L’intervista a Pietro Senaldi: «Crescita ferma da 25 anni. Meloni cambierà l’Italia dalla prossima legislatura»

22 Ottobre 2025

Il giornalista presenta il suo ultimo libro “Sveglia”: «Il Paese è in stagnazione» «È un testo economico, non politico. Le responsabilità sia a destra che a sinistra»

Senaldi, quali sono le tre grandi bugie che si sta raccontando questo Paese?

«Che i salari sono bassi perché c’è sfruttamento, che le spese per il welfare sono investimenti produttivi e che la manifattura salverà l’Italia nel segno del “piccolo è bello”».

Chi racconta queste bugie?

«La politica. Ed è comprensibile: per governare servono i voti, e dire queste cose ne costerebbe parecchi».

Si chiama “Sveglia! Le bugie che ci impoveriscono, le verità che ci arricchiranno”, l’ultimo libro scritto dal giornalista Pietro Senaldi insieme all’esperto di politica industriale Giorgio Merli. Il condirettore di Libero spiega che il saggio non è «né di sinistra né di destra», perché «entrambi hanno delle responsabilità» nella spirale economica negativa «in cui è caduto il Paese». La prova? «La crescita ferma da 25 anni». Tutto per colpa dei falsi miti di cui è imbevuta l’Italia e che ora devono essere sfatati, perché «il tempo è propizio». Verità scomode ma necessarie. E Senaldi può dirle «perché, fortunatamente, non faccio politica ma il giornalista».

Prima delle verità, parliamo delle bugie. Iniziamo da quella dei salari bassi?

«I salari sono bassi. Questa è una verità. Il problema è che questo Paese mente a se stesso sulle cause».

Ovvero?
«La produttività del lavoro, che è ferma dal 1970. I salari non sono fermi perché gli italiani sono schiavizzati, ma perché sono pagati per ciò che producono».

Il salario minimo non è una possibile risposta?

«In Giappone hanno alzato i salari del 5% ed è finita con l’inflazione che è aumentata della stessa percentuale. Tradotto: il potere d’acquisto è rimasto identico».

La soluzione?

«Investire nei settori ad alto valore aggiunto».

Detta così sembra semplice. Perché non lo facciamo?

«Perché la politica è vittima dei suoi stessi schemi. Fa fatica a dire a un cittadino “abbandona questo settore, perché è senza futuro”. Fa fatica a guardare in faccia la realtà e ad agire di conseguenza, perché costerebbe molti voti»:

Anche il welfare è senza futuro?

«Il welfare è necessario e finanziarlo è giustissimo. Ma dobbiamo anche dirci che non sono investimenti, che è una spesa improduttiva. Prenda la sanità e previdenza, per esempio: lo Stato restituisce ai pensionati ciò che hanno versato e assiste i malati perché hanno pagato le tasse per tutta la vita. Ma se smetti di produrre ricchezza, come fai a sostenere il sistema?».

Così com’è oggi, il sistema è insostenibile?

«L’obiettivo deve essere renderlo sostenibile e, per farlo, bisogna produrre più ricchezza. Guardi l’Irlanda: mette il 3,6% del Pil sulla sanità, che significa €7.000 per ogni irlandese. Noi, che investiamo il 6,5% del Pil, invece, mettiamo “solo” 2.800 euro per ogni italiano. Significa che a livello pro capite il nostro Pil non riesce a reggere il passo».

Manca la terza bugia: quella della manifattura che salverà l’Italia.

«Sa quali sono i tre grandi Paesi in crisi oggi? Italia, Germania e Giappone. Tutti e tre in comune hanno una manifattura ancora al 20%. Il settore non rende più».

Qui in Abruzzo è fondamentale. Basta pensare alla ex Sevel di Atessa.

«Quella è una questione diversa, perché si tratta di evitare una crisi sociale ed è giusto metterci mano. Ma noi dobbiamo pensare a far crescere il Paese dopo 25 anni di stagnazione».

Bisogna dire basta alle piccole medio imprese?

Non proprio. Il fatto è che quando le multinazionali sono scappate dall’Italia ci siamo detti che era una buona notizia, perché “piccolo è bello”. Ma le multinazionali oggi ci servono perché hanno i soldi e fanno business. Da sole, le piccole medio imprese non possono rilanciare un’economia, possono solo aiutarti a tenerla a galla. Ed è quello che è successo».

Le piccole imprese sono l’ossatura della nostra economia. Non possono semplicemente scomparire

«Non è questo che deve succedere. Devono sfruttare la loro agilità e intercettare il nuovo mercato, che è soprattutto legato ai servizi».

Sulle soluzioni torniamo alla fine. Pensa che la politica abbia paura ad ammettere queste verità?

«Ammetterlo fa perdere voti. Torno alla questione salute. Dire “sanità per tutti”, come fa Elly Schlein, è facile, ma significa raccontare, oggi come oggi, sogni irrealizzabili. Prima bisogna procurarsi i soldi, poi decidiamo dove metterli».

