Remo Gaspari ricorda Cossiga"Difese Gladio e aveva ragione"

Dalla presidenza Segni alla morte di Moro, una lunga militanza comune. Uno dei grandi vecchi Dc: "Tante battaglie insieme. Era con me nella corrente che fondai con Sarti. Vincemmo un congresso Dc"

PESCARA. «Sono molto addolorato per la sua scomparsa, eravamo grandi amici». Sono queste le prime parole dell'ex ministro Remo Gaspari, 89 anni, alla notizia della morte del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. L'abruzzese e il sardo hanno vissuto insieme l'esperienza democristiana e tante battaglie nel partito e nel governo

Ministro Gaspari quando ha conosciuto Cossiga?
«L'ho conosciuto dal momento in cui sono arrivato in Parlamento. Con lui ho vissuto alcuni dei periodi più importanti della Prima Repubblica».

Quali ad esempio?
«Nel 1967 insieme con Adolfo Sarti demmo vita con Cossiga a nuova corrente che spaccava il centro della Dc (la corrente Ponte che dieci anni dopo confluì nei dorotei, ndr). Affrontammo un congresso in cui avemmo un successo assolutamente insperato. Io mi occupavo di organizzare la corrente mentre Adolfo Sarti era il nostro rappresentante nel corridoio dei passi perduti a Montecitorio. Cossiga lo utilizzavamo soprattutto per la sua capacità di elaborare un pensiero giuridico ed esporlo negli interventi in consiglio nazionale. Aveva grande intelligenza e un modo eccezionale di porre le cose. Tale è rimasto nel tempo: franco e chiaro, senza guardare al proprio tornaconto».

Qualche anno prima nel 1962 con Cossiga sostenne anche l'elezione di Antonio Segni al Quirinale.
«Quella fu una battaglia storica. Ricordo che quando la sera la concludemmo vittoriosamente (ma all'inizio sembrava perduta), Cossiga era talmente stanco che crollò a terra mentre andavamo dalla Camera alla presidenza del Consiglio per comunicare a Segni la vittoria. Ma con Cossiga ho vissuto anche il periodo drammatico del rapimento Moro. Lui era ministro dell'Interno, io vicesegretario politico della Dc. Ricordo che andai sul famoso lago della Duchessa nel quale un comunicato Br diceva che c'era il cadavere di Moro. Con un elicottero della polizia facemmo un giro sul lago, capimmo subito che non avremmo trovato nulla».

Lei fu anche ministro in un governo Cossiga nel 1980, il Cossiga II».
«Fui ministro per i rapporti con il Parlamento».

Ha avuto rapporti anche con il Cossiga picconatore?
«Quando Cossiga iniziò l'opera di picconaggio io ero ministro della Funzione pubblica. Mi ricordo che iniziò a picconare i privilegi della pubblica amministrazione, presidenza della Repubblica compresa, visitando con me a Roma una mostra sulle tecnologie nel pubblico impiego».

Come giudica la passione di Cossiga per i servizi segreti?
«Lui come primo incarico di governo fu sottosegretario alla Difesa. Da lì ero passato anch'io. Ricordo quando venne a sapere dell'esistenza di quella che doveva essere una struttura segreta a difesa dello Stato contro il pericolo comunista».

Parla di Gladio?
«Sì, lui di Gladio era un convinto sostenitore. Ne sosteneva la legalità e si opponeva a tutte le ricostruzioni fantasiose che furono fatte. Secondo me Cossiga aveva ragione».

C'era un vero pericolo comunista?
«Sì e lo posso dire anche come ministro. C'era ed era reale. Avere un retroterra di difesa ulteriore dello Stato, oltre le forme legali, non era un errore. Io un'iniziativa del genere non l'avrei presa, ma chi la prese non fece male».

In queste ore si parla di quattro lettere che Cossiga avrebbe indirizzato alle più alte cariche dello Stato. Secondo lei cosa contengono?
«Contengono sicuramente dei saggi consigli che i destinatari dovrebbero meditare a fondo. Almeno me lo auguro».

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