«Ora mandiamo a casa Berlusconi»

Di Pietro: mi alleerei col diavolo, ma al governo mai con Udc e Fini
VASTO. «L'alleanza chiamatela come vi pare, ma sul programma ci deve essere convergenza». Antonio Di Pietro mostra di avere sempre le scarpe grosse del contadino quando si tratta di marciare e faticare (d'altra parte è iscritto o no alla Coldiretti di Campobasso?), ma le idee sono chiare: mandare a casa Berlusconi «alleandosi anche col diavolo per dargli la sfiducia» (e qui i diavoli sono Casini e Fini) e vincere le elezioni con alleati sicuri «senza correre dietro ai sogni che si trasformeranno in incubi» (gli incubi sono sempre Casini e Fini). Di quest'alleanza Di Pietro vuole però essere «cofondatore», precisa «e non ospite».
Di Pietro delinea così nel discorso conclusivo della Festa dell'Italia dei Valori a Palazzo d'Avalos di Vasto la strategia del partito per la fine legislatura. E' la tattica degli «Orazi e Curiazi», ha spiegato, quella cioè di «affrontare e risolvere i problemi uno per volta, altrimenti se togliamo i macigni tutti insieme ci crolla la casa in testa».
Il primo macigno da togliere è il governo Berlusconi e Di Pietro ripropone la mozione di sfiducia all'esecutivo che ha bisogno della firma di 63 deputati, quindi delle altre forze dell'opposizione. Poi si tratterà di andare al voto. Come? Di Pietro vorrebbe andarci con una nuova legge elettorale. Preferirebbe il sistema maggioritario a doppio turno, ma non ne fa un principio indiscutibile, «noi siamo disponibili anche a votare una legge tipo mattarellum o un proporzionale alla tedesca, perché l'impegno prioritario è togliere di mezzo la porcata di Calderoli». Deve essere comunque una legge che non permetta «coalizioni disomogenee o decise dopo il voto», una legge da approvare in un tempo breve dopo la caduta di Berlusconi «con un patto d'onore» tra le forze politiche «garantito dalla presidenza della Repubblica».
Sulle alleanze l'Idv ha già scelto. Sono i partiti che hanno animato il dibattito prima dell'intervento di Di Pietro: Pd, Federazione di Sinistra, Verdi, Sinistra ecologia e Libertà. Di Pietro però non chiude le porte ad altre forze se c'è accordo sul programma «purché resti un'alleanza di centrosinistra», e forse pensa all'Api di Rutelli.
La preoccupazione dell'Idv è naturalmente per le liti interne al Pd, dato che è il Pd, partito di maggioranza relativa all'interno dell'opposizione «che deve farsi carico di promuovere l'alleanza, anche se esiste il diritto-dovere di supplenza in assenza». Di Pietro non vorrerebbe entrare nelle difficoltà interne del partito di Bersani e Veltroni (ma Rosy Bindi, presidente dell'assemblea Pd, presente a Vasto, ha assicurato che «il litigio finirà presto, perché chi l'ha iniziato si è reso conto che ha sbagliato perché nel partito non ha trovato chi gli ha detto bravo»). Comunque, dice Di Pietro, «dobbiamo sapere a chi telefonare», anche se è meravigliato della discussione tra i democratici, visto che «un congresso ha già riconosciuto Bersani leader». La prima cosa che Di Pietro chiede al Pd è di chiarire la questione delle primarie: si fanno o no? E come? Il leader dell'Idv è scettico, perché «se si va al voto anticipato, in 45 giorni non si riescono a fare».
L'Idv non ha comunque problemi ad appoggiare qualunque nome, da Vendola a Bersani a Chiamparino. Ma se non dovesse esserci un accordo programmatico complessivo, l'Idv non avrebbe alcun problema a proporre un proprio candidato «perché ne abbiamo dentro e fuori del partito», dice il leader Idv.
Sul programma Di Pietro mette al primo posto il provvedimento anticorruzione con la modifica della legge sul falso in bilancio, poi la restituzione degli 8 miliardi di tagli alla scuola, l'abbattimento delle spese militari «e il ritiro delle truppe dall'Afghanistan entro i primi 100 giorni di governo». Una strizzata d'occhio al «fronte dell'intransigenza» che fa capo ai grillini e al popolo viola.
Di Pietro delinea così nel discorso conclusivo della Festa dell'Italia dei Valori a Palazzo d'Avalos di Vasto la strategia del partito per la fine legislatura. E' la tattica degli «Orazi e Curiazi», ha spiegato, quella cioè di «affrontare e risolvere i problemi uno per volta, altrimenti se togliamo i macigni tutti insieme ci crolla la casa in testa».
Il primo macigno da togliere è il governo Berlusconi e Di Pietro ripropone la mozione di sfiducia all'esecutivo che ha bisogno della firma di 63 deputati, quindi delle altre forze dell'opposizione. Poi si tratterà di andare al voto. Come? Di Pietro vorrebbe andarci con una nuova legge elettorale. Preferirebbe il sistema maggioritario a doppio turno, ma non ne fa un principio indiscutibile, «noi siamo disponibili anche a votare una legge tipo mattarellum o un proporzionale alla tedesca, perché l'impegno prioritario è togliere di mezzo la porcata di Calderoli». Deve essere comunque una legge che non permetta «coalizioni disomogenee o decise dopo il voto», una legge da approvare in un tempo breve dopo la caduta di Berlusconi «con un patto d'onore» tra le forze politiche «garantito dalla presidenza della Repubblica».
Sulle alleanze l'Idv ha già scelto. Sono i partiti che hanno animato il dibattito prima dell'intervento di Di Pietro: Pd, Federazione di Sinistra, Verdi, Sinistra ecologia e Libertà. Di Pietro però non chiude le porte ad altre forze se c'è accordo sul programma «purché resti un'alleanza di centrosinistra», e forse pensa all'Api di Rutelli.
La preoccupazione dell'Idv è naturalmente per le liti interne al Pd, dato che è il Pd, partito di maggioranza relativa all'interno dell'opposizione «che deve farsi carico di promuovere l'alleanza, anche se esiste il diritto-dovere di supplenza in assenza». Di Pietro non vorrerebbe entrare nelle difficoltà interne del partito di Bersani e Veltroni (ma Rosy Bindi, presidente dell'assemblea Pd, presente a Vasto, ha assicurato che «il litigio finirà presto, perché chi l'ha iniziato si è reso conto che ha sbagliato perché nel partito non ha trovato chi gli ha detto bravo»). Comunque, dice Di Pietro, «dobbiamo sapere a chi telefonare», anche se è meravigliato della discussione tra i democratici, visto che «un congresso ha già riconosciuto Bersani leader». La prima cosa che Di Pietro chiede al Pd è di chiarire la questione delle primarie: si fanno o no? E come? Il leader dell'Idv è scettico, perché «se si va al voto anticipato, in 45 giorni non si riescono a fare».
L'Idv non ha comunque problemi ad appoggiare qualunque nome, da Vendola a Bersani a Chiamparino. Ma se non dovesse esserci un accordo programmatico complessivo, l'Idv non avrebbe alcun problema a proporre un proprio candidato «perché ne abbiamo dentro e fuori del partito», dice il leader Idv.
Sul programma Di Pietro mette al primo posto il provvedimento anticorruzione con la modifica della legge sul falso in bilancio, poi la restituzione degli 8 miliardi di tagli alla scuola, l'abbattimento delle spese militari «e il ritiro delle truppe dall'Afghanistan entro i primi 100 giorni di governo». Una strizzata d'occhio al «fronte dell'intransigenza» che fa capo ai grillini e al popolo viola.
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