Gli imam abruzzesi: l’Islam è amicizia

Batzami e Bonoura condannano gli attentati di Parigi, «ma prendere in giro la nostra religione non è segno di libertà»

PESCARA. La condanna, da parte dei due imam presenti in Abruzzo, Mustapha Baztami e Mostafa Bonoura, per gli attentati terroristici commessi a Parigi nei giorni scorsi dai due fratelli franco-algerini Chérif e Said Kouachi, in aggiunta a quelli perpetrati dal connazionale Amedy Coulibaly, è netta.

Insomma, la carneficina commessa dai tre jihadisti (secondo loro, in nome di Allah) ai danni dei vignettisti e redattori del settimanale satirico Charlie Hebdo, e di tutti coloro che casualmente sono caduti sotto i colpi dei terroristi, non ha nessuna scusante.

Ma Batzami e Bonoura certamente - al pari di tanti giornalisti e direttori di giornali anglosassoni, come gli inglesi Financial Times e Times, o l’americano New York Times (ma anche l’emittente araba Al Jazeera sulla questione si è spaccata), tanto per citarne alcuni, i quali hanno scelto, diversamente dai giornali latini, di non ripubblicare le vignette di Charlie Hebdot – non hanno condiviso i contenuti della satira francese.

Baztami è chiarissimo: «La violenza non si combatte con la violenza», sottolinea il leader islamico della provincia di Teramo, che guida i fedeli in cinque luoghi di culto, quali Teramo, San Nicolò, Castelnuovo, Villa Canera di Campli e Martinsicuro.

Infatti per Baztami, 50 anni di età, e da 25 in Italia, sposato, e con due figli, nonché primo in Abruzzo ad essere stato autorizzato a guidare la preghiera per i musulmani nel carcere di Castrogno, «le vignette sono state una violenza». Con una risposta radicalmente sbagliata. E l’Imam cita subito la Sura 41, versetto 24, del Corano: «Non sono certo uguali la cattiva azione e quella buona. Respingi quella con qualcosa che sia migliore: colui dal quale ti divideva l'inimicizia, diventerà un amico affettuoso».

In altre parole, spiega Baztami, «il Corano dice che se sei indulgente, sei migliore dell’altro. Cioè, il Corano ci indica di respingere una violenza o un’offesa con qualcosa di migliore nei confronti di colui dal quale ti divide un’inimicizia, in modo tale da diventare, il tuo nemico, un amico».

Parole concilianti, che se fossero state udite dagli assassini di Parigi, non avrebbero causato l’immane strage.

«Noi abbiamo espresso solidarietà al popolo francese», ha fatto sapere l’imam, intorno al quale, nella provincia di Teramo, nelle ricorrenze religiose del Ramadan e del Sacrificio, si raccolgono anche 400 persone circa (nella preghiera del venerdì, invece, i fedeli sono dai 30 ai 40).

«Bisogna risolvere i problemi con saggezza», prosegue Baztami, «poiché la violenza non risolve nulla. E io alla notizia degli attentati ho provato indignazione verso questi presunti islamisti. Ma poi non si deve manipolare, né si deve far pensare ad uno scontro di civiltà», osserva Baztami evidentemente riferendosi al saggio, pubblicato anni fa, di Samuel Phillips Huntington.

«Il diritto alla libertà», poi rimarca la guida delle preghiere dei musulmani teramani, «è sacrosanto in Occidente. E noi di questo siamo orgogliosi. Però è anche vero che non bisogna sfruttare questo diritto contro i musulmani, che sono nel mondo un miliardo e mezzo. I musulmani rispettano», precisa Baztami, «e non ce n’è uno che faccia vignette contro le divinità del cristianesimo».

Chi invece rappresenta la religione islamica nelle province di Chieti e Pescara, le quali hanno luoghi di culto a Orsogna, San Salvo, Fara Filiorum Petri, Piane d’Archi e Pescara, è Bonoura, anch’egli cinquantenne, sposato, e con due figlie, e da 24 anni in Italia.

«Non c’è nessuna giustificazione per gli attentati di Parigi», dice Bonoura. «E ciò che mi ha molto scioccato è stato quel momento in cui il terrorista spara al poliziotto a terra. Non rientra in nessuna religione, in nessun sentimento umano e in nessuna guerra. Sono persone con un profilo disturbato», continua Bonoura, il quale è d’accordo con l’imam teramano anche sulle vignette di Charlie Hebdo.

«Sono un’ingiustizia», le bolla Bonour. «E non è libertà quella che è invece una presa in giro. Ma anche di fronte ad un’ingiustizia», chiude l’iman, «bisogna rispondere con il dialogo».

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