La mia nuova vita nella terra dei canguri

Vincenzo Raimondi, 29 anni di Giulianova racconta la sua esperienza in Australia «Qui ho scoperto la dignità del lavoro retribuito e una società che ti rispetta»

PERTH. Nacque per caso la decisione di venire in Australia quasi nove mesi fa. So per certo che è stata una scelta di cui non mi pento, anche se questa sorta di avventura è stata tutt'altro che semplice da affrontare.

In Italia, nella mia Giulianova, ho lasciato due lavori part-time, la famiglia e i tanti cari amici con cui trascorrevo e costruivo le mie giornate. Sono partito davvero allo sbaraglio, a 29 anni, e oggi mi rendo davvero conto di quanto, probabilmente, sia stato temerario, forse folle, volando per 10 mila chilometri sulla linea di demarcazione tra il coraggio e l’incoscienza. Dalla mia parte ho avuto la fortuna di tanti anni di esperienza accumulati, fin dall’adolescenza e anche dopo la licenza liceale, come cameriere e barista. Essa mi ha agevolato nel trovare lavoro presso due dei tanti ristoranti italiani che sono qui a Perth, città di un milione e mezzo di abitanti nell’Australia occidentale ma vivibile almeno quanto una nostra cittadina a misura d’uomo, funzionale nei servizi e nei trasporti, dove mi è venuto naturale acquistare subito una bicicletta per gli spostamenti.

Il primo ristorante nel quale ho lavorato è di un abruzzese, quello in cui lavoro adesso è di un siciliano. In lui ho trovato lo spirito di solidarietà che accomuna i nostri emigranti. Che emozione, poi, incontrare a tanti chilometri di distanza un vecchio amico giuliese, trasferitosi qui con l’intera famiglia! Personalmente, ho avuto anche la fortuna di partire insieme ad Andrea, amico fraterno di una vita, che in Italia ha lavorato due anni in una banca di Milano sentendosi un pesce fuor d’acqua.

La spinta a volare in Australia non ce l’ha data soltanto la prospettiva del facile guadagno e dell’autonomia sul piano economico, che pure è prioritaria, quanto, soprattutto, la ricerca del rispetto della dignità, umana e professionale, del benessere e della qualità della vita che il sistema italiano non sa dare, in particolare ai giovani. Naturalmente ogni rosa ha le sue spine. Come in tutte le cose, vi sono gli aspetti positivi e quelli negativi. Sebbene oggi l’Australia rappresenti la nuova meta di chi cerca fortuna all’estero, mi sento sempre in dovere di avvertire che non è la soluzione a tutti i problemi e alla crisi economica europea. Nella maggior parte dei casi, è un tampone. Dall'interno, comprendendo anche la burocrazia e le leggi del nuovo continente, si possono maggiormente capire che le difficoltà sono più grandi e ostiche da superare rispetto a ciò che viene raccontato o letto. Arrivare in Australia significa doversi dimenticare completamente del vecchio stile di vita, dei vecchi orari, delle vecchie abitudini, anche delle vecchie comodità e, stando dall'altra parte del mondo, abituarsi a stare soli e lontani. Chi trova lavoro troverà anche piacevole poter godere di uno stipendio settimanale che, calcolato sulle ore lavorative effettive, non più di 40, varia dai 15 ai 20 dollari l’ora per chi come me ha un visto temporaneo. In una settimana si sfiora uno stipendio mensile medio in Italia. Ma il costo della vita è ovviamente rapportato e, se non si trova lavoro in fretta, si rischia di restare a mani vuote in poco tempo. Io e Andrea abbiamo vissuto per mesi in un ostello, condividendo la stanza con altri ragazzi e ragazze prima di trovare un appartamento, sempre condiviso con altre persone di diversa nazionalità. L'affitto di una stanza varia dai 150 ai 200 dollari a settimana. Ritrovarsi al club o in discoteca, il che avviene in particolare nel week end, ha i suoi costi, e questo ti insegna il valore del denaro sul quale spesso non si riflette da “bamboccioni” o “sfigati”. Impari così a non eccedere nelle spese, a saper distinguere il necessario dal superfluo, a fare la spesa nei supermercati e a prepararti il pranzo o la cena a casa, limitando all’indispensabile le uscite al ristorante o in pizzeria ma alimentandoti ugualmente delle sane amicizie e di quei passatempi che ti fanno stare bene insieme agli altri.

In definitiva, cosa deve aspettarsi un ragazzo venendo qui? Intanto che bisogna iniziare dai lavori più duri (che comunque sono rispettati e ben pagati in confronto al nostro Bel Paese), se non si hanno in tasca qualifiche e licenze specifiche, essere in possesso di ottima conoscenza dell'inglese e di un visto permanente, non facile da ottenere. Inoltre per un "working holiday" non si può stipulare un contratto che superi i sei mesi di durata. Se io ho svolto lavori come cameriere e aiuto in cucina, Andrea ha iniziato come aiuto in cucina per poi trovare un’occupazione come magazziniere in un’azienda. Per migliorare la propria posizione occorre, nella maggioranza dei casi, studiare una professione sul posto e trovare chi ti faccia da “sponsor” per gli anni necessari a ottenere un visto permanente. Studiare, tuttavia, costa molto e per legge non puoi lavorare più di 20 ore a settimana.

L'Australia per me è stata una sfida affascinante, una voglia di scoprire un altro modo di interpretare la vita, molto meno caotica rispetto a quella europea. Sono rimasto colpito dalla spiccata multietnicità presente in ogni città (nel mio caso Perth e dintorni) e soprattutto dal rispetto e dall'ospitalità che la gente nutre verso gli altri, anche se paradossalmente non è facile crearsi o frequentare gruppi di amici che non siano dello stesso paese di provenienza, forse per la lingua, forse anche perché non è nel loro stile. C'è un gran rispetto delle regole e delle leggi, anche se rigide e fiscali, non solo perché vengono fatte rispettare, ma perchè la gente crede in esse e nella voglia di vivere tranquillamente.

A breve dovrò rientrare in Italia, e non so se tornerò ancora in Australia. Sicuramente porterò sempre con me e dentro di me il bagaglio di insegnamenti e di esperienza che essa mi ha dato, compresa una nuova lingua di cui, al giorno d’oggi, non è possibile fare a meno.

©RIPRODUZIONE RISERVATA