Quel giorno sul set delle lacrime

Cronista racconta l’incontro alla Casa dello studente finito nelle telefonate-choc

L’AQUILA. «La mia presenza qui? Una scelta dettata dal cuore». Furono queste le prime parole che Giovanna Maria Rita Iurato pronunciò all’Aquila, davanti alle macerie della casa dello studente. Era il 26 maggio del 2010, ed era il giorno dell’insediamento in città della Iurato, chiamata a prendere il posto del prefetto Franco Gabrielli. Quella visita, in uno dei luoghi simbolo della tragedia che appena un anno prima aveva colpito L’Aquila, era stata annunciata dalla stessa Prefettura. Il modo migliore, si disse allora, per testimoniare vicinanza e affetto alla popolazione, ai familiari delle 309 vittime del terremoto, ai tanti feriti e alle migliaia di persone rimaste senza casa.

Ad attenderla in via XX Settembre, davanti alle transenne tappezzate con le foto degli otto giovani morti nel crollo della Casa dello studente, tanti giornalisti, fotografi e cameramen. Tutti lì, e anch’io tra loro, testimoni (allora) inconsapevoli di un altro “show”. Di un’altra operazione mediatica studiata a tavolino, magari questa volta seguendo il consiglio di un papà “uomo di mondo” e “saggio”. Al suo arrivo, in quel luogo di dolore, tante strette di mano, per prime quelle del sindaco Massimo Cialente e del presidente della Provincia Antonio Del Corvo. Poi l’omaggio agli otto “angeli” con quel cuscino di fiori deposto con cura davanti alla “cancellata” che separa la strada dal cratere e quelle lacrime che allora pensavamo sincere e che invece, oggi lo sappiamo, erano finte. Tutto costruito ad arte. Finte le lacrime e false anche le parole quel giorno pronunciate dalla Iurato. «È stata una scelta dettata dal cuore. Non potevo iniziare questo nuovo percorso della mia vita senza muovere da qui i primi passi. Per me è un grande onore poter lavorare in questa città che avevo già visitato subito dopo il sisma e poi durante il G8. Ora questo incarico che mi riempie di orgoglio. Come funzionario di Stato ho la consapevolezza», aveva aggiunto con gli occhi gonfi di lacrime, «di essere stata chiamata al servizio di un territorio e di una comunità unica per tradizioni, cultura, dignità e laboriosità». Prima di andar via, mi prese da parte per chiedermi notizie del collega Giustino Parisse. Mi disse di esser rimasta profondamente colpita dalla sua storia e di volerlo incontrare. Mi chiese anche notizie di quel palazzo sbriciolato (il civico 79) quasi di fronte alla Casa dello studente. Altre storie dolorose e altre lacrime trattenute a stento. Queste sì vere, non come quelle del prefetto Iurato.

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