese e dell’imprenditore Paolo, Roberto è nato e cresciuto nel capoluogo abruzzese, frequendando il liceo scientifico prima di trasferirsi, nel 2006, in Giappone, per studiare Relazioni internazionali alla università Waseda. «Sto cercando di farlo tornare», commenta il padre, «ma al momento preferisce restare lì perché nel viavai a seguito della scossa, la sua fidanzata è stata investita e si è ferita lievemente». Il giovane è in contatto anche con altri italiani in Giappone. Tra loro c’è Alessia Di Marco, figlia di un’impiegata nelle poste. «Lei vive in una zona non distante dalla capitale», prosegue Busilacchio, «ed è al sicuro». Tornerà a casa oggi, invece, il giovane ricercatore aquilano, Fabio Pupilli, a Tokyo per un meeting nell’ambito del progetto dei Laboratori del Gran Sasso «Opera».
L’ASFALTO SI APRIVA. «L’asfalto si spaccava e si sollevava, la gente strillava e cercava di scappare: mio figlio mi ha raccontato i terribili attimi del terremoto in Giappone». A parlare e Tiziana Barlafante, madre di Davide Di Sciascio, 29 anni, modello di Giulianova che si trova a Tokyo per lavoro. Al momento della scossa Davide si trovava in un capannone intento a svolgere una session fotografica. E’ rimasto lì tutta la notte con nove giapponesi, in balia delle scosse di assestamento. La famiglia Di Sciascio non vede l’ora di riabbracciarlo. Ma lui ha un contratto con un’agenzia di moda fino a maggio: prima di quella data difficilmente riuscirà a tornare in Italia. «Sono riuscita a vedere mio figlio attraverso Skype. Sta bene», ha raccontato la madre. «Per fortuna appena ha potuto mi ha mandato un messaggio con Facebook e mi sono tranquillizzata un pò».
IL CUOCO ARINO. «Ho fatto a piedi 20 chilometri»: è la cronaca degli attimi successivi alla tragedia fatta dal cuoco giuliese Arino De Berardinis. Ha contattato il fratello Walter, che vive a Giulianova, dal ristorante “Trattoria Arino”, che gestisce ad Hayama (a 150 km. dall’epicentro). Da lì è tornato a piedi a Fujisawa, per raggiungere la moglie e i suoi due bambini. «Ma oggi vado a lavorare nel mio ristorante che per fortuna non ha subito danni», ha scritto Arino al fratello.
IL MANAGER VASTESE. «Sto bene», dice alla moglie attraverso Skype, Donato Di Crecchio, vastese laureato all’Università di Venezia in Scienze orientali e trasferitosi in Giappone da 6 anni. Dipendente della Luxottica dal 2005, nel 2009 Di Crecchio si è sposato a Tokio con rito Shintoista nel tempio di Konda con la dottoressa Satomi Shirasawa. «Ora so che lei si è salvata rifugiandosi in un centro di raccolta. Gli italiani che conosco (colleghi della Luxottica) stanno tutti bene», assicura Di Crecchio. Poi il dramma nel dramma: il suocero, vigile del fuoco, è stato chiamato nelle zone del nord est, flagellate dal sisma. «Ha avuto giusto qualche momento per dirci che partiva. Poi il silenzio».
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