Tasse e occupazione, le nuove emergenze

Un aiuto potrà arrivare dalla Zona franca, ma è polemica sulle somme impegnate

L’AQUILA. Tasse, zona franca, soldi per la ricostruzione e per la ripresa delle attività produttive oggi in ginocchio. E il quadro che emerge, a un anno dal terremoto, è tutt’altro che roseo.
TASSE. A preoccupare, in questo momento, è soprattutto la questione legata al pagamento, sospeso fino al 30 giugno, di tasse e imposte (Irpef, contributi, Ici, Tarsu ed altro). A partire dal primo luglio si tornerà a pagare e non si tratterà di un normale prelievo fiscale.

Infatti, a meno di correttivi sui quali neppure il premier Silvio Berlusconi si è finora espresso, bisognerà cominciare a restituire anche le somme non versate: al 100% e in 60 rate quelle relative al 2009, mentre quelle del primo semestre del 2010 dovranno essere versate entro l’anno poichè quest’ultima proroga è stata disposta con un’ordinanza.

Un vero salasso, tanto più che nelle Marche e in Umbria la restituzione delle tasse e delle imposte sospese è iniziata dodici anni dopo il terremoto, nella misura del 40% e in 120 comode rate. Una disparità di trattamento «ingiustificata» che rischia - è stato via via ripetuto in questi ultimi mesi - di vanificare gli sforzi fin qui compiuti per riportare la gente all’Aquila.

ZONA FRANCA. E c’è attesa per il completamento dell’iter relativo alla Zona franca urbana. Secondo le notizie fornite dal sindaco Massimo Cialente, il fascicolo dovrebbe approdare al Cipe entro una decina di giorni. Poi si dovrà attendere il via libera dell’Unione Europea che dovrebbe «licenziare» la pratica in tempi rapidissimi.

Previsti 45 milioni di euro per 4 anni. Soldi destinati a favorire l’arrivo di nuove imprese (nella legge si parla di detassazione e decontribuzione) e a sostenere quelle già presenti. Una misura «destinata alla sola città dell’Aquila», ha ribadito ieri il commissario Gianni Chiodi, che ha annunciato anche la predisposizione, a breve, dei decreti attuativi. Si sta inoltre valutando la via migliore per coinvolgere le aree industriali che potrebbero ospitare gli stabilimenti di imprese le cui sedi legali ricadono nella perimetrazione della zona beneficiata.

Ma è polemica sulla cifra impegnata. Nella legge si fa, infatti, riferimento a 45 milioni in quattro anni. Una somma che, anche sulla scorta di quanto sollecitato da una mozione unitaria votata in Parlamento, il Cipe dovrebbe incrementare. Da qui la tesi, sostenuta da molti esponenti del centrodestra, che i milioni disponibili saranno 45 per ognuna delle quattro annualità previste. «Aspettiamo di vedere cosa fa il Cipe» ha dichiarato il parlamentare del Pd, Giovanni Lolli, «poichè 45 milioni in quattro anni, così come prevede la legge, rappresentano una cifra davvero irrisoria rispetto alle necessità di questo territorio».

OCCUPAZIONE. Intanto, sono ancora migliaia (circa 8.000) i lavoratori che continuano ad usufruire della cassa integrazione in deroga disposta per quelle categorie, quali ad esempio commercio e artigianato, per le quali questa misura non era applicabile. Del resto, nella sola zona rossa si contano centinaia di attività commerciale e artigianali che non sono riuscite a ricollocarsi. E finora nulla è arrivato dei fondi previsti per le attività produttive. Una situazione grave, tanto più che presto scadrà anche la proroga concessa per la Cassa in deroga.

RICOSTRUZIONE. Cosa certa, invece, è che per la ricostruzione dell’Aquila occorreranno svariati miliardi di euro, almeno 25. Il Presidente del Consiglio, alcuni giorni fa, in un’intervista rilasciata al «Centro», ha dichiarato che le risorse ci sono, anche se occorreranno degli anni per far tornare L’Aquila al suo antico splendore. Berlusconi ha ricordato che nel decreto per il terremoto sono stati stanziati già 8,6 miliardi di euro.

Ma c’è chi sottolinea che parte di quella somma è stata utilizzata per far fronte all’emergenza. Solo due miliardi sono stati finora indirizzati - attraverso la Cassa depositi e prestiti - alla ristrutturazione delle case danneggiate (oltre 9.000 le sole B e C).

TASSA DI SCOPO. Così si torna a sollecitare una tassa di scopo per poter avere un gettito certo (almeno 1 miliardo e mezzo l’anno) fino al completamento della ricostruzione. «Il tutto» ha detto Lolli «semplicemente copiando quanto fatto in altre realtà».

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