Fernando Tascini, ex carabiniere, 101 anni

CITTA' DI CASTELLO

L'ultimo carceriere di Mussolini: a Campo Imperatore avevo l'ordine di sparargli in caso di fuga

Il carabiniere Fernando Tascini compie 100 anni e ricorda tutto di quei giorni: "Quando arrivarono i tedeschi ebbi la sensazione che lui si aspettasse di più gli americani"

CITTÀ DI CASTELLO (Perugia). Ha compiuto cento anni ed è considerato l'ultimo "carceriere" di Benito Mussolini a Campo imperatore e Ferdinando Tascini ricorda tutto di quei giorni nei quali ricevette «l'ordine di sparare» se il duce avesse cercato di scappare. Lo descrive «abbattuto, con il viso scuro, taciturno, distrutto, che parlava pochissimo».

Il carabiniere pensa però anche ai giovani di oggi, alle «cose belle e brutte che devono affrontare». Fatelo «serenamente», non vi tirate «indietro di fronte alle difficoltà e non vi scordate di niente» ha affermato. «E soprattutto tenete sempre sotto gli occhi la Costituzione, li c'è tutto» il suo messaggio.

Nato a Todi, Tascini vive ora a San Donnino, nelle campagne umbre di Città di Castello dove il Comune ha reso omaggio ai suoi cento anni donandogli una targa e una copia della Costituzione. «La Carta, dopo i tragici momenti della guerra è stata sempre e sarà per me e per la mia famiglia la bussola della vita che ci guida, di cui andare orgogliosi», ha detto.

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L'ufficio stampa dell'ente ha quindi raccolto il suo ricordo di «una missione speciale e segreta» per la quale si ritrovò a Campo Imperatore sul Gran Sasso, a guardia di Mussolini, appena arrestato proprio dai carabinieri. Arrivò senza sapere in cosa consistesse la missione. «Ma appena fu giorno - ha detto - ci accorgemmo che arrivò una macchina scura da dove uscirono Benito Mussolini e la sua scorta e quindi capimmo cosa eravamo andati a fare».

Quindi l'8 settembre e l'armistizio, l'arrivo dei tedeschi e la liberazione del duce, quatto giorni dopo. «Ricordo bene quel giorno - ha affermato Tascini -, erano le 14,30 e non ero di turno, stavo nella mia camera ed a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi. Mi affacciai e vidi un aliante già atterrato. C'era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra. A quel punto sono stato fermo e aspettavo ordini, se impugnare le armi. Dopo ci dissero di scendere disarmati e arrenderci. Vidi tutti lì. I tedeschi avevano già circondato l'albergo, strinsero il cerchio e provarono a disarmare un ufficiale ma furono fermati dal tenente Faiola».

Momenti dei quali al carabiniere è restato impresso l'atteggiamento di Mussolini. «Quando atterrarono gli alianti - ha raccontato ancora -, si affacciò ma non vedeva chi c'era. Voleva sapere chi fossero se americani o tedeschi. La sensazione era che Mussolini aspettasse più gli americani dei tedeschi. Poi questi salirono in camera sua con il nostro maresciallo, stettero un mezz'ora a parlare. C'erano gli apparecchi che portarono gli alianti che rimasero finché l'impresa non era compiuta. Poi spararono un razzo e se ne andarono. Il secondo razzo servì per far atterrare la cicogna con cui Mussolini partì. Così andarono le cose». Nel 2019 è tornato a Campo Imperatore. «Mi veniva da piangere - ha concluso Tascini -, ero emozionato, non mi sembrava di essere lì, non riconoscevo niente ma era una sensazione straordinaria».

Claudio Sebastiani (Ansa)