Delitto di Garlasco: ha origini abruzzesi il procuratore che ha riaperto il caso

Fabio Napoleone, il magistrato con radici ortonesi ha riaperto l’inchiesta a distanza di 18 anni. Da Mani pulite allo scandalo Telecom-Sismi: una vita per combattere l’illegalità
Fabio Napoleone, il procuratore capo di Pavia che sta indagando sul giallo di Garlasco, ha il sangue abruzzese. Il magistrato italiano più in vista del momento, che ha deciso di aprire una nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi a distanza di 18 anni dall’assassinio, ha solide radici ortonesi.
Un legame così forte da aver spinto il consiglio comunale di Ortona, nel 2014, ad assegnargli il Premio 28 dicembre, riconoscimento riservato «a concittadini che, in vita, hanno dato lustro alla città e che ne hanno promosso la conoscenza al di fuori dei confini comunali nelle attività istituzionali, professionali, economiche e produttive, artistiche e culturali. Per concittadino si intende anche colui che, pur non nascendo a Ortona, abbia un vincolo con la città attribuibile a un periodo di residenza, di forte legame di parentela o di lavoro».
Fabio Napoleone, nato 67 anni fa a Bari, figlio di due ortonesi, il dottor Gaetano Napoleone e Mirella Luciani, non si è mai distaccato dall’Abruzzo, dove ha trascorso lunghi periodi, soprattutto in gioventù. «Ho radici profonde in questa terra», ha detto Napoleone in occasione della consegna del premio, in un teatro Tosti stracolmo, alla presenza dell’allora sindaco Vincenzo d’Ottavio, «i miei genitori e i miei nonni sono di qui. Ho tanti ricordi della città durante le vacanze estive».
Entrato in magistratura nel 1981, noto per una quasi maniacale attitudine al riserbo e alla prudenza, Napoleone è stato giudice del tribunale di Milano fino al 1987, occupandosi di processi di rilievo nazionale, come quello a carico dello psicanalista Armando Verdiglione, di cui è stato l’estensore della sentenza. Poi, è passato in procura, sempre a Milano. E qui, fino al 2008, ha coordinato indagini storiche. A partire dall’inchiesta Duomo Connection: insieme al pubblico ministero Ilda Boccassini, ha svelato il riciclaggio dei soldi della mafia nel nord Italia con la complicità della politica. Il magistrato con il sangue abruzzese si è occupato anche di terrorismo e della banda Cavallini, gruppo eversivo d’ispirazione neofascista.
Al tempo di Mani Pulite, all’interno del Dipartimento che perseguiva i reati contro la pubblica amministrazione, ha condotto penetranti indagini anche in numerosi comuni lombardi, scoprendo casi di corruzione in materia di interventi urbanistici ed edilizi e per l’assegnazione e la turbativa di appalti, oltre che nel settore demanio e nell’ufficio condoni del Comune di Milano, della Motorizzazione civile e del vice commissario per l’emergenza relativa alla realizzazione di lavori connessi al dissesto idrogeologico. Si tratta di procedimenti che hanno consentito di individuare veri e propri «sistemi corruttivi» e di accertare numerosissime procedure interessate da anomalie e falsificazioni e da accordi illeciti di ingente entità.
Tra le indagini di alto profilo seguite da Napoleone c’è senz’altro lo scandalo Telecom-Sismi, emerso a settembre 2006, in cui è stato uno dei pubblici ministeri che ha portato alla luce una vasta rete di intercettazioni e dossieraggi illegali con protagonisti apparati deviati dei servizi segreti e appartenenti alla polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri e alla guardia di finanza.
Dal 2008 sino al 2014 è stato procuratore di Sondrio. «Mi sono trovato benissimo in Valtellina. Un’esperienza che di certo non dimenticherò, mi ha fatto capire l’importanza delle realtà piccole», dirà a proposito di quei sei anni. Successivamente è stato eletto come togato al Consiglio superiore della magistratura, in rappresentanza della corrente progressista Area, che raggruppa Magistratura democratica e Movimento per la giustizia. Nel 2019 è stato nominato sostituto alla procura generale della Corte d’appello di Milano.
Dal 2021 è alla guida della procura di Pavia che, lo scorso marzo, ha riacceso i riflettori su uno degli omicidi che più di tutti è rimasto impresso nell’opinione pubblica italiana: quello di Chiara Poggi, la ventiseienne uccisa a Garlasco nel 2007. Il fidanzato della giovane, Alberto Stasi, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Ma, a distanza di quasi due decenni, ecco il colpo di scena: l’iscrizione sul registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. «Gli inquirenti non possono collocarsi al di sopra della giurisdizione ignorando quanto accertato in un giusto processo, valorizzando a distanza di quasi vent’anni delle ipotesi stravaganti», ha protestato la famiglia di Chiara Poggi.
Negli ultimi giorni sono scattate perquisizioni a tappeto per ricercare anche l’arma del delitto. E martedì, negli uffici giudiziari di Pavia, Sempio comparirà davanti al procuratore Napoleone per essere interrogato.
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