L'imprenditore Fabrizio Lisi, ex generale della guardia di finanza

INCHIESTA A NAPOLI

Arrestato l'ex generale Lisi, tra i protagonisti del post terremoto a L'Aquila

Coinvolto come imprenditore, è accusato di corruzione insieme ad altri due soci, a un ex magistrato di Salerno e a un avvocato. In Abruzzo è stato a Pescara e poi ha comandato la Scuola della Finanza di Coppito

NAPOLI. C'è anche l'ex generale della Finanza e oggi imprenditore Fabrizio Lisi tra i cinque arrestati dai carabinieri del Ros di Napoli nell'ambito delle indagini che avrebbero fatto luce su un patto corruttivo tra un ex magistrato e imprenditori, coordinate dalla Procura di Napoli. L'ipotesi d'accusa dei cinque è, a vario titolo, di corruzione per l'esercizio delle funzioni, corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

Lisi in Abruzzo ha ricoperto incarichi importanti quando era nelle fiamme gialle. Romano di origine, è stato a Pescara nel 1999 e poi ha comandato la Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza di L'Aquila. E' stato tra i protagonisti del post terremoto. Nel capoluogo abruzzese ha guidato anche il Nucleo di polizia tributaria. L'inchiesta, è bene precisare, non lo vede coinvolto per il suo passato e incarichi militari ma nel ruolo di imprenditore che l'ex generale ha abbracciato dopo essersi congedato e aver quindi lasciato la divisa. Di recente è stato in predicato di diventare anche presidente del Novara calcio.

L'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari riguarda Roberto Penna, all'epoca dei fatti sostituto procuratore presso il Tribunale di Salerno, la compagna, l'avvocato del Foro di Salerno Maria Gabriella Gallevi e gli imprenditori, Umberto Inverso e Francesco Vorro questi ultimi ritenuti soci insieme a Lisi del Consorzio ReseArch di 93 imprese operante nei lavori pubblici, con sede prima a Napoli e poi a Salerno.

Secondo la Procura, Penna avrebbe fornito informazioni riservate agli  imprenditori circa le indagini condotte dal suo ufficio, in cambio di incarichi professionali all''avvocatessa alla quale era legato sentimentalmente. I tre soci inoltre, contavano sul magistrato, per evitare provvedimenti prefettizi, avere rapporti con un funzionario prefettizio ed entrare nella white list del Palazzo di Governo salernitano. Il Consorzio Research trasferì la sede a Salerno a causa di alcune interdittive antimafia inflitte dalla Prefettura di Napoli. E per rinfrescarsi l’immagine, aveva poi attribuito un ruolo all'ex generale della Finanza Fabrizio Lisi mettendolo alla guida della vigilanza.

Nell'ordinanza viene ricordato che gli imprenditori indagati Vorro e Lisi, il primo amministratore di fatto della ReseArch, il secondo presidente dell'organo di vigilanza e responsabile tecnico, «...incarnano nel migliore dei modi, il ruolo di corruttori». «Ogni loro azione è tentacolare - continua il giudice - e volta all'illecito condizionamento dell'esercizio delle funzioni pubbliche per favorire il consorzio». «Penetrano nella Dia e nella magistratura salernitana». Lisi, inoltre, è stato coinvolto in una indagine a Napoli sulla "P4", Vorro spicca invece per i suoi precedenti penali: «...il loro profilo - conclude il giudice - è estremamente allarmante».

E tra le aziende-componenti del consorzio Research c'erano anche aziende riconducibili alla criminalità organizzata al centro delle indagini del Ros e della Procura di Napoli. Secondo quanto emerge dall'ordinanza emessa dal gip di Napoli Rosamaria De Lellis e riporta l'agenzia Ansa, nell'estate del 2020 erano diverse le ditte consorziate colpite da interdittiva antimafia della Prefettura di Napoli, una addirittura riconducile alla famiglia Piccolo, coinvolta in plurime indagini in quanto ritenuta contigua alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi.

Il trasferimento della sede del consorzio da Napoli a Salerno e il conferimento di incarichi di vertice all'ex generale Fabrizio Lisi e a un altro generale anch'egli in congedo, secondo i pm, era riconducibile proprio all'intento di dargli una parvenza di liceità. Una delle aziende consorziate, inoltre, era controllata da una società a responsabilità limitata raggiunta nel 2013 da un'interdittiva di contrarre appalti con la pubblica amministrazione che, nel 2011, è risultata affidataria di una perizia a una spa, la Mediterranea, riconducibile a un imprenditore siciliano, Giovanni Savalle, indicato da alcune fonti giudiziarie come vicino al latitante Matteo Messina Denaro.