L’avanzata dei fast food: uno ogni 48mila abitanti e i rider pagati tre euro l’ora

In Abruzzo si susseguono le aperture delle grandi catene mondiali, dietro l’affare del cibo veloce: investimenti nelle città e cambiamenti sociali. Stasera l’inchiesta su Rete 8 nel programma “31 minuti”
PESCARA. “Abruzzo fast food”. È il titolo della seconda puntata di “31 minuti”, il settimanale di approfondimento giornalistico di Rete8 in collaborazione con il Centro che va in onda questa sera alle ore 22.30. Le riprese sono di Giuliano Vernaschi, regia di Danilo Cinquino e Antonio D’Ottavio.
NON SOLO UN PANINO
Dietro un panino del fast food non c’è soltanto una storia alimentare di calorie in eccesso: ci sono gli interessi economici governati dalle multinazionali del cibo in serie; ci sono cambiamenti delle abitudini sociali che investono soprattutto i ragazzini, cioè i primi clienti dei fast food anche due, tre o quattro volte a settimana; e poi ci sono meccanismi che possono sfociare in una nuova forma di schiavitù del lavoro con le persone pagate tre euro all’ora e i diritti negati: parliamo dei rider.
L’AFFARE DEGLI HAMBURGER
Negli ultimi dieci anni le aperture dei fast food internazionali in Abruzzo si susseguono: ce ne sono 15 soltanto tra Pescara, Montesilvano e nell’area metropolitana di Chieti. Nei pressi dell’università d’Annunzio di Pescara, la zona viale Pindaro molto frequentata dai giovani, ci sono sia un Mc Donald’s che un Burger King, due delle catene più rappresentative al mondo che si fanno concorrenza ad appena 150 metri di distanza. Solo nella città di Pescara ci sono tre Mc Donald’s e ormai le grandi catene sono presenti quasi in tutte le città abruzzesi. Facendo un calcolo, in Abruzzo c’è un fast food ogni 48mila abitanti. Se pensiamo solo a Pescara, Montesilvano e all’area metropolitana di Chieti, la densità dei fast food aumenta a livello esponenziale: ce n’è uno ogni 16mila abitanti. Se in Abruzzo, che è una regione piccola con un milione e 200mila abitanti, ci sono almeno 25 fast food, e in questa stima ci limitiamo alle tre catene mondiali più rappresentative del settore, qualcosa vorrà pur dire: la regione della cucina contadina e dei piatti poveri a base di verdure è soltanto un ricordo. Dell’alimentazione che cambia e dei rischi del fast food parla stasera la nutrizionista Anna Wieczorek.
RISCHIO OBESITà
Nello stesso Abruzzo dei fast food, i dati dell’Istat dicono che il 44,4% degli abruzzesi è obeso o in sovrappeso, vuol dire quasi 600mila persone che potrebbero avere patologie legate al grasso in eccesso con conseguenze sul carico del nostro sistema sanitario e anche sulla spesa pubblica; tre abruzzesi su 10 sono in sovrappeso; uno su dieci è proprio obeso. Il 52% degli abruzzesi, invece, è in una situazione di normopeso. Restringendo il campo ai minori, i dati del 2023 ci dicono che il 21,6% dei bambini abruzzesi è in sovrappeso, il 9,7% è obeso, il 4,2% è in condizioni di obesità grave. Quasi 4 bambini su 10 hanno problemi di peso e, quindi, sono esposti a rischi per la salute. La prevalenza di obesità è simile tra i bambini di 8 e 9 anni e tra maschi e femmine. Dall’altra parte, l’1,3% dei bambini abruzzesi è sottopeso. Il 63,3% è normopeso.
LA FAMIGLIA
Sulla corretta alimentazione, si sente anche l’influenza della famiglia: quando almeno uno dei due genitori è in sovrappeso, lo è anche il 21,5% dei bambini mentre il 12% è addirittura obeso; quando almeno un genitore è obeso, il 26,4% dei bambini è in sovrappeso e la percentuale di obesità sale fino al 30,7%.
IL VOTO DEL PARLAMENTO
Che l’obesità sia un’emergenza lo testimonia anche un recente voto del Parlamento: iI Senato ha approvato in via definitiva la legge che riconosce l’obesità come malattia cronica e istituisce un programma nazionale per la prevenzione, la cura e l’inclusione sociale dei pazienti. Previsti fondi crescenti, iniziative nelle scuole, formazione dei professionisti e anche un Osservatorio nazionale per il monitoraggio. Dei rischi per la salute, parla la presidente dell’Ordine dei medici di Pescara Maria Assunta Ceccagnoli.
RIDER SFRUTTATI
Legati ai fast food ci sono i rider: li vedete seduti vicino ai fast food in attesa delle ordinazioni; poi vanno in giro, di giorno e di notte, in mezzo al traffico, sotto il sole e sotto la pioggia, per consegnare il cibo. Sono i rider, spesso costretti a sopportare condizioni di lavoro che non hanno niente a che fare con la dignità. Questo tipo di lavoro è una giungla: ci sono rider che lavorano per tre euro all’ora e, come per i braccianti dell’agricoltura, anche qui c’è il caporalato. Secondo la Filcams Cgil – in puntata, l’intervista a Francesco Carrella –, solo una piattaforma garantisce la tutela dei rider ed è Just Eat. Qui, un rider che lavora 4 ore al giorno per 6 giorni a settimana, quindi un monte di 25 ore, teoricamente, potrebbe guadagnare quasi mille euro tra paga base, rimborso chilometrico e bonus per ogni consegna effettuata. Ma, al di fuori di Just Eat, regna il caos e per capirlo basta guardarsi intorno.