Dice che il suo libro non ha colore politico, ma poi tira in ballo Schlein. Ne è convinto?

«Il libro è assolutamente apolitico. Anche perché queste proposte vengono sia da sinistra che da destra. Basta guardare alle ultime elezioni regionali: chiunque fosse all’opposizione denunciava: “La sanità di questa regione fa schifo”. Seguivano grandi promesse. Ma inutili, perché gli italiani sono maturati. La Calabria è l’esempio perfetto».

Si spieghi meglio.

«Il candidato della sinistra in Calabria, Tridico, si è presentato con un programma in stile “Cetto La Qualunque”, promettendo di tutto. Dieci anni fa avrebbe vinto, oggi no. Significa che c'è una nuova consapevolezza da parte degli italiani».

È per questo che la sinistra ha così tante difficoltà a vincere?

«Come le ho detto, è tutta la politica a essersi imbrigliata da sola in questi schemi, in queste bugie che nascondono la verità. L’unico vantaggio che ha la maggioranza attuale è la solidità. Per dimostrarle quanto ne sono convinto, le dico anche che ai suoi tempi Prodi avrebbe potuto fare qualcosa per il Paese».

Questa frase è sorprendente. Deve esserci un “ma”.

«Ma non ha avuto il tempo per farlo, perché gli italiani lo hanno votato due volte e due volte la sua maggioranza lo ha fatto cadere. Ora, con Conte e Renzi che non fanno altro che prendersi e lasciarsi, è evidente che anche se il centrosinistra andasse al potere, durerebbe poco. Gli italiani lo sanno».

Quindi lei non è ideologicamente contrario alla sinistra?

«Io sono contrario a questa sinistra, ma non per pregiudizio. Tutto il contrario: il mio è un post-giudizio, perché li conosco».

Ha mai votato a sinistra nella sua vita?

«Diciamo che ho commesso qualche errore di gioventù. Ma non le dico altro!».

C’è una possibilità che il giovane Senaldi abbia votato comunista?

«(ride, ndr) Non l’ho mai fatto e non lo farei mai. Mai e poi mai. Ho commesso errori di gioventù, ma non così gravi».

Il governo Meloni è stabilmente al governo da 3 anni, ma non sembra aver suonato quella sveglia che lei invoca.

«Un Paese non si cambia dall’oggi al domani. Quando è arrivata al governo, Meloni aveva tre bombe da disinnescare: l’allarme fascismo, l’allarme conti e l’allarme Italia che non conta nulla. Ce l’ha fatta».

Quando suonerà la sveglia?

«Credo che la seconda legislatura sarà quella in cui cambierà il Paese».

Quindi è convinto che la destra vincerà di nuovo?

«Vista la sinistra di oggi, direi proprio di sì».

Se non ha cambiato faccia all’Italia perché, dopo 3 anni, il governo continua a convincere?

«Perché è un governo pragmatico. Tutti pensano che questa destra sia reazionaria, ma non è così. È ovvio che Fratelli d’Italia è nato con una forte carica ideologica, ma non lo è più. Ciò che si respira nel governo oggi è una gran voglia di fare bene. Poi magari faranno malissimo, ma la voglia c’è».

Pensa che questo libro attirerà critiche da destra?

«No, proprio perché la destra è più avanti di questo libro. Vuole davvero cambiare il Paese».

Eppure, l’agenda di Giorgetti sembra, su tanti aspetti, quella di Mario Draghi.

«Penso che tante cose che ha fatto Meloni, Draghi non le avrebbe fatte. Ma questo perché la prospettiva di Draghi era andare al Quirinale».

Si dice che anche Meloni abbia lo stesso progetto.

«Soltanto che Meloni, se ci andrà, sarà grazie a ciò che ha fatto. Se Draghi fosse andato al Quirinale, sarebbe stato in virtù di ciò che non aveva fatto».

Abbiamo sviscerato i problemi: è il momento di raccontare le soluzioni.

«Sono l’altra faccia delle bugie che ci siamo detti per 25 anni. Se vogliamo che i salari aumentino veramente, se vogliamo che il welfare continui a funzionare come deve funzionare, bisogna produrre maggiore ricchezza. Lei mi chiederà come».

Infatti: come?

«Puntando su dei modelli di business ad alto valore aggiunto. Basta dare soldi a pioggia, decidiamo di investire sui business innovativi, che funzionino nel mercato di oggi».

E le piccole medio imprese che ruolo giocano?

«Sono fondamentali nella servitizzazione. Ormai non si compra più solo un prodotto, ma un servizio. Anzi, una gamma di servizi. E le piccole medio imprese possono avere quella attenzione per il cliente impossibile alle multinazionali».

Un’ultima domanda: perché questo è il momento giusto per suonare la sveglia?

«Dopo anni in cui Francia e Germania hanno dettato la rotta, ora sono in difficoltà, mentre noi siamo stabili. È l’occasione per cambiare marcia».