Il ritorno degli eroi «Qui c’è la nostra storia»

21 Maggio 2014

I veterani dell’VIII Armata britannica per la prima volta nei posti dove nel 1943 hanno sconfitto i tedeschi aprendosi la strada verso Montecassino

TORINO DI SANGRO. Da trent’anni vengono in Italia a visitare i luoghi delle battaglie sulla Linea Gustav, ma è la prima volta che arrivano in Abruzzo sul vecchio fronte del Sangro.

Sono i veterani dell’VIII Armata britannica che nel maggio del 1944 sconfissero i tedeschi a Montecassino dopo aver “sfondato” la linea del Sangro e poi quella del Moro alla fine del 1943. Sono i soldati che settant’anni fa liberarono l’Italia. Ieri hanno visitato il cimitero inglese di Torino di Sangro su invito della locale associazione “Winter Line”.

Ha fatto loro da guida un giovane studioso di Chieti, Francesco Di Cintio, storico e ricercatore dell’esercito britannico. Erano in 14, ultranovantenni, circondati da uno stuolo di parenti e amici tutti del Regno Unito (un centinaio in tutto), riuniti nella “The Montecassino society” che tiene vivi i ricordi e i documenti di quel terribile inverno 1943/1944.

Emozionante il loro ingresso nel cimitero britannico: in fila, preceduti da un ex-militare in kilt e con la cornamusa che ha intonato “Scotland the brave” (l’inno dell’esercito britannico), nelle tipiche divise dei veterani, si sono fermati davanti all’enorme Croce del Sacrificio dove hanno recitato alcuni salmi in inglese. Uno di loro ha eseguito il “Silenzio” militare con una vecchia tromba, cui ha fatto seguito la deposizione di corone ai piedi della croce. Si sono poi dispersi nell’ampia spianata verde cimiteriale, con lo sfondo della Maiella ancora innevata, puntellata dalle migliaia di croci bianche dei loro commilitoni caduti sul Sangro.

Meravigliati di trovare un pezzo della “Old Britain” in questo angolo d’Abruzzo, si sono complimentati con il sindaco Silvana Priori, ed hanno gustato il sole che ha inondato il grande pianoro di Sentinelle, la frazione di Torino che ospita il “War Cemetery”.

Una vedova di guerra, Bettie Green, ha parlato di suo marito Ronald, di stanza a Casoli, mentre Jim Knox rivela di aver fatto parte dell’ ”Intelligence” britannica, ed aveva il compito di interrogare i prigionieri tedeschi a Ortona. Ma svolgeva anche un’ altra funzione: verificare l’attendibilità delle informazioni “amiche” dei civili italiani che guidavano gli alleati verso le postazioni tedesche.

Il più anziano dei veterani è Lewis Renshaw, 96 anni. Si aggira tra le tombe un po’ incerto, accudito dai due figli. A Montecassino saltò su una mina tedesca, e perse le gambe. Dell’Abruzzo ricorda la piana del Fucino, dove atterrò nelle vicinanze di Celano a bordo di alianti insieme a centinaia di altri soldati. Da qui fu spedito a Cassino.

Si avvicina un vecchio signore con la barba bianca, il maggiore Dick Hargraves, 94 anni, che in Inghilterra era stato istruttore di Lionel Wigram, organizzatore della Brigata Maiella con Ettore Troilo. «Wigram è stato mio allievo al Bernard Castle Battle School nello Yorkshire», racconta Hargraves, «e lo ricordo tuttora come un uomo veramente intelligente, coraggioso, dotato di un’ottima conoscenza della lingua tedesca. Nella vita privata», continua Mr. Hargraves, «faceva l’avvocato, ed era benestante. Era ebreo, e detestava i tedeschi. Sono arrivato a Casoli il 5 dicembre del 1943 e vi sono rimasto per quattro mesi, ma non sapevo della presenza di Wigram. L’ho appreso dopo la sua morte a Pizzoferrato, che anni fa ho visitato per vedere il posto esatto dove era stato ucciso. L’anno scorso ho conosciuto suo figlio Anthony a Londra. I miei soldati», conclude l’ex-maggiore inglese, «hanno combattuto vicino a Casoli scontrandosi e uccidendo diversi militari tedeschi: a Palombaro, Civitella Messer Raimondo, Gessopalena. In questo cimitero riposano 64 paracadutisti della mia compagnia, ed alcuni amici».

Non sono i soli. In totale si contano 2.619 sepolture, di cui 1.790 del Regno Unito, 357 neozelandesi e 385 indiani. Fra le croci si notano diverse stelle di Davide. I veterani ed i loro famigliari ed amici continueranno a venire in questi posti per non dimenticare. E per non farsi dimenticare.

Gino Melchiorre

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