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ABRUZZO

La Cassazione irrompe su movida selvaggia: "Violato diritto alla salute, i Comuni paghino"

Sentenza-modello sui rumori. E a Pescara gli esercenti sono sul piede di guerra
contro il piano varato dal consiglio comunale

 

PESCARA. Irrompe anche in Abruzzo la sentenza della Corte di Cassazione contro i rumori notturni in centro. Si tratta della decisione con la quale i supremi giudici hanno riconosciuto che i residenti dei quartieri della movida possono chiedere il risarcimento dei danni alle amministrazioni comunali "che non garantiscano il rispetto delle norme di quiete pubblica e di conseguenza non tutelino la salute dei cittadini".

La sentenza è relativa alla causa avviata nel 2012 da una coppia del centro di Brescia contro il Comune per "immisione da rumore" e che ora, in base a quanto deciso dalla Cassazione, può essere utilizzata da altri cittadini stanchi del chiasso notturno contro le amministrazioni comunali.

In Abruzzo la lotta ai rumori in centro è particolarmente "alta" a Pescara. A tre settimane dall’approvazione in consiglio comunale del Piano di risanamento acustico, ossia le regole per combattere i rumori della movida nella zona di piazza Muzii, si è riaperto lo scontro tra Comune ed esercenti. I titolari dei locali e le associazioni di categoria stanno preparando diverse osservazioni per modificare il provvedimento, giudicato lesivo per la categoria. Si tratta di un primo passo, perché se le osservazioni non dovessero essere efficaci per correggere il documento, o non dovessero essere accolte, gli esercenti presenteranno un ricorso al Tar con la richiesta di annullamento di tutte le regole contenute.

In questo contesto si inserisce la sentenza della Cassazione con il principio secondo cui "la tutela del privato che lamenti una lesione del diritto alla salute (costituzionalmente garantito) è incomprimibile nel suo nucleo essenziale sulla base dell'articolo 32 della Costituzione, ma anche del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà, che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l'affievolimento, cagionata dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabili, provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione è proprietaria)". I Comuni devono tenere in considerazione questa sentenza e garantire ai suoi cittadini il diritto. "La pubblica amministrazione - si legge nel provvedimento - è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, può essere condannata sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un "facere", al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità".