la soprintendente

La “Signora dei no” che fa arrabbiare D’Alfonso e Pescara

La dirigente che vincola edifici e ferma i progetti. Una mancanza di dialogo oltre che una questione di principio

PESCARA. Quando è andata via dal Friuli ed è arrivata negli uffici aquilani della Soprintendenza alle Belle arti e al paesaggio (Bap) dell'Abruzzo, il commento più carino che si legge ancora nei "mi piace" della notizia riportata dal sito del quotidiano Il Piccolo di Trieste è: "Non lascerà alcun rimpianto in regione. Peccato solo per gli aquilani: non avevano avuto già abbastanza disgrazie...?". Sono trascorsi quasi otto mesi dalla sua nomina e non sappiamo se Maria Giulia Picchione abbia fatto dei danni in Abruzzo, ma di certo non ha fatto nulla per evitare di vedersi appioppare il soprannome di "Soprintendente di ferro". Anzi, alcuni già la chiamano la "Signora no" ma in realtà, davanti ai dati sui pareri negativi forniti (al di sotto della media nazionale) e confermati anche dal sito del ministero, il secondo appellativo appare esagerato. Perché per ora, la Soprintendente Picchione potrebbe passare anche per la “paladina del paesaggio d'Abruzzo”, l'unico funzionario in grado di fermare un'opera pubblica o privata pur di far prevalere gli interessi comuni paesaggistici che sa offrire la regione. E di certo la fama di dura che l'ha preceduta in Abruzzo non l'aiuta, malgrado un curriculum vitae lungo trenta pagine.

Per lei è stato un ritorno a casa, essendo nata 61 anni fa a Pizzoli, vicino a L'Aquila. Laureata in Architettura a Roma, con tre specializzazioni, la Picchione ha insegnato, fatto parte di commissioni, ricevuto encomi e vinto tre concorsi ministeriali fino a diventare "dirigente architetto". E' stata alla Soprintendenza archeologica di Pompei, alla Soprintendenza generale per la Campania e la Basilicata , poi al ministero per conto del quale ha continuato a lavorare _ nel 1988 ha tra l'altro svolto l'incarico di collaudatore dei lavori di consolidamento e restauro della Basilica di San Bernardino all'Aquila e dal 2001 al 2007 ha curato il decreto di vincolo paesaggistico di Pagliare di Sassa _ fino a quando nel maggio 2012 viene mandata a Trieste. Destinazione da lei non gradita, o come minimo meno gradita di altre, al punto da presentare due ricorsi cominciando subito a far parlare di sè per la particolare rigidità nel lavoro.

Proprio come sta avvenendo qui in Abruzzo dove pure la Soprintendente è di casa. In particolare il volto di questa signora elegante che preferisce scrivere piuttosto che parlare, è cominciato a scorrere sui giornali quando recentemente c'è stato il no al "Ponte del cielo" a Pescara: progetto pensato, proposto e finanziato pronto cassa (un milione di euro) dal governatore ed ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso. Un'opera, si direbbe, quasi celestiale con la sua forma di aureola a far da sfondo alla centralissima Nave di Cascella sulla riviera e che avrebbe dovuto fare da naturale completamento della passeggiata. Ma che lei, la Soprintendente, boccia con poche righe: «E’ chiaramente visibile nella foto simulazione dalla nave verso il bagnasciuga una sostanziale interferenza visiva verso il mare, con la passerella che per tutta la sua notevole estensione orizzontale, intercetta l’orizzonte marino, celandone la veduta (...) Il paesaggio non può accettare ulteriori saturazioni. Il ponte, con la sua forma circolare, più che richiamare la funzione di una tradizionale passerella, quale promenade protesa verso il mare, rimanda piuttosto ad un elemento di chiusura fine a se stesso».

Quasi un'offesa per D'Alfonso che di ponti se ne intende (sua l'idea del Ponte del mare, realizzata quando era sindaco e con fondi di mecenati privati) e che dice di amare la sua città. Nulla di personale, c'è semplicemente stato questa volta qualcuno che ha pensato di tutelarla più di lui.

Il "problema" è che prima del Ponte del cielo ci sono state altri "confronti a distanza" . Il caso ha infatti voluto che la Soprintendenza si mettesse di traverso anche sul progetto di ristrutturazione della Casa del Pellegrino a servizio dei frati del Volto Santo di Manoppello. La Regione aveva assegnato un finanziamento di 900mila euro per elevarne il grado di attrattività turistico-religiosa, ma per poterlo fare l'edificio doveva essere di interesse storico e architettonico. E la Casa del Pellegrino _ struttura realizzata dopo la Seconda guerra mondiale e completata negli anni Sessanta _ per la Soprintendenza non lo è. Né ci sarebbe modo per riconoscerlo tale giacché l'edificio è solamente attiguo alla basilica del Volto Santo (quella sì che ha interesse storico-monumentale) e non fa "corpo unico". Quindi, no.

Tra l'altro Pescara, cioé l'amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Marco Alessandrini, era rimasta già scottata dallo stop al museo Di Persio. E' avvenuto all'inizio di quest'anno, prima quindi che arrivasse la Picchione. Il vincolo opposto al cavèdio del palazzo ex Banca d'Italia _ dove il collezionista Venceslao Di Persio voleva realizzare il museo di opere d'erte da regalare alla città _ a molti parve un gesto inopportuno. Tanto più che arrivò praticamente pochi giorni dopo che Di Persio aveva presentato al Comune il progetto di ristrutturazione del palazzo. Niente da fare: il vincolo è rimasto e addio nel frattempo al museo, dirottato nella città di Ascoli.

Ora su quanto sia importante e necessario avere un interlocutore, Pescara lo ha scoperto anche per il caso dello stadio Adriatico. Questa volta la Picchione c'entra perché proprio l’altro giorno il Comune ha saputo che sull’impianto la Sbap ha messo il vincolo bloccando di fatto i lavori di demolizione. Era dal 17 luglio che i due enti non si sentivano e da allora le due cose devono aver continuato a marciare su binari separati tanto che il 20 novembre la stessa Soprintendente (vedi intervista in basso) aveva detto al Centro che non aveva ricevuto il progetto sul nuovo stadio. Una questione formale oltre che di principio.

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