Petrolio, arriva lo stop della Regione

1 Dicembre 2009

Vietate in sei aree ricerca ed estrazione. No definitivo anche al Centro oli.

PESCARA. La giunta regionale blocca la ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Abruzzo mettendo così la parola fine sul progetto del Centro oli di Ortona. L’esecutivo ha infatti approvato ieri un disegno di legge che adesso dovrà passare l’esame del Consiglio regionale. Il ddl stabilisce che non si potranno più esercitare attività di prospezione, ricerca, estrazione e prima lavorazione di olio combustibile e prevede che vengano preservate dall’insediamento di attività ad alto potenziale inquinante tutte le aree con particolari peculiarità paesaggistiche (vedi tabella). Per questo la Regione ha classificato sei zone che costituiscono la quasi totalità del territorio, nelle quali saranno vietate estrazione, ricerca e lavorazione degli oli. «Speriamo di ridare certezze e tranquillità» ha spiegato il presidente Gianni Chiodi «alle popolazioni e agli imprenditori che hanno visto come una minaccia l’insediamento di industrie dedite alla lavorazione di olio combustibile».

Anche l’assessore all’Agricoltura Mauro Febbo ha rimarcato che con il ddl approvato ieri «si dà una risposta definitiva e di assoluta chiarezza contro ogni ipotesi di realizzazione del cosiddetto Centro oli di Ortona». Il problema, però, secondo il consigliere regionale dei Verdi Walter Caporale, non sono solo le attività a terra. «La petrolizzazione della regione» spiega Caporale «non si esaurisce qui: bisogna fermare anche le autorizzazioni delle piattaforme in mare, che sono il vero pericolo, anche perché ormai lì si può fare la prima raffinazione che si sarebbe dovuta fare in una struttura come il Centro oli di Ortona».

Le autorizzazioni per le attività in mare non dipendono dalla Regione ma dal ministero dello Sviluppo economico. Al momento il Ministero ha concesso otto «permessi di ricerca in mare» per un totale di 2.456,17 chilometri quadrati, due autorizzazioni di ricerca nel sottosuolo marino che interessano 203,18 chilometri quadrati e cinque concessioni di coltivazione nel sottofondo marino per un totale di 1040,87 chilometri quadrati. E le concessioni continuano ad essere richieste, come denunciava Legambiente qualche giorno fa, alla vigilia del passaggio davanti alla Commissione nazionale di Verifica di impatto ambientale di tre nuove richieste di permessi per la ricerca di idrocarburi. «Nel giro di pochi anni» hanno spiegato i responsabili locali dell’associazione «il numero delle istanze e delle concessioni è fortemente aumentato e i dati ufficiali vedono l’Abruzzo ai primi posti tra le regioni italiane interessate da attività legate allo sfruttamento di idrocarburi».

Oltre a non risolvere il problema delle piattaforme in mare, poi, il ddl approvato ieri corre anche il rischio di essere impugnato dal Governo, come è già successo per la moratoria che sospendeva tutte le attività fino al dicembre di quest’anno. «Il rischio c’è» spiega Caporale «ma esiste anche una strada per mettere al sicuro questa legge ed eliminare la possibilità di un ricorso: basta inserire la norma nel piano energetico regionale su cui la settimana scorsa è ripresa la discussione dopo due anni di stop. Ed è quello che chiederemo oggi in consiglio regionale al Governatore Chiodi».