Procter & Gamble, sconfitta dell'Abruzzo

Confindustria: in questa regione non c'è una classe dirigente che pensi al futuro

PESCARA. «Come possiamo biasimare le scelte organizzative di Procter & Gamble se noi per primi non riusciamo neanche a focalizzarci su interessi nostrani quali l'automotive (vedi Campus) e lo sviluppo turistico (vedi Costa dei Trabocchi)?».

A porre l'interrogativo è il presidente di Confindustria Chieti, Paolo Primavera, intervenendo sulla chiusura del Centro ricerche della Procter & Gamble a Sambuceto di San Giovanni Teatino. Una decisione annunciata, nei giorni scorsi, dalla multinazionale dei pannolini, che comporterà il trasferimento in tre mega-centri all'estero dei 130 ricercatori che attualmente lavorano nel laboratorio.

«Banalmente per i singoli lavoratori il trasferimento delle attività del Centro ricerche P&G e dei suoi addetti potrebbe rappresentare un'incredibile opportunità di crescita professionale e, indirettamente, anche per le loro famiglie se dovessero scegliere di seguire le opportunità di lavoro offerte», spiega Primavera. «Ciò nonostante il Sistema Confindustria condivide le preoccupazioni per il nostro territorio che subirà una perdita di competenze e progettualità di notevole portata. Ma come sempre, messo da parte il cuore, bisogna analizzare razionalmente il "perché" vengono prese queste decisioni, considerate oltretutto le positive valutazioni espresse dalla P&G sulle capacità e le competenze espresse dal sito abruzzese».

Il mondo della ricerca, afferma ancora il presidente di Confindustria Chieti, «oltre a dover avere dimensioni adeguate, come altre attività altamente qualificate, non ha bisogno di sole risorse umane specializzate ma anche di un "sistema complesso" che renda attrattivo un territorio. Non mi riferisco ai soli vantaggi espressi da singoli sistemi economici europei come Finlandia e Germania che destinano ampie risorse economiche alla ricerca, ma soprattutto alle condizioni strutturali e sociali di un territorio».

Il "sistema ricerca", aggiunge Primavera, «ancora più globalizzato di quello della produzione, ha bisogno per essere attrattivo in termini di infrastrutture adeguate che consentano collegamenti a livello internazionale (es: aeroporti), disponibilità di scuole internazionali e di università adeguate alle esigenze espresse, opportunità di lavoro per i familiari e in genere di servizi di alto, altissimo valore. In quest'ottica è già difficile proporre Roma e Milano: cosa pensiamo noi di poter offrire come Abruzzo? Certo abbiamo un buon clima, una buona cucina, una montagna e un mare decenti e poi?».

«La nostra Regione», prosegue Primavera, «è palesemente espressione di un sistema in involuzione: il sistema scolastico improntato unicamente al modello italiano non offre alternative; il sistema universitario è frammentato su poli e sotto poli, spesso in competizione locale e senza prospettive di sinergie; le scelte politiche sono generiche e poco attente allo sviluppo, la logistica arretrata, la sanità inefficiente ecc. In Abruzzo non c'è una classe dirigente che pensa a come saremo (o meglio a come dovremmo essere) fra 10 anni. Si vive (male) nel quotidiano che senza adeguata programmaticità sarà il futuro stesso dei nostri figli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